Nuovo stadio Milano, le squadre “danno i numeri” 

Al dibattito pubblico i club presentano il piano economico-finanziario delle strutture che vorrebbero erigere

Può uno stadio più piccolo, con un minor numero di posti a sedere, portare più soldi, più spettatori, più turisti, più attrattività per la città? Si rispondono i consulenti dai due club milanesi, che come abili prestigiatori fanno balenare i numeri durante il dibattito pubblico. E possono due squadre indebitate come Inter e Milan sostenere il rischio d’impresa, portando a termine nei tempi previsti l’eventuale progetto? – chiedono i cittadini.

Un passo indietro

Chiunque sia mai stato allo stadio Meazza di Milano, meglio noto come stadio di San Siro, sa che la struttura non è confortevolissima, soprattutto se ha la sventura di assistere a un match in un giorno di pioggia. L’opera avrebbe bisogno di un ammodernamento e su questo sono quasi tutti d’accordo. Su come realizzarlo, invece no.

Nel luglio del 2019 Milan e Inter hanno chiesto al comune di Milano di costruire un nuovo stadio in partnernariato pubblico-privato: tradotto significa che costruiscono i privati, su suolo pubblico, un bene che viene privatizzato per 90 anni. E, grazie alla nuova legge sugli stadi che consente varianti di edificabilità, gli affiancano un serie di servizi: hotel, centro commerciale, due torri, uffici…. E’ una colata di cemento con un indice di edificabilità dello 0,63/mq, quando il pgt della città indica lo 0,35. 

Non è solo un tentativo di speculazione, è una strategia ben precisa: chiedere mille per avere cento e permettere alla controparte di cantar vittoria quando contiene le richieste dell’investitore. Il che è esattamente ciò che è avvenuto, quando il Comune ha imposto alle due squadre di rivedere il progetto, rispettando i limiti di edificabilità previsti.

Il balletto di richieste e dinieghi è andato avanti fino all’Ottobre scorso. Poi, la riconferma del sindaco Giuseppe Sala al primo turno ha cancellato ogni remora e impresso un’accelerata al progetto. Anche i dubbi sulla titolarità effettiva dei due club, che avevano animato parte della campagna elettorale, sono fugati. 

Le date sono importanti: il 5 ottobre 2021 Sala vince il suo secondo mandato senza bisogno di andare al ballottaggio e, esattamente un mese dopo, il 5 novembre, la giunta, dopo aver esaminato lo studio di fattibilità, delibera il pubblico interesse per l’opera.

Su questa decisione e sull’abbattimento del Meazza i comitati dei cittadini chiedono un referendum. Lo scorso luglio i Garanti del Comune lo bocciano, togliendo definitivamente di mezzo l’opzione di ristrutturare l’esistente. I club non lo vogliono, non sono interessati. Il Comune non ha i soldi per fare da solo e un terzo interlocutore non lo cerca, rinunciando alla possibilità di indire un bando d’asta per l’area.

Il dibattito pubblico

Si è così giunti al dibattito pubblico, che è una procedura obbligatoria, prevista per legge dal 2016. Sul sito del Ministero delle Infrastrutture si legge che il dibattito pubblico è “un processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico su opere di interesse nazionale e si svolge nella fase iniziale di progettazione, quando le alternative sono ancora aperte e la decisione, se e come realizzare l’opera, deve essere ancora presa”. A Milano la decisione sembra già presa, al punto che pochi giorni or sono il sindaco Sala, dopo aver magnificato la procedura, si è lasciato scappare che “bisogna porre fine a questa discussione con il fatto che la Giunta darà il suo consenso al progetto”.

Per il momento il dibattito pubblico ha permesso di fare un minimo di chiarezza: un progetto vero è proprio ancora non c’è. C’è uno studio di fattibilità tecnica e un piano economico finanziario che è stato presentato ieri sera. Per il resto si parla di “ipotesi emozionali” e di “suggestioni”.

Il piano economico- finanziario (pef)

L’investimento – ha spiegato il professore della Bocconi, Roberto Zucchetti -sarà di 1 miliardo e 300 milioni. Di questi, 604 serviranno per costruire il nuovo stadio e 52 per abbattere il vecchio, mentre il cosiddetto comparto polivalente, ovvero uffici e centro commerciale, ammonteranno a 359 milioni. La stazione energetica, che avrà il compito di riscaldare e raffreddare tutto il complesso, costerà 23 milioni e 257 sono stati calcolati per costi imprevisti. 

Gli oneri di urbanizzazione, primari e secondari, ammonterebbero a 34 milioni ma nel piano economico finanziario i club prevedono di spenderne 93, realizzando direttamente loro le opere necessarie. (Peccato che tra i lavori elencati si trovino 35 milioni di “verde su soletta filtrante”, che è il verde del centro commerciante e che non può essere considerato un’opera per la collettività).

I costi operativi per mantenere e far funzionare l’impianto sono stati calcolati in 35 milioni l’anno, prevedendo in più ogni anno l’accantonamento di 9 milioni per la manutenzione straordinaria.

l ricavi sono stati calcolati intorno agli 80 milioni all’anno e arrivano per due terzi dallo stadio, con una redditività per gli investitori del 5,5%. Una percentuale bassa se si considera l’entità dell’operazione, ma giudicata accettabile dai club.

La valutazione socio – economica: il nuovo stadio come motore di attrazione e sviluppo

Secondo la dottoressa Tatiana Cini, che ha presentato una valutazione socio economica del progetto, il nuovo stadio genererà benefici diretti per 4 miliardi di euro, rendendo la città molto più attrattiva. La nuova costruzione, che si dà per scontato sarà “iconica”, pur in assenza di un progetto definito – si inserirà secondo la dottoressa Cini nel re-branding della città, portato avanti dalle molte operazioni immobiliari che stanno ridisegnando la città.  Questo, insieme alla possibilità di vivere un’esperienza più intensa e coinvolgente durante le partite assicurata dal nuovo impianto, porterà un maggiore afflusso di turisti in città e addirittura ad un allungamento della loro permanenza. Come tutto ciò possa avvenire con un’arena che avrà quasi ventimila posti in meno, non viene spiegato.

Per dimostrare quanto uno stadio possa fungere da catalizzatore, la dottoressa Cini presenta i dati dei motori di ricerca, in cui si evidenzia che il Meazza è il luogo più ricercato della città. Solo che i dati si riferiscono all’attuale struttura. 

Sulla stessa scia si muove Luca Martinazzoli di Milano and Partner, struttura fondata dal comune di Milano e Camera di Commercio, che si occupa di promuovere la città sui mercati internazionali. 

Sono 10 milioni ogni anno i visitatori che giungono in città, principalmente per fiere ed eventi, generando un comparto da 9 miliardi l’anno (il 5% del prodotto interno lordo). Il 20% di questi paga un biglietto per andare allo stadio. Da qui l’importanza di progettare strutture che siano all’altezza delle aspettative. E, sostiene Martinazzoli in un passaggio che non viene ben esplicitato, il nuovo stadio, insieme alle altre nuove costruzioni in città, avrà addirittura il potere di redistribuire sul territorio i soldi spesi dai turisti, che al momento si concentrano in centro città. Ancora una volta ci troviamo di fronte a una moltiplicazione dei pani e dei pesci che richiede un atto di fede.

I dubbi dei cittadini

Un dibattito implica per definizione, più voci. Al tavolo dei relatori siede sostanzialmente una voce unica, per quanto differenziata. La serata è interrotta più volte dalle proteste dei partecipanti che chiedono la parola. Il dubbio è soprattutto uno:  possono Inter e Milano, che sono esposte rispettivamente di 700 e 650 milioni, sostenere un incremento del debito che, con l’inflazione crescente, rischia di aumentare del 140%? Il timore è quello di ritrovarsi, come è già avvenuto tante volte, con un fallimento e un cantiere fermo per anni. Secondo l’economista Riccardo Antoniol, il pef manca di un’analisi dei rischi finanziari.

Non solo. Quali garanzie sta chiedendo il Comune perchè le squadre rispettino gli impegni presi e le tempistiche? Nel 2027 sindaco e giunta attuale non ci saranno più. Lo stesso si può dire delle proprietà dei club, già oggi avvolte nella nebbia.

Dopo tre anni, il fondo Eliott ha venduto il Milan a Redbird, fondo che, stando alla stampa specializzata, avrebbe un decimo della capacità finanziaria di Eliott. Cosa farà fra tre anni Redbird? A chi venderà? Dall’altra parte anche l’Inter di Zhang è in vendita. Chi lo acquisterà?

In questo contesto diventa fondamentale dotarsi di garanzie solide. Invece nel pef le squadre scrivono: “Non possiamo escludere che ulteriori effetti esogeni sull’andamento dei costi o sulla domanda possano cambiare la situazione, richiedendo misure compensative finalizzate a riequilibrare la sostenibilità del progetto“. Come dire: rischio d’impresa si, ma non troppo.

Il precedente

Del resto il Comune di Milano non è nuovo a favori ai concessionari di San Siro. A maggio la Corte dei Conti lombarda gli ha contestato una “progressiva alterazione del rapporto tra canone di concessione e corrispettivo a scomputo, con il conseguente spostamento … sull’Ente pubblico, di oneri che, secondo l’accordo iniziale avrebbero dovuto restare a carico del concessionario.”