Quella di sostenere la tesi dei brogli era una strategia messa a punto dal tycoon ancor prima delle elezioni
Washington – La commissione parlamentare d’inchiesta sull’assalto dei trumpiani al Campidoglio ha citato a deporre Donald Trump, ed è questa la notizia del giorno per il Washington Post. La decisione, sottolinea il giornale, è stata presa a sorpresa e all’unanimità, e si basa su “un mix di nuove prove raccolte dalla commissione a partire da luglio e su testimonianze rese nelle sessioni precedenti”.
L’audizione dell’ex presidente, scrive il Post “mira a rafforzare una conclusione su cui i commissari martellano con insistenza: che la violenza del 6 gennaio è stata il risultato diretto e prevedibile delle scelte di Trump nelle settimane successive alla sua sconfitta elettorale“.
Dagli elementi in possesso della commissione, risulta che quella di sostenere la tesi di brogli era una strategia messa a punto da Trump ancor prima delle elezioni e che il presidente aveva “privatamente riconosciuto” che gli elettori lo avevano bocciato. L’inchiesta, ha detto la presidente della commissione, la repubblicana Liz Cheney, è incompleta senza l’audizione “del principale attore dei fatti del 6 gennaio”, e “ogni americano ha diritto ad avere risposte”.
Giornata nera, per il tycoon, quella di ieri. Altri servizi di prima pagina, infatti, danno conto degli sviluppi dell’altra indagine a carico di Trump, quella dell’Fbi sui documenti classificati che l’ex presidente trasferì nella sua residenza privata di Mar-a-Lago in Florida: il testimone chiave, si è appreso, è un ex valletto della Casa Bianca, che afferma di aver personalmente trasportato casse di atti.
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