A settembre 2021 i giudici di secondo grado avevano ribaltato il verdetto che nel 2018 aveva condannato Dell’Utri, Mori, De Donno e Subranni
Palermo – 3.001 pagine, indice compreso, per motivare la sentenza d’appello del processo sulla trattativa Stato-mafia con cui la Corte di assise di appello di Palermo, il 23 settembre dell’anno scorso, ha ribaltato il verdetto di primo grado.
Le motivazioni di questa pronuncia, che ha fatto molto discutere, sono state depositate in cancelleria nel tardo pomeriggio di ieri. Il giudice estensore, Vittorio Anania (a latere nel processo) e il presidente della corte di assise d’appello, Angelo Pellino, hanno chiesto diverse proroghe dei termini e si sono presi più tempo per “motivare” la decisione con cui hanno assolto l’ex senatore Marcello Dell’Utri, l’ex capo del Ros, il generale Mario Mori, il generale Antonio Subranni e l’ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno, “perché il fatto non costituisce reato”.
Con la stessa sentenza, la Corte d’assise d’appello aveva ridotto la pena a 27 anni per il boss corleonese Leoluca Bagarella e confermato quella per il medico e boss, Antonino Cinà.
In primo grado, nel maggio 2018, Bagarella era stato condannato a 28 anni di carcere, Dell’Utri, Mori, Subranni e Cinà a 12 anni, mentre per De Donno la corte aveva deciso per una pena di 8 anni.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta