Ancora un significativo sequestro di droga: 730 chili di cocaina trovati all’interno di un container nel porto di Trieste
Trieste – La rilevante quantità di droga era stata abilmente occultata all’interno di un container, in sacchi contenenti caffè, oggetto di controllo a seguito delle analisi di rischio che vengono quotidianamente effettuate per garantire un adeguato ed efficace dispositivo di controllo dei traffici commerciali che interessano il porto giuliano.
Nella circostanza, una volta disposto lo scarico totale del prodotto dichiaratamente trasportato, lo stesso è stato accuratamente ispezionato congiuntamente dai funzionari doganali e dai militari della Guardia di Finanza, i quali si sono avvalsi anche dell’ausilio delle unità cinofile.
Sono stati proprio i cani a “segnalare” alcuni dei sacchi ispezionati, al cui interno è stata effettivamente rinvenuta la sostanza stupefacente, abilmente mischiata ai grani di caffè crudo, verosimilmente per confondere l’olfatto dei cani molecolari che, questa volta, evidentemente, non si sono fatti sviare nella loro ricerca.
Il quantitativo di sostanza stupefacente, uno dei più rilevanti mai intercettati presso lo scalo portuale giuliano, avrebbe fruttato introiti per oltre 20 milioni di euro sulle piazze di spaccio e sarebbe stato idoneo a saturare una vasta area di “mercato” per un apprezzabile periodo di tempo, con grave nocumento per la salute dei “consumatori” finali di tali sostanze.
Fin qui la cronaca spicciola di un sequestro, importante, ma che letto singolarmente si perde quasi subito nell’elenco gioraliero dei fatti di cronaca nera. Ma per capire il fenomeno nella sua complessità, per capire quale è la quantità presunta di droga in circolazione e fare un po’ di conti sul valore complessivo degli introiti illeciti, bisogna scavare un po’ di più.
“Mare Nostrum”
Mediterraneo nella lingua araba significa “mare bianco di mezzo”, un ponte per molti popoli e per altri un abisso in cui perdere la vita e il futuro. Pur essendo un bacino di piccolissime dimensioni, infatti rappresenta solamente l’1% della superficie marina del pianeta, bagna ben 25 paesi e fa lavorare ben 80 porti.
Il Mediterraneo è un’autostrada percorsa giornalmente da migliaia di navi che trasportano greggio, merci, beni primari, turisti, armi, droga. Ma pensare al Mediterraneo in termini geografici sarebbe riduttivo.
Preferiamo parlare del “mare nostrum”, in termini geopolitici, il cosiddetto Mediterraneo allargato, quello che da Gibilterra arriva al Golfo Persico. Ed è in questo mare (quasi) chiuso che si intrecciano gli interessi economici, ma anche politici, delle due sponde principali, quella sud e quella nord con le loro differenze e con il divario economico e di risorse che le contraddistingue. Ma anche una sponda a est che, in continua evoluzione socio economica, è un corridoio preferenziale per i trafficanti di droga dall’Afghanistan.
Le tre criticità principali
La concentrazione di traffici e interessi economici oltre che politici pone in primo piano la sicurezza del bacino del Mediterrano che possiamo suddividere in tre argomenti principali.
In prima battura ci riferiamo al terrorismo e traffici illeciti di droga, armi, e contrabbando di merci. Il secondo tema è la sicurezza delle fonti di approvvigionamento energetico e per ultimo il problema sociale che deriva dall’aumento costante dei flussi migratori. Tre aspetti fortemente interconnessi tra loro che si inseguono e si alimentano creando un coircolo vizioso difficile da governare.
Il narcotraffico: da dove parte la droga
Il narcotraffico, in termini di dimensione, è uno dei traffici illeciti maggiormente rilevante nell’area mediterranea, e ogni tipologia di stupefacente segue una rotta ben delineata per entrare nel mercato europeo. Le rotte principali sono quattro: America Latina e Centrale, il Mediterraneo allargato, il Sud est asiatico, e un mercato interno europeo con riferimento diretto all’Olanda. Poi ci sono corridoi anche specifici per raggiungere il mercato europeo. Uno è quello balcanico dove passano eroina e oppiacei. Hashish e marijuana provenienti dall’America Latina e Caraibi e dal Medio-Oriente transitano anche per la rotta siriana, la rotta latino-americana e la rotta africana. La cocaina, i cui maggiori produttori sono in America Latina e Caraibi, passa attraverso i Paesi Mediterranei e raggiunge il Nord Europa. In forte espansione il fenomeno dei narcoskipper, che a bordo di imbarcazioni da diporto trasportano stupefacenti nei porti turistici.
Flessione dei traffici per il Covid, ma la ripresa è stata immediata
Nell’ultima relazione della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, relativa all’anno 2020, in piena emergenza pandemica, si può leggere che il narcotraffico ha risentito degli effetti della crisi sanitaria mondiale connessa alla diffusione del Covid-19 visto che, da sempre, i narcos hanno utilizzato il commercio legale per nascondere le proprie attività illecite. Il rallentamento degli scambi internazionali ha evidentemente influenzato anche il traffico degli stupefacenti.
