Camere, al via la partita sulle vicepresidenze ma l’opposizione è divisa

Per la Camera c’è in lizza anche il nome di Alessandro Zan. Per i dem la nemesi perfetta del presidente neo eletto, Lorenzo Fontana

Roma – Almeno otto caselle di cui quattro riservate all’opposizione. È il campo da gioco su cui si confronteranno Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione-Iv e Alleanza Verdi e Sinistra a partire da mercoledì, quando si completerà il quadro degli Uffici di presidenza delle Camere, con anche l’elezione dei vice presidenti, dei Questori e dei segretari d’Aula.

Il prologo dello scontro si è visto in occasione dell’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato: quei 17 voti in più incassati da La Russa e provenienti dalle opposizioni sono stati letti come un avvertimento arrivato dai renziani a Pd e M5s, accusati di aver già siglato l’accordo sulle vicepresidenze tagliando fuori Italia Viva. Da qui la decisione presa da Enrico Letta in occasione dell’elezione del presidente della Camera di esprimere un voto su una candidata, individuata in Maria Cecilia Guerra.
Un invito che, però, non è stato accolto dal M5s e dai centristi. I primi hanno candidato Cafiero De Raho e i secondi Matteo Richetti. Se non altro, la scelta di contarsi con nomi propri ha evitato nuovi incidenti.
“Tra i franchi tiratori dell’elezione di La Russa”, assicura Andrea Orlando, “non c’è il Pd, lo escludo purché non avrebbe alcun senso. Credo che nei prossimi giorni comprenderemo chi ha messo in campo e perche’ quel tipo di operazione”, aggiunge l’esponente dem riferendosi a possibili contropartite in arrivo per quei pezzi di opposizione che hanno fatto lievitare il consenso su La Russa. I partiti, in ogni caso, hanno schierato i loro ambasciatori: per il Pd è Marco Meloni a portare avanti il dialogo con le controparti di maggioranza e opposizione.
Conte ha schierato Michele Gubitosa e Alessandra Todde. Per i dem, la partita si intreccia strettamente con quella dell’elezione dei capigruppo.

La strada maestra resta quella della proroga di Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, soluzione che consentirebbe di evitare una verifica a stretto giro da parte del futuro segretario. Ma nelle ultime ore si registra un nuovo attivismo da parte delle aree interne al partito. Crescono, in particolare, le quotazioni di Anna Ascani, deputata apprezzata dall’area vicina al segretario Enrico Letta. Un’operazione possibile, riferiscono fonti parlamentari dem, a condizione che Debora Serracchiani vada ad occupare la casella di vicepresidente della Camera. Casella che potrebbe, tuttavia, interessare anche qualche esponente dell’area vicina a Nicola Zingaretti.
Qualcuno, a Montecitorio, parla di Marco Furfaro, giovanissimo neo eletto e, per questo, in basso nella classifica dei candidati in quel ruolo. Più chance avrebbe invece il governatore della Regione Lazio.
La suggestione, per la vicepresidenza della Camera, porta il nome di Alessandro Zan: papà del disegno di legge contro i reati di omotransfobia, Zan sarebbe per i dem la perfetta nemesi del presidente neo eletto, Lorenzo Fontana.
Un candidato fuori da qualsiasi logica correntizia, commenta un parlamentare, ma perciò più debole rispetto ai competitor. E poi, la scelta di Zan scombinerebbe il gioco di incastri fra aree politiche che si è innescato.

Più statica la situazione al Senato, dove Simona Malpezzi è sempre in lizza per fare ancora la capogruppo, ma potrebbe rientrare in corsa per la vice presidenza di Palazzo Madama. Se dovesse realizzarsi questa seconda circostanza, candidata a subentrare a Malpezzi nel ruolo di capogruppo sarebbe Valeria Valente. Ma c’e’ anche l’attuale vice presidente del Senato, Anna Rossomando, in quota Orlando, a poter aspirare a quel ruolo. Per l’incarico di Questore, invece, i franceschiniani starebbero pensando a Bruno Astorre. Tutto in bilico, viene però spiegato, dato che dopo il caso La Russa, con pezzi di opposizione che hanno votato l’esponente FdI, i dem in Parlamento si aspettano “altri brutti scherzi”.
Per il Movimento 5 Stelle in pole ci sono Chiara Appendino, per la Camera, e Stefano Patuanelli per il Senato. Saranno comunque i parlamentari a votare sulla base delle proposte del presidente del Movimento.

Assieme a queste caselle, poi, ci sono quelle dei Questori e dei segretari d’Aula, tutte da definire, anche in base a quale sarà la composizione degli uffici di presidenza.
Infine le commissioni di Garanzia. Il Copasir dovrebbe andare al Partito Democratico: in lizza ci sarebbero il senatore Enrico Borghi, che ha ricoperto il ruolo di commissario nella legislatura appena conclusa, e Lorenzo Guerini. Lo stato maggiore del Pd punta sul primo e anche fra i Cinque Stelle, al momento, sembra prevalere l’orientamento a favore di Borghi. Il Partito Democratico non dovrebbe rientrare, invece, nella gara per la Vigilanza Rai. Qui la partita è fra M5s e Italia Viva. I renziani sarebbero intenzionati a proporre Maria Elena Boschi.

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