Resto di stucco, è un barbatrucco

Ritorno al futuro

Proprio qualche giorno fa, con gli occhi puntati su una doppia paginata de “Il Secolo XIX” mi è capitato di avere l’impressione di essere catapultato nel passato. Un balzo all’indietro di una quarantina di anni, in un percorso da “ritorno al futuro”, la famosa trilogia cinematografica ideata e sceneggiata negli anni Ottanta da Bob Gala e Robert Zemeckis, senza nemmeno l’aiuto della famosa e mitica DMC 12 DeLorean, che, nel frattempo, si è data pure una rinfrescata ed è diventata elettrica.

Anche perchè leggendo delle imprese raccontate da un terzetto di giornalisti e colleghi, che conosco bene per averli visti crescere a “Il Corriere Mercantile”, giusto per un attimo ho avuto l’impressione di essere tornato nella redazione di via Archimede 169 r., che ormai non esiste più, ma dove, non a caso, tutto, e non soltanto per me, ha avuto inizio. E, inoltre, al culmine dell’alienazione, ho iniziato a sentire prepotente una voce proveniente dal profondo che mi ha riportato ancora più indietro. Dagli anni Settanta fino al Settantaquattro e oltre. E poi giusto sul finire del millennio, precisamente nel millenovecentonovantanove, fino quasi ai giorni nostri. E, ancora venti anni dopo: addirittura nel 2019. A riprova della famosa teoria di Giovan Battista Vico dei corsi e ricorsi storici, con i necessari alti e bassi del cammino. Dal declino e dallo scadimento verso la civiltà. Con la consapevolezza, ove ve ne fosse bisogno, che nonostante tutto, vizi, virtù, ma anche personaggi e protagonisti, a volte ritornano.

E quella voce ripeteva una famosa filastrocca, quella filastrocca che ho utilizzato come titolo del mio articolo odierno. E diceva giusto, giusto…. “Barbapapà resta di stucco, è un barbatrucco”. Tormentone  risalente giusto a cinquant’anni fa e alla famiglia di fumetti inventata da Annette Tison e Talus Taylor dei Barbapapà.

Barbapapà è il nome del protagonista della serie – che dal 1976 approderà anche sugli schermi televisivi italiani con disegni animati di  Masaki Tsuji – e per estensione di tutta la famiglia di esseri a forma di pera e di diversi colori che hanno la capacità di mutare forma a piacimento. E una frase ricorrente nelle varie puntate è appunto quella pronunciata dal capofamiglia trasformista: “resta di stucco, è un barbatrucco”.

Palazzo Tursi Albini Genova

Corsi, ricorsi e concorsi

Così, in pratica, questa cosa del barbatrucco ha iniziato a frullarmi in testa alla lettura della notizia di un concorso per un posto come funzionaria dell’ufficio comunicazione dell’ex Provincia con tanto di vincitrice della selezione avviata dalla Città Metropolitana – così si chiama oggi la ex Provincia -con un avviso di 13 giorni, dal 2 al 15 ottobre, finalizzato a trovare una figura a cui assegnare un incarico a tempo determinato come funzionario nell’ufficio comunicazione. Posto regolarmente assegnato nei giorni scorsi e altrettanto regolarmente comunicato sul sito web dell’Ente in cui, fra l’altro, non si fa menzione nè del punteggio, ne’ del numero dei concorrenti che avrebbero partecipato alla selezione.

A spuntarla è stata Ilaria Minicuci, trentenne, casualmente – o forse no – figlia dell’ex segretario e direttore generale del Comune di Genova Antonino Minicuci, che attualmente ricopre l’incarico di membro dei nuclei di valutazione interni sia del Comune che della città Metropolitana.

Lui, il papà, come ogni padre che si rispetti, assicura che la figlia è brava.

Lei scrive di sé nel curriculum: “Le mie doti sono quelle di saper comunicare con il pubblico sapendo empatizzare con l’interlocutore, lavorare in team, essere un problem solver – saper utilizzare l’inglese nei curricula trovo sia fondamentale (n.d.r.) – a tutti gli effetti e mi trovo molto bene nello svolgimento di attività dirigenziali”. E poi ci sono ampie credenziali – naturalmente oltre al nome e cognome – enumerate nel suo profilo con competenze ed esperienze professionali in ambito artistico e commerciale con diploma come grafica e corso extracurriculare a Liguria Digitale proprio come grafica. Il tutto garantito da una laurea in arti multimediali dell’Accademia di belle arti di Carrara, diploma di truccatrice con tanto di attestato di tatuatore e dermopigmentista con esperienze professionali varie nel mondo del cinema e in ambito teatrale e commerciale.

A qualcuno verrà, legittimamente o forse no, da pensare: ma che c’azzecca il curriculum come truccatrice con una figura professionale che deve fare comunicazione per un ente istituzionale? Ma in realtà nell’avviso pubblicato come bando per la selezione si chiarisce, opportunamente, come “le competenze sono orientate agli aspetti umanistici e alle capacità di rappresentazione grafica e fotografica e video, anche al fine di veicolare ai cittadini comunicazioni semplici, chiare e dirette, attraverso il sito internet dell’ente”. In pratica una sorta di influencer con doti manageriali e conoscenze grafiche. Nulla di più. Tutto chiarissimo insomma, anche il basilare tirocinio extracurriculare come grafica con tanto di impiego di alcuni mesi nella direzione di Liguria Digitale.

Del resto l’incarico, pur a tempo determinato, è di tutto rispetto visto che durerà sino alla scadenza del mandato dell’attuale sindaco metropolitano. Più o meno cinque anni, tenendo conto che la rielezione di Marco Bucci risale appena al giugno scorso. A meno che prima o poi non sopravvenga una sentenza sfavorevole sulla sua presunta ineleggibilità.

Un padrino con i fiocchi

E comunque, al di là delle ragioni di opportunità, nessuno potrà mettere in dubbio che la nuova funzionaria dell’ufficio comunicazione abbia avuto in dote una progenie con i fiocchi. Tanto che proprio Antonino Minicuci, che dopo essere stato per un anno segretario generale era rimasto accanto al sindaco per un altro anno come direttore generale del Comune, pur a titolo gratuito, e attualmente continua a ricoprire la carica di presidente del nucleo di valutazione interno all’amministrazione comunale e di membro della struttura omonima della città metropolitana,  tiene ad avvertire come non ci sia discrezionalità sulla valutazione dei dirigenti dell’ente per i quali lavorerà la figlia perchè per eventuali valutazioni ci sono obbiettivi, tempi e indicatori da raggiungere.

Già, nessuna possibile discrezionalità, al contrario la certezza degli obbiettivi da raggiungere, come da tempo predica quel manager d’un Bucci. Comunque, come se non bastasse, lo stesso Minicuci esterna un appello ai giornalisti, vil razza dannata, che ipotizzavano di presunte incompatibilità: “Chiedete anche a tutti i dirigenti del Comune, circa ottanta, chi è il sottoscritto. Onestà e correttezza innanzitutto”.

E poi c’è quel filing con il sindaco Marco Bucci che in passato con i propri segretari generali, e non solo, ha avuto rapporti sofferti e non certamente idilliaci. Ma con Antonino Minicuci è diverso. Mentore di proverbi calabresi per Bucci l’ex segretario generale – sessantottenne, quasi coetaneo dello stesso Sindaco – originario di Melito di Porto Salvo, comune di diecimila anime in provincia di Reggio Calabria. “Per me è stato come un fratello maggiore”, si era lasciato andare dimostrando sollecita empatia “u scindecu cu cria” che, evidentemente, rivela qualche attrazione affettiva nei confronti del “fratello maggiore”. Un confratello che ha dimostrato un forte legame con il suo territorio natale, tanto da fondare, subito dopo aver lasciato l’incarico di segretario generale a Tursi l’associazione culturale “Tiberio Evoli – Calabresi in Liguria” con incarico presidenziale dell’associazione le cui ovvie finalità sono quelle di consolidare i legami fra Liguria e Calabria ma attiva anche per organizzare corsi di formazione per coloro che partecipano a concorsi pubblici.

Già, Tiberio Evoli, medico e politico italiano che militò nel Psi e organizzo’, agli inizi del secolo scorso, le prime lotte operaie in Calabria e, dal 1910 in poi, partecipò alla lotta contro l’analfabetismo, insieme al compagno socialista Gaetano Salvemini.

E comunque, il nostro Minicuci, non contento nel 2020, probabilmente in segno di emulazione del “fratello minore” ha provato anche la strada della politica, proponendosi come candidato sindaco della coalizione di centrodestra in quota Lega a Reggio Calabria. Ricevendo nell’occasione persino il plauso di Matteo Salvini, a sottolineare il sodalizio con Bucci e a predire il futuro come una Cassandra qualunque. “Dal ponte di Genova passerà a fare il ponte sullo stretto”. Non gli andò bene comunque, perche le Cassandre sempre Cassandre restano. Fu sconfitto al ballottaggio da parte del candidato di centrosinistra, entrando, comunque, a far parte del consiglio comunale.

Elisa Serafini

L’incredibile fiuto de”La Ludo”

E poi Genova è Genova e i genovesi sono i genovesi. E verrebbe anche da dire che…. la torta di riso è finita, con tutti gli annessi e connessi declamati da Andrea Ceccon e Enrique Balbontin. Questioni di memoria, solitamente lunga. Se poi si è stati allontanati in maniera quasi cruenta dalla giunta comunale durante il Bucci Uno e persino dopo essere stata additata come una sorta di enfant prodige giovane e di belle speranze nei panni dell’assessore al marketing territoriale, alle politiche culturali e riorganizzazione dei processi interni delle P.A.,  sembra ovvio che le vecchie ruggini stentino a scomparire.

Già, Elisa Serafini ha il dente avvelenato. Trentaquattro anni, balzata agli onori delle cronache prima come influencer, “La Ludo, la ragazza genovese”, fino a quando nel 2017, a  trent’anni ancora da compiere ha gettato la maschera per candidarsi nella lista del Sindaco. La Serafini che oggi si definisce manager, imprenditrice, giornalista e attivista e che, dopo la ”rottamazione” da parte del Sindaco, ha persino dato alle stampe un libro rancoroso in cui racconta presunte irregolarità – su cui è stata anche aperta un’indagine da parte della procura – patite da lei stessa per non aver consentito a finanziare una mostra sull’Ilva che stava a cuore a Bucci, al neo sottosegretario Rixi, al Governatore Toti, alla Curia e ai sindacati.

E insomma, la ex Ludo che un po’ quel clima lo ha respirato e se lo ricorda ancora. Se non altro per essere stata ripresa per aver sbandierato nel curriculum un titolo, quello di giornalista, di cui allora ancora non poteva fregiarsi. Perchè non l’aveva conseguito. E comunque l’ex assessore non si lascia scappare l’occasione per ricordare i fatti odierni su quel concorso con un comunicato alle redazioni dei giornali. Carta stampata e social. Fatti nudi e crudi che comunque lasciano qualche legittimo interrogativo: “A Genova viene bandito un incarico pubblico per funzionaria della comunicazione della Città Metropolitana. Vince, senza dichiarazione di punteggio, la figlia del Segretario Comunale di Genova Minicuci, dirigente nominato nel 2018 da Marco Bucci. Esperienze rilevanti della vincitrice: truccatrice, diploma di Belle Arti, commessa da Kiko e da Mac, 30 anni.

Il Secolo XIX parla di un tirocinio a Liguria Digitale (società partecipata del Comune di Genova).

Sul suo Linkedin scrive: “attualmente lavoro come make-up artist freelance”.

Fun fact: Minicuci era anche stato candidato sindaco per la Lega in Calabria”. E magari, terminati di leggere i fatti, nudi e crudi, il silenzio a seguire potrebbe dimostrarsi assordante. Questione, probabilmente, soltanto di vecchie ruggini. O forse no.

Arcangelo Merella

Quell’iniezione di sinistra

Che poi nella capitale del Maniman quello del circolo dei calabresi di Minicuci dedicato ad un socialista della prima ora Tiberio Evoli, organizzatore delle prime lotte operaie in Calabria e poi, dal 1910, convinto sostenitore della lotta all’analfabetismo insieme a Salvemini, non è altro che un deja vu. Negli anni settanta fu Gregorio “Nino” Catrambone, assessore socialista di lungo corso e vicesindaco di Claudio Burlando nel 1992, poco prima della tangentopoli genovese, a inventarsi il Coec (centro di orientamento emigrati calabresi), affidatogli da Giacomo Mancini. Gruppo molto forte quello dei calabresi a Genova, che ha sempre sostenuto, fra i socialisti negli anni Ottanta, una delle tre correnti genovesi più potenti: quella del senatore Franco Fossa, a palazzo madama ininterrottamente dal 1968 al 1983, per quattro legislature e sottosegretario ai lavori pubblici e alla presidenza del consiglio. Uscì dalla scena nazionale poco dopo essere stato travolto dallo scandalo della setta massonica della P2. Risultando iscritto e trascinando con sè anche il figlio Michele che, nonostante tutto, in seguito farà il consigliere e l’assessore regionale. Alla stessa potentissimacorrente appartenevano l’ex vicesindaco e consigliere regionale Fabio Morchio e il suo segretario, poi assessore al traffico con la giunta di Beppe Pericu, Arcangelo Merella. Lo stesso Arcangelo Merella che qualche giorno fa ha ricevuto l’incarico dal sindaco Marco Bucci per avviare il progetto per arrivare ai bus gratuiti. Sarà lui il project manager che coordinerà il tavolo sulla digitalizzazione dei flussi del traffico.

Merella, con la sua lista civica Ge9Si, nel 2017 si era presentato in opposizione al centro destra e a Bucci. Nella consultazione elettorale successiva di quest’anno aveva invece appoggiato la lista civica del sindaco. Un’ulteriore prova, quella di Bucci che, forte del secondo mandato conquistato al primo turno e con la sua maggioranza non intende lasciarsi limitare dagli alleati, pescando anche a sinistra. Attribuendo un ruolo di consigliere politico a Gianni Vassallo ex democristiano ex Margherita e poi  ex assessore con Marta Vincenzi e ultimamente anche a Stefano Bernini, ex vicesindaco della giunta Doria, eletto come consigliere del Pd nella circoscrizione Medio Ponente e figura storica della sinistra cittadina.

Bernini ha vinto un concorso con un procedimento rapidissimo. Con bando pubblicato il 5 ottobre e la commissione esaminatrice nominata il 18, che già il giorno dopo si è messa al lavoro escludendo nove delle dieci figure che si sono presentate perchè non sarebbero risultate in possesso di alcuni requisiti specifici richiesti, e fra questi compariva la pregressa esperienza specifica nella pubblica amministrazione. E proprio Bernini assicura che il suo non sarà un ruolo politico, ma amministrativo in cui occupandosi del Pnrr dovrà confrontarsi con i sindaci di centro destra e di centro sinistra degli altri comuni.

Incarico a tempo determinato da 1500 euro netti mensili che, come quello di Ilaria Minicuci, andrà a scadenza con il mandato del sindaco. Nuovo lavoro che risolve una situazione occupazionale per lo stesso Bernini, ex funzionario del Pd da qualche mese disoccupato e in Naspi.

Con reiterate polemiche in casa rossoverde e lettera al segretario provinciale del Pd Simone D’Angelo in cui si sostiene che l’incarico fiduciario a rafforzamento della segreteria di Marco Bucci crea problemi di incompatibilità con il ruolo di opposizione politica fra i banchi del municipio medio ponente. E D’Angelo nel suo ruolo non ha potuto fare a meno di rilevare che le perpleessità non sono per nulla astratte, invitando Bernini a una riflessione. Con successivo gioco e studio delle parti in cui rimane da vedere chi si muoverà per primo.

Gregorio Catrambone

Nino, l’assessore dei calabresi

Comunque Gregorio Catrambone, scomparso sette anni fa, assessore di lungo corso molto amato dall’elettorato genovese, come raccontavo giusto qualche mese fa in un mio articolo su una campagna elettorale degli anni Ottanta era un personaggio politico a tutto tondo: “Ma le ambite vette della retorica letteraria sono senza dubbio appannaggio dei sostenitori di Gregorio Catrambone, Nino per gli amici, e “Greg” per i detrattori. Puntuale è la letterina che da alcuni comuni calabresi arriva nella cassetta dei conterranei trasferitisi a Genova. È una sorta di “peccato originale” che i calabri-genovesi devono scontare ad ogni appuntamento elettorale. E il destinatario non è più il compagno, il cittadino, l’amico… ma il compaesano.

Addirittura evocative le prime righe. Le immagini che suggeriscono sono quelle dei bastimenti carichi di emigranti in viaggio verso la terra promessa. “chi ti scrive – inizia così la letterina che arriva dal comune di Crotone – è del tuo Paese. Anche tu, come tanti calabresi hai dovuto affrontare, purtroppo, la difficile strada dell’emigrazione, dei stato costretto a lasciare la Tua terra, quel sole caldo e l’aria incontaminata, per affrontare da solo un mondo fatto di tradizioni e culture non Tue. Ti sarai sentito, spesso, immerso in un mondo di solitudine e di emarginazione; in questo mare di abbandono totale Ti sarai chiesto perché. La risposta a questo perché è: dall’Unita’ d’Italia ad oggi, il Sud, il Mezzogiorno, come lo chiamano, purtroppo ha dovuto subire storiche ingiustizie sociali per scelte ben precise “. Dopo le premesse ecco comparire  il fratello più fortunato e inserito che, disinteressatamente, ha tentato di dare conforto ai conterranei. “Per cercare di alleviare, almeno in parte, tali ingiustizie – prosegue la lettera – il nostro compaesano Avv. Gregorio Catrambone, ha costituito in Liguria, da oltre venti anni il COEC (Centro Orientamento Emigrati Calabresi con sede a Genova, Largo Archimede 1/12 sc.A) dedicandovi tanta parte della sua vita per aiutare, consigliare, indirizzare quanti, sradicati dalla loro terra ai rivolgono a lui. L’avvocato Gregorio Catrambone, un vero galantuomo, è un calabrese serio e preparato che, assessore nel Comune di Genova da oltre 10 anni, con grande prestigio e dignità rappresenta nell’ambito del Psi i calabresi emigrati in Liguria”.

’ovvia conclusione della missiva è la richiesta di voto andata sui presupposti della fiducia etnica. Una richiesta di “solidarietà” che porta la firma dell’allora sindaco di Crotone Visconte Frontera, del presidente della giunta regionale calabra Giuseppe Principe, dei deputati Mario Casalinuovo e Giacomo Mancini e dei senatori Giuseppe Petronio e Sisino Zito. Tutti probabilmente speravano in un calabrese in più a Roma per rinforzare l’asse calabro- ligure.

Ma, ironia del destino, la “cartolina precetto” finì anche nella cassetta della posta di un “carneade” calabrese; Innocenzo Pettinato, originario proprio di Crotone e bellicoso candidato di Democrazia Proletaria alla Camera che, senza pensarci su “sputtano’” Catrambone e gli estensori della lettera inviandola ai giornali. Domandò fra l’altro proprio all’aspirante parlamentare di condannare pubblicamente quel modo offensivo di chiedere il voto e la preferenza. Una condanna che, a quanto è dato di sapere, non venne mai a purgare questi errori ed orrori della “Prima Repubblica”. E a questo punto per Catrambone detto Nino ma che di nome faceva Gregorio come un suo omonimo calabrese illustre, quel Fogliani che ha percorso in lungo e in largo tutta le scena imprenditoriale genovese con il suo Qui Group prima di essere nominato supersaggio da Bucci, fallire e sparire dalla scena, mi sembra essere tutto.

Certo, altri tempi che talvolta, come i programmi televisivi di successo, ritornano, Barbatrucco compreso. Nostalgia d’antan.

Quelle consulenze sospette al Carlo Felice

Che poi i filoni sono più o meno gli stessi. Solo che se non c’è un esposto preciso o un ricorso la magistratura solitamente non interviene. Un caso fra tutti quello dell’ineleggibilità del sindaco. Mentre attendendo la sentenza Bucci ha gia messo le mani avanti minacciando una volta di più di non ripresentarsi allo scopo di mettere i giudici in evidente difficoltà. Il clima del resto è questo. E Bucci evidentemente è innervosito per il tempo che fra interrogatori e quant’altro è costretto a passare al cospetto dei magistrati a palazzo di giuistizia. Altro filone di inchiesta in cui si è ritrovato coinvolto proprio Bucci in veste di presidente del consiglio di indirizzo riguarda l’inchiesta giudiziaria aperta dopo un esposto depositato dal collegio dei revisori dei conti del teatro Carlo Felice.

E riguarda quattro consulenze affidate. Di queste tre sono legate all’organizzazione del Premio Paganini  del 2023 affidate  ad altrettanti ex collaboratori  di Fabiana Dadone, esponente dei Cinque Stelle, due volte ministra delle politiche giovanili prima nel Governo Conte II e poi in quello Draghi. La quarta riguarda un affidamento al baritono Pier Luigi Dilingite nel campo dei “progetti speciali internazionali”. Dilingite legato in qualche modo ad Alberto Bonisoli, titolare del dicastero della cultura durante il Conte I, anche lui rappresentante pentastellatro. Con cifre oscillanti dai 40 ai 60 mila euro per ogni biennio.

Poi ci sono state la crisi di governo e le ultime elezioni, con cambio di maggioranza e un dicastero nientepopodimeno che al merito e all’istruzione e qualche cosa nel collegio dei revisori dei conti deve esssersi mosso.

Memento audere semper

Che poi la locuzione in lingua latina coniata da Gabriele D’Annunzio e adottata come motto militaresco dalla X Mas costituirebbe un’accoppiata perfetta con quel Barbatrucco dei Barbapapà. Come dire ad maiora…. ricordate di provarci sempre con quel babatrucco. Insomma osate, osate magari correte anche il rischio. Un incitamento ad osare e al rischio. Nulