Il pugno duro del Viminale contro qualsiasi “raduno” che coinvolga più di 50 persone
In Italia per poter distribuire un volantino di contenuti politici, sociali o culturali, sino al giugno del 1956 serviva richiedere un’autorizzazione di Pubblica Sicurezza.
Un retaggio della Legge fascista che la Corte Costituzionale cancellò con la sua prima Sentenza, su istanza di un giovane magistrato, allora Pretore di Prato, quell’Antonino Caponnetto che nel 1983, quando Cosa Nostra fece saltare in aria Rocco Chinnici, ideatore e capo del poll antimafia di Palermo, decise di scendere in Sicilia per sostituirlo e portare avanti il lavoro con Paolo Borsellino e Giovanni Falcone in prima linea.
Ricordare oggi quella breccia nell’ordinamento della Repubblica, che cancellava i tratti autoritari del cacciato regime fascista che erano ancora Legge dello Stato, permettendo, finalmente, di garantire il pieno diritto della libertà di espressione, non è un esercizio di memoria. È un richiamo all’attenzione, e anche all’inquietudine, davanti a quanto è scritto nel primo decreto legge del Governo Meloni.
Una norma anti-rave. Siamo sicuri?
I media hanno annunciato che il 434-bis sarebbe una norma anti-rave.
Abbiamo sentito dire che i rave sono covi dove si spaccia e consuma droga. Cosa che avviene peraltro sistematicamente nella pressoché totalità delle discoteche, con gli occhi chiusi o compiacenti dei gestori.
Abbiamo sentito dire che i rave sono un pericolo per l’incolumità pubblica. Cosa che avviene in buona parte delle discoteche o in certi eventi musicali autorizzati, dove il numero degli spettatori massimo per la capienza dei locali non viene fatto rispettare. Abbiamo sentito di tutto e di più, come se i rave fossero il male assoluto.
Ma nel Decreto c’è scritto altro.
Pene maggiori anche di quelle previste per i mafiosi e via libera alle intercettazioni
La norma appena introdotta prevede pene fino a sei anni di carcere.
I mafiosi che mettono in atto il reato di intestazione fittizia di beni prendono molto meno. Così anche per chi commette un omicidio colposo la pena è inferiore persino di un terzo.
Non solo.
La previsione del Decreto, dal momento che questo reato prevede pene superiori ai cinque anni, consente di attivare pure le intercettazioni, quelle che si vogliono tagliare per mafiosi e corruttori con la motivazione che “costano troppo” e “violano la privacy”.
Ma soprattutto, il nome rave non compare da nessuna parte. Si parla, invece, di contrastare chi organizza dei «raduni» con più di 50 persone. Non perché siano un pericolo, ma perché dal raduno «può derivare un pericolo per l’ordine pubblico».
La parola “rave” non compare da nessuna parte
Questo è scritto nel Decreto. Una previsione vaga che non parla di “rave”, ma di raduni.
Quindi sono punibili anche gli studenti che occupano una scuola o l’università. Basta che siano più di 50.
Quindi sono punibili anche i lavoratori che decidono di occupare una fabbrica, magari per difendere l’attività produttiva dai tentativi di speculazione che la vorrebbero chiudere e delocalizzare. Basta che siano più di 50.
E i manifestanti che protestano civilmente su un terreno pubblico? Basta che siano più di 50.
Ecco chi sono coloro che potranno subire la nuova norma varata dal Governo come “anti-rave”, se sarà applicata e se reggerà al vaglio della Corte Costituzionale.
Il 434-bis, infatti, punisce le persone coinvolte nell’«invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica».
Chi decide se «un raduno» può «arrecare disturbo all’ordine pubblico»?
Ma non è finita.
A stabilire se un raduno «potrebbe» arrecare disturbo all’ordine pubblico sono il Questore o il Prefetto, parte integrante della medesima catena di comando che fa capo al Ministero dell’Interno, cioè il potere politico, l’Esecutivo, l’oggetto delle critiche o delle richieste o delle rivendicazioni di chi potrebbe promuovere, organizzare e partecipare a «raduni» con più di 50 persone.
Via libera a Predappio
Nel suo discorso di insediamento alla Camera, Giorgia Meloni aveva detto che chi promuoveva proteste avrebbe trovato la sua simpatia.
E allora forse non ha letto bene il testo del Decreto numero 1 del suo Governo. Forse, ancora una volta, dovrà essere la Corte Costituzionale a intervenire, come nel 1956 per garantire il diritto a esercitare la libertà di pensiero e di critica nella nostra Repubblica.
Ovviamente il «raduno» di Predappio, con oltre 50 partecipanti a celebrare Benito Mussolini con cori fascisti e saluto romano, e in palese violazione della Legge Mancino, non è considerato un problema di «ordine pubblico» perché, a detta del neo Ministro dell’Interno, «si tiene da tanti anni».
Christian Abbondanza
Blogger antimafia che da anni si preoccupa di denunciare nomi e cognomi e connivenze della ‘ndrangheta in Liguria. È il presidente della Casa della Legalità ONLUS, un occhio aperto sulla criminalità, le mafie, i reati ambientali e le complicità della Pubblica Amministrazione.