Arrestato “UFO”, latitante albanese condannato per omicidio (VIDEO)

In Italia, sono rimaste famose le rocambolesche fughe dai vari carceri dove Paja era stato detenuto tanto da essersi meritato il soprannome di “UFO”

Tirana – Termina con l’arresto a Tirana in Albania, con l’operazione “Dangerous”, la latitanza di Ilir PAJA, 49enne albanese, ricercato in campo internazionale con “red notice” per omicidio, grazie alla cooperazione internazionale di polizia svolta dallo SCIP, della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, l’attività svolta dall’Esperto per la sicurezza italiano in Albania e la consolidata collaborazione della polizia albanese, sulla base di un provvedimento in carico del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Milano.

UFO

Era scomparso da diversi anni, ed era ricercato dalla polizia italiana e tedesca per aver commesso omicidi in entrambi i Paesi. In Italia, sono rimaste famose le rocambolesche fughe dai vari carceri dove Paja era stato detenuto tanto da essersi meritato il soprannome di “UFO”, come qualcuno che scompare all’improvviso.

La fuga dall’ambulanza

Nel 2007 è stata molto movimentata fu la sua fuga da un’ambulanza con cui veniva trasferito da un carcere ad un altro, in un’area di servizio dell’autostrada A1 quando simulò un malore per far avvicinare il capo scorta alla barella su cui era legato, e dopo averlo preso a testate riuscì a sfondare la porta dell’ambulanza e sparire nei boschi limitrofi nonostante corresse a piedi nudi e con un braccio fratturato.

Andare dal barbiere è stata la sua debolezza

I comportamenti violenti del latitante, al margine della psicopatia, hanno evidenziato una spietatezza disumana nel giro di prostitute rumene che gestiva e contro cui si divertiva a esplodere colpi d’arma da fuoco mancandole di un soffio.

La sua lunga latitanza si è conclusa il 3 novembre davanti allo specchio di un negozio di barbiere a Tirana, in zona Laprak, dove gli investigatori italiani ed albanesi, che da giorni erano sulle sue tracce, data l’esecutività della sentenza italiana, avevano predisposto un capillare servizio di osservazione.

Gli investigatori sapevano che il ricercato non rinunciava al rito della barba e quando lo hanno visto arrivare, prima lo hanno fatto accomodare e poi hanno fatto irruzione senza dargli neanche il tempo di immaginare l’ennesima fuga.

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