L’indagine dei Carabinieri ha ricostruito l’attività della cosca “Nasone-Gaietti” sui territori di Scilla, Villa San Giovanni e Bagnara Calabra
Reggio Calabria – Questa mattina a Reggio Calabria e nelle provincie di Verona e La Spezia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nei confronti di 22 soggetti ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni in concorso, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, turbata libertà degli incanti, detenzione e porto di armi da fuoco, tentato omicidio, trasferimento fraudolento di valori, tutte fattispecie aggravate dall’agevolazione mafiosa.
La cosca Nasone – Gaietti
Il provvedimento costituisce l’esito di una complessa ed articolata attività investigativa, avviata dal 2021 dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, ed ha permesso di ricostruire la persistente operatività della ‘ndrangheta sui territori di Scilla, Villa San Giovanni e Bagnara Calabra.
In particolare, per quanto concerne il territorio di Scilla, l’indagine ha fotografato l’attuale operatività della cosca “Nasone-Gaietti”, la cui esistenza costituisce un dato ormai assodato, per il coinvolgimento in operazioni com “Cyrano”, “Alba di Scilla”, e da ultimo “Lampetra”.
Rilasciato nel 2018 dirigeva la cosca
Nell’ambito dell’attuale manovra investigativa è emersa la figura centrale di un indagato, Giuseppe Fulco, che rimesso in libertà nel novembre 2018 e sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza, avrebbe assunto il ruolo direttivo in seno al sodalizio di ‘ndrangheta “Nasone-Gaietti”, attivo sul territorio di Scilla, con il riconoscimento anche della cosca Alvaro di Sinopoli, dando così vita ad una “nuova linea” di ‘ndrangheta ovvero a un nuovo assetto criminale nel territorio scillese.
Fulco è una delle 22 persone arrestate nell’ambito dell’operazione condotta dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, e dai sostituti procuratori Walter Ignazitto, Nicola De Caria e Diego Capece Minutolo.
Le investigazioni hanno consentito di acquisire gravi elementi indiziari su estorsioni a danno di imprenditori edili, ma anche di ristoratori a cui era imposto l’acquisto di prodotti ittici ed altri prodotti alimentari da parte di esponenti della ‘ndrangheta.
Indagati sindaco e un consigliere
Ma non è tutto. Secondo quanto è emerso dalle indagini dei carabinieri, il consigliere comunale di Scilla, Girolamo Paladino, in occasione delle amministrative del 2020, sarebbe stato sostenuto dal boss Giuseppe Fulco, nipote del defunto Giuseppe Nasone, indicato come il capo storico dell’omonimo gruppo criminale.
Ad essere indagato anche il sindaco di Scilla Pasqualino Ciccone, per lui viene ipotizzato il reato di scambio elettorale politico-mafioso.
Ciccone, eletto nel 2020 con la lista civica “Scilla riparte”, era sindaco anche quando Il Comune di Scilla venne sciolto per mafia nel marzo del 2018. Due anni dopo, si era ricandidato ed era stato eletto con il 97,84% dei voti. Un vero plebiscito.
Ma nell’inchiesta è finito anche un tecnico, il dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Scilla, Bruno Doldo, indagato per turbativa d’asta. L’architetto Doldo, lavora anche per la Città metropolitana di Reggio Calabria ed è indagato in concorso con tre imprenditori e con il presunto boss della ‘ndrangheta Giuseppe Fulco, perchè sembrerebbe aver favorito il boss in una gara per l’assegnazione della gestione di un lido.
In copertina: il presunto boss, Giuseppe Fulco
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