Ma questo dato è vero solo per la prima fase della crisi sanitaria, perché la capacità di adattamento delle organizzazioni criminali e mafiose è tale che già nella seconda parte dell’anno c’è stata una forte ripresa delle importazioni e dello spaccio.
Mancano all’appello 60-70 tonnellate di stupefacenti
A livello nazionale, decrescono, rispetto al 2019 le operazioni antidroga di quasi il 13% e le denunce all’Autorità Giudiziaria dell’11%. Per le operazioni antidroga, quelle del 2020 sono 22.695, dato in linea con il valore medio degli ultimi dieci anni, mentre per il numero delle denunce, in tutto 31.335, pur essendo il più basso nell’ultimo quinquennio, resta ben oltre quota 30.000, lievemente al di sotto della soglia media nella serie decennale.
In aumento i sequestri di droga, passati dalle 54 tonnellate e mezzo del 2019 alle quasi 59 del 2020, ma rispetto al biennio 2017-2018 mancano all’appello una settintina di tonnellate, visto che i quantitativi si assestavano sulle 120 tonnellate.
Le rotte della droga
Per quanto riguarda le rotte non si sono verificati cambiamenti significativi, anche se è ipotizzabile, attraverso la mappatura dei sequestri, una nuova rotta attraverso la regione meridionale del continente europeo che trasferisce lo stupefacente proveniente dal Sudamerica verso gli hub della Grecia e dei Paesi prospicienti al Mar Nero, come la Bulgaria, la Romania e l’Ucraina.
Gioia Tauro
Sempre in primo piano il porto di Gioia Tauro, scalo strategico per posizione geografica e per volumi di merci in transito, che, anche nel 2020, ha consolidato la sua centralità nelle importazioni di cocaina. Le forze di Polizia solo in quell’area hanno effettuato 24 operazioni antidroga e sequestrato 6 tonnellate di cocaina, cioè circa il 45% del volume complessivo dei sequestri in ambito nazionale.
‘Ndrangheta e narcos
Il narcotraffico è ancora “il principale motore di tutte le attività illecite svolte dai grandi gruppi criminali”. Questa è la sintesi della situazione internazionale.
Gli straordinari margini di profitto che derivano dal traffico e dallo spaccio di droga hanno spinto le più importanti reti criminali internazionali a gestire i traffici imvestendo grandi somme per l’organizzazione e la logiastica. La globalizzazione, poi, ha favorito vere e proprie joint venture internazionali che si occupano dell produzione, spedizione e distribuzione delle sostanze stupefacenti. Naturalmente il ruolo della ‘ndrangheta è egemone grazie alla presenza dei suoi uomini nei luoghi di produzione, nelle aree di stoccaggio, nei porti e nelle amministrazioni.
Le ‘ndrine che contano
In Calabria le principali ‘ndrine che controllano i traffici di cocaina sono: nel “mandamento di centro”, che si estende nel versante sud occidentale, tra i comuni dell’area costi?era di Scilla e Condofuri Marina, a?ttraversando Reggio Calabria, mentre nella zona interna è delimitato dai comuni di Roccaforte del Greco e Condofuri, comandano le cosche Condello, De Stefano, Tegano e Libri.
Nel “mandamento jonico”, che si estende nel versante sud orientale, tra i comuni di Monasterace a nord e Bova Marina a sud, comandano le cosche Pelle-Vottari e Nirta-Strangio a San Luca, Barbaro-Trimboli a Platì, Morabito- Palamara-Bruzzaniti ad Africo, Commisso di Siderno e Aquino a Marina di Gioiosa Jonica.
Nel “mandamento tirrenico”, che si estende nel versante nord occidentale, tra i comuni dell’area cos?era di Rosarno, a nord, e quello di Seminara, a sud, att?raversando i territori di San Ferdinando, Gioia Tauro, e Palmi, mentre la zona pedemontana è cara?terizzata da Candidoni, Serrata, San Pietro di Caridà, Galatro, Giffone, Cinquefrondi, San Giorgio Morgeto, Cittanova, Molochio, Oppido Mamertina, Santa Critina d’Aspromonte, Scido, Delianuova, Cosoleto, Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte e Melicuccà, comandano le cosche Piromalli e Molè a Gioia Tauro, nonché Bellocco a San Ferdinando e Pesce a Rosarno.
Ma la ‘ndrangheta è anche radicata all’estero, in Germania, Olanda e Belgio, dove gestisce l’arrivo, lo stoccaggio e la distribuzione della cocaina.
L’espansione della ‘ndrangheta in Germania
A partire dagli inizi degli anni ’90, in Germania ed in Italia sono stati avviati svariati procedimenti penali per associazione a delinquere, violazioni della legge sugli stupefacenti e della legge sulle armi, nei confronti dei componenti delle cosche calabresi, riconducibili al comprensorio di San Luca. Indagini che hanno permesso di stabilire l’attività criminale delle ‘ndrine nelle città di Duisburg, Erfurt, München, Leipzig, Neukirchen-Vluyn, Deizisau, Bous e Bochum.
