Cina, Xi apre il Congresso del Pcc e avverte Taiwan: Pechino non rinuncerà mai all’uso della forza

Taipei risponde: nessun compromesso su sovranità e democrazia. Il confronto militare non è un’opzione

Pechino – Il presidente cinese, Xi Jinping, avverte che la Cina dovrà affrontare “grandi sfide” in futuro e che Pechino “non rinuncerà mai all’uso della forza” per prendere il controllo su Taiwan. Lo ha detto nel suo discorso all’apertura del XX Congresso del Partito Comunista Cinese (Pcc), davanti a 2.300 delegati provenienti da tutto il Paese.

Nel quadro tratteggiato in quasi un’ora e tre quarti di intervento alla Grande Sala del Popolo, su piazza Tienanmen, Xi – che è anche segretario generale del partito – ha sottolineato che negli ultimi cinque anni sono avvenuti “cambiamenti straordinari” e che la Cina ha “disinnescato grandi rischi”, elogiando il percorso intrapreso dal Pcc sotto la sua leadership. La Cina, ha detto, è un grande innovatore, capace di svolte tecnologiche e con il più grande settore manifatturiero al mondo”, ma ai toni entusiastici ha contrapposto il monito a non abbassare la guardia. Il partito deve essere pronto allo “scenario peggiore” e deve “risolvere grandi problemi”. Per farlo, il Pcc deve rafforzare la leadership, concetto ripreso più volte nell’intervento del presidente, e affidarsi al socialismo con caratteristiche cinesi.
Questi i passaggi decisivi del discorso di oggi.

Covid e corruzione

Un discorso nel segno della continuità, quello di Xi, che si prepara alla riconferma al vertice del partito, per un terzo, e finora inedito, mandato consecutivo. Il segretario generale del Pcc ha difeso anche la politica dello “zero Covid” all’inizio del suo intervento, in una sala dove quasi tutti indossavano la mascherina, affermando che la Cina ha dato la priorità alle vite umane. Il presidente ha anche rivendicato la “vittoria schiacciante” nella campagna contro la corruzione – uno dei primi provvedimenti presi all’inizio del suo mandato, nel 2012 – che ha raggiunto livelli “senza precedenti”, eliminando i “pericoli nascosti” nel partito e nel Paese.

I nodi di Hong Kong e Taiwan

I passaggi più controversi riguardano le questioni di sovranità, in particolare Hong Kong – passata “dal caos alla governance”, ha sottolineato, dopo la repressione delle voci pro democrazia che hanno animato le proteste del 2019 -, e più ancora di Taiwan, nervo scoperto nei rapporti con gli Stati Uniti e fonte di costante irritazione per Pechino.
Xi ha difeso il controllo sull’ex colonia britannica, ribadendo il sostegno al modello “un Paese, due sistemi” instaurato dopo il ritorno alla Cina, nel 1997, e che viene ormai ritenuto privo di significato dall’Occidente, in seguito alla repressione di Pechino. Hong Kong è entrata in “in una nuova fase”, ha detto Xi, e il modello “un Paese, due sistemi è il migliore accordo istituzionale” per la regione amministrativa speciale, e per l’altra ex colonia (portoghese) tornata alla Cina due anni più tardi, Macao.

Molto più perentorio il messaggio per Taiwan, scandito dal fragore degli applausi dei delegati presenti alla Grande Sala del Popolo: “Non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza – ha assicurato Xi – e ci riserviamo l’opzione di prendere tutte le misure necessarie” per la “riunificazione”, termine che Taipei respinge, e a cui oppone di non essere mai stata sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese. La riunificazione, ha aggiunto il presidente cinese, “deve essere raggiunta e sarà raggiunta”.

Taipei a Xi: nessun compromesso su sovranità e democrazia

Avvertimento che è stato rispedito al mittente a poche ore di distanza: non ci sarà “nessun compromesso” sulle questioni di sovranità e democrazia, ha dichiarato il portavoce dell’ufficio presidenziale, Chang Tun-han, e un confronto militare tra Pechino e Taipei “non è un’opzione”.
Cina e Taiwan, invece, devono trovare “un modo reciprocamente accettabile” per mantenere la pace e la stabilità nello Stretto, ha aggiunto.

Gli USA? Hanno una mentalità da Guerra fredda

Diversi i richiami indiretti agli Stati Uniti, negli oltre cento minuti di discorso (comunque più breve del suo intervento all’apertura del diciannovesimo Congresso del 2017, quando parlò per quasi tre ore e mezzo).
La Cina, ha detto Xi, si oppone alla “mentalità da Guerra fredda”, e non cercherà mai l’egemonismo e l’espansionismo. Pechino rifiuta l’unilateralismo e il protezionismo, difetti che la Cina imputa, in primo luogo, proprio agli Usa, e rimane legata alle teorie di Karl Marx, che hanno vissuto un revival nei dieci anni della leadership di Xi.
“Il marxismo funziona”, ha detto il presidente cinese, ed è la “fondamentale guida ideologica” del partito e del Paese.
Il Pcc promuoverà, inoltre, la “prosperità comune”, concetto da lui stesso introdotto lo scorso anno, e vede nell’innovazione e nella tecnologia le chiavi dello sviluppo.

Lotta al cambiamento climatico con un uso “pulito ed efficiente” del carbone

Un passaggio Xi lo dedicato anche alla protezione ambientale, con l’impegno a partecipare alla lotta globale contro il cambiamento climatico e a concentrarsi su un uso “pulito ed efficiente” del carbone.
Pur senza citare la guerra in Ucraina, il presidente cinese ha poi fatto un riferimento all’importanza di garantire la sicurezza energetica e alimentare, più volte da lui stesso richiamate dopo l’invasione del Paese, che Pechino non ha mai condannato, da parte dei soldati di Mosca.

Aumentare la preparazione al combattimento delle Forze Armate

Per Xi, generalmente considerato il leader più potente dai tempi di Mao Tse-tung, i prossimi anni saranno “cruciali” per la modernizzazione del Paese e per il “rinnovamento nazionale”, e questo processo passa anche dalle Forze Armate, di cui Xi stesso è a capo, che devono mantenere la loro lealtà al partito e aumentare la preparazione al combattimento.

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