Nel corso della conferenza stampa Gratteri non è mai entrato nei dettagli degli aspetti politici e questo a causa delle restrizioni della nuova normativa Cartabia che il giudice ha definito “legge bavaglio”
Catanzaro – “Forse è la più estesa indagine su Cosenza e riguarda un’associazione mafiosa, un’associazione finalizzata al traffico di droga e tutti reati fine caratteristici della criminalità organizzata, quindi estorsioni, usura e anche rapporti con la pubblica amministrazione. Sono indagati anche tre professionisti”.
Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, incontrando i giornalisti, ha sintetizzato l’operazione che stamani ha portato all’esecuzione di 200 misure cautelari. Incontro nel corso del quale Gratteri non è mai entrato nei dettagli degli aspetti politici a causa della nuova normativa Cartabia.
“La stampa ha potere – ha detto ai giornalisti – chiedete ai vostri editori di dire ai politici di cambiare la legge, ma finché non cambia non intendo essere nè indagato nè sottoposto a procedimento disciplinare”.
“È stata l’indagine più estesa – ha sottolineato Gratteri – perchè abbiamo interessato Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, dal momento che un’inchiesta del genere non poteva farla una sola forza, visto che ognuno di loro già lavorava sulle famiglie di ‘ndrangheta, sul territorio.
Bisognava mettere a regine tutto quello che c’era negli archivi e nelle banche dati. Ci sono stati due bravi sostituti che hanno coordinato un gruppo lavoro che ha coinvolto centinaia di appartenenti alle forze dell’ordine. Per noi non è stato difficile far lavorare a regime tutti come se fosse un unico Corpo perchè ci sono investigatori di primissimo piano nel distretto mandati dai vertici delle forze dell’ordine che ringrazio sempre.
Quando c’è gente intelligente è possibile farla lavorare in sinergia anche se hanno una divisa diversa. Il difficile è stato fare sintesi e dare conseguenza logica su piano probatorio a tutto quello che si e’ trovato”.
Esiste una confederazione unitaria delle cosche
Il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, ha sottolineato come l’inchiesta abbia evidenziato l’esistenza di una confederazione unitaria delle cosche, oltre alla presenza dei reati predatori quali estorsioni e usura e un forte esercizio abusivo del credito “condotto in maniera sistematica”. “Operazioni come queste – ha sostenuto il direttore centrale anticrimine della Polizia Francesco Messina – possono essere realizzate solo dopo un’accurata e puntuale opera di rafforzamento dei presidi della Polizia sul territorio interessato.
Il Dipartimento della Pubblica sicurezza in particolare, negli ultimi tre anni ha implementato il potenziale delle squadre mobili operanti nel catanzarese, attraverso interventi mirati, offrendo così alla Dda uno strumento operativo duttile e orientato alla realizzazione di un’efficace azione di contrasto alla criminalità organizzata locale. Gli oltre 200 arresti eseguiti oggi nel cosentino in collaborazione con le altre Forze di Polizia, hanno permesso di fare luce su oltre 20 anni di attività illegali perpetrate a Cosenza da diverse organizzazioni criminali.
Impiegati 600 agenti
L’impegno della sola Polizia ha riguardato l’impiego di circa 600 operatori, coordinati dalla Direzione centrale anticrimine, suddivisi tra Servizio centrale operativo, Squadra mobile di Catanzaro, Squadra mobile di Cosenza oltre a numerose altre Squadre mobili nazionali, nonchè Reparti prevenzione crimine di tutta Italia”.
I legami con la ‘ndrangheta hanno fruttato a un imprenditore 37 milioni in 5 anni
Il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante dello Scico della Guardia di finanza, ha evidenziato che il sequestro di beni per 72 milioni “dimostra come la ‘ndrangheta abbia ancora una forza economica”, riferendo che un imprenditore, grazie al legame con la ‘ndrangheta aveva guadagnato 37 milioni in 5 anni.
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