Ma solo con la strage di Duisburg del 2007 si è potuto dimostrare e documentare l’infiltrazione e la pericolosità della ‘ndrangheta che ormai aveva acquistato strutture commerciali, imprenditoriali e societarie.
La Germania è una delle zone di stoccaggio più utilizzate per la cocaina proveniente dal Sud America. Il porto di Amburgo, uno dei più importanti in Europa per volume di merci, ed è utilizzato dalle organizzazioni criminali calabresi per introdurre rilevanti carichi di stupefacenti nel Paese.
Gruppi criminali kosovari-albanesi
Anche a livello europeo la ‘ndrangheta ha uomini di fiducia nei paesi che sono i punti di arrivo della droga dal sudamerica, come la Spagna e l’Olanda.
Le informazioni a disposizione della Direzione confermano la stabilità dei collegamenti della ’ndrangheta, funzionali alla gestione del narcotraffico, con componenti di Cosa Nostra, della Camorra, delle organizzazioni criminali pugliesi, nonché con compagini criminali straniere. E nel merito, tra le organizzazioni straniere è sempre crescente il coinvolgimento di gruppi criminali legati a cartelli balcanici, kosovaro-albanesi, nordafricani e sudamericani, in particolare colombiani, messicani e dominicani, nonché quelli nigeriani, che nel loro complesso, sfruttano le comunità etniche insediate nel nostro Paese e in altri dell’Unione Europea, godendo del supporto di una ramificata ed efficace struttura logistica.
La criminalità nigeriana
Della criminalità nigeriana e della sua organizzazione ha scritto approfonditamente per fivedabliu Simona Tarzia spiegando la genesi e la funzione dei “cult”.
Nella relazione si legge: “Le formazioni criminali nigeriane sono caratterizzate da un’organizzazione non piramidale, ma di tipo orizzontale, “a blocchi”, contraddistinta da un’estrema segretezza e da una forte componente magico-religiosa, attraverso la quale esercitano un pesante condizionamento nei confronti degli affiliati, che possono essere così spinti al compimento di qualsiasi azione”.
Dove operano i “cults” nigeriani
Sul territorio, la presenza dei gruppi nigeriani è particolarmente diffusa nell’area del litorale domitio, nella provincia di Caserta e nell’hinterland romano. I “cults” sono attivi in quasi tutte le regioni italiane con eccezione di Puglia, Calabria e Sicilia, regioni sotto il controllo diretto delle mafie italiane.
Le formazioni nigeriane sono tra i sodalizi più attivi nel trasporto delle droghe, con l’utilizzo di ovulatori o bodypackers, che, sebbene possano fisiologicamente trasferire partite di modesta entità, essendo impiegati in “batterie”, possono garantire, comunque, un approvvigionamento costante di stupefacenti.
Narcotraffico e web
Cambiano i tempi, e la criminalità organizzata si adatta. Con l’emergenza Covid-19 è cresciuta in maniera importante la compravendita di droga on line. E il fenomeno si è sviluppato così rapidamente che anche l’Agenzia Europea per la Droga (“OEDT”) ed Europol hanno indicato, nei propri report, come in Europa sia aumentato notevolmente il numero di consumatori che hanno acquistato stupefacenti online.
Le attività di monitoraggio hanno rilevato l’incremento nella vendita di amfetamina, MDMA, ecstasy, ma anche di tipo tradizionale, come la marijuana, l’hashish, l’eroina e la cocaina, occultati all’interno di contenitori per cosmetici, giocattoli e piccoli elettrodomestici e consegnati a domicilio.
Le mafie e il mercato delle droghe sintetiche
Ma la nuova frontiera sono le droghe sintetiche, mercato che sta attirando l’attenzione delle mafie italiane che nella chimica intravvedono numerosi vantaggi. Il primo è senz’altro dato dalla possibilità di svincolarsi dai produttori sudamericani, con cui peraltro sono in ottimi rapporti. Soprattutto la ‘ndrangheta che può permettersi di comprare a prezzi molto più vantaggiosi della concorrenza. Ma lo svantaggio delle droghe tradizionali è attendere i cicli di produzione ma soprattutto il rischio dei sequestri. L’altro vantaggio delle droghe sintetiche è dato dalla possibilità di aumentare i laboratori quindi le piazze di spaccio. Senza contare il costo bassissimo di produzione e la rapidità di produzione. E i segnali ci sono e sono preoccupanti. Nel luglio del 2020 la Guardia di Finanza ha sequestrato 84 milioni di pasticche per un valore di oltre un miliardo di euro.
Gli oppioidi sintetici come il fentanyl o le metanfetamine possono essere “cucinati” e spacciati continuamente durante l’anno, sono più efficaci dell’eroina e rendono utili elevatissimi con basso rischio. Stiamo entrando in una nuova era nella quale le mafie cambieranno il loro approccio al mercato degli stupefacenti sia a livello nazionale che transnazionale.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.