“La querela nasce dal livore utilizzato. Ho insegnato a mio figlio che la parola ‘bastardo’ è un’offesa. Valuteremo comunque se ritirare la querela”. Così l’avvocato Luca Libra, legale della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, poco prima dell’inizio del processo per diffamazione ai danni dello scrittore Roberto Saviano
Roma – “Io sono uno scrittore: il mio strumento è la parola. Cerco, con la parola, di persuadere, di convincere, di attivare”.
Così Roberto Saviano in una dichiarazione letta all’uscita del tribunale di Roma, subito dopo la prima udienza del processo in cui è imputato per diffamazione a Meloni. “La parola è ciò per cui io sono qui. L’accusa è quella di aver ecceduto il contenimento, il perimetro lecito, la linea sottilissima che demarca l’invettiva possibile da quella che qui viene chiamata diffamazione. Sono uno scrittore e quindi, avendo ottenuto la libertà di parola prima di qualsiasi altra, sono deciso a presidiarla. Ho sempre scelto di difendere le mie parole con il mio corpo in maniera differente rispetto a quanto fanno molti parlamentari, che hanno usato lo scudo dell’immunità quando hanno avuto bisogno di proteggersi dalla giustizia. Ho scelto di esporre il mio corpo e le mie parole negandomi la possibilità di un riparo sicuro, di rifugiarmi in una zona franca tra la legge e l’individuo: perché mi illudo ancora, forse ingenuamente, che dalla giustizia non ci si debba proteggere, ma che sia essa stessa garanzia di protezione”
La vicenda
Nel dicembre del 2020, Saviano, ospite di Piazza Pulita sula LA7, al termine di un contributo video che mostrava la disperazione di una donna che aveva perso il figlio di 6 mesi dopo un naufragio, si scagliò contro chi portava avanti le campagne anti-immigrazione, e usò l’appellativo «bastardi», riferito alla allora parlamentare di Fratelli d’Italia e allo stesso Salvini. Dal la querela di Giorgia Meloni e la richiesta di Matteo Salvini come parte lesa.
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