Napoli, in arresto il garante dei detenuti: cellulari e droga in carcere in cambio di denaro

Ex spacciatore della camorra, in galera con lui sono finite altre otto persone. L’accusa è di associazione a delinquere

Napoli – Pietro Ioia, il garante dei diritti delle persone private o limitate nella libertà personale del Comune di Napoli arrestato insieme con altre sette persone oggi, dai carabinieri di Castello di Cisterna, con l’accusa di avere introdotto cellulari e droga in cambio di soldi nel carcere napoletano di Poggioreale, ha partecipato alla realizzazione della docuserie di Sky “Camorriste 2” andata in onda nel 2017.
Ioia presentò la serie – riguardante la vita di sei donne “di camorra” – in una conferenza stampa durante la quale, in rappresentanza dell’associazione ex-detenuti Napoli, sottolineò il valore della cultura della legalità.
Ex spacciatore della camorra che ha trascorso ventidue anni in carcere, Ioia ha raccontato la sua vita anche attraverso un libro, intitolato “La cella zero. Morte e rinascita di un uomo in gabbia” poi diventato uno spettacolo teatrale.
In entrambi ha raccontato le vessazioni subite quand’era in cella, poi denunciate una volta uscito di carcere. Nella serie tv Ioia ha ricoperto il ruolo di location maganer, offrendo la sua collaborazione al regista Paolo Colangeli per individuare ex detenute da proporre per gli episodi dedicati, appunto, alle donne di camorra.

L’inchiesta

Secondo l’attività investigativa, andata avanti da giugno 2021 a gennaio 2022, Ioia approfittava dei colloqui mirati a verificare le condizioni in cui versavano i detenuti, per effettuare le consegne che gli erano state richieste. Il denaro veniva poi versato su alcune carte ricaricabili in uso a una donna e poi diviso con gli altri sodali dell’organizzazione.
L’organizzazione criminale prevedeva che la compagna di uno dei promotori, attraverso il garante, facesse recapitare ai detenuti, partecipi dell’associazione, apparati di telefonia mobile e sostanza stupefacente di vario genere che, di conseguenza, venivano venduti alle altre persone recluse creando un vero e proprio commercio illegale.

Anche la Direzione del Carcere di Poggioreale e la Polizia penitenziaria hanno prestato la loro collaborazione alle indagini nella fase di osservazione dei colloqui, dai quali si è capito che per ogni consegna, Ioia incassava dai 100 ai 200 euro. Soldi che, secondo i pm della Dda napoletana, non intascava solo Ioia ma tutta l’organizzazione.
Complessivamente sono una decina le consegne documentate in questo modo dagli investigatori.

L’accusa

Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli ha emesso, su richiesta della Procura partenopea sei misure cautelari in carcere e due ai domiciliari.
Le indagini hanno evidenziato l’esistenza di un dilagante fenomeno di spaccio di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina), del valore economico di diverse migliaia di euro, all’interno dell’istituto penitenziario.
L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti e specificamente, l’introduzione illegale di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti all’interno della Casa Circondariale napoletana.

Gli indagati

Oltre a Pietro Ioia 63 anni, per il quale il giudice ha disposto la misura cautelare del carcere, sono finiti in arresto, tra carcere e domiciliari, Massimiliano Murolo, 42 anni; Sonia Guillari, 47 anni; Nicola Donzelli, 36 anni; Maria Maresca Cardamone, 32 anni; Antonio De Maria, 34 anni; e Vincenzo Castello, 38 anni.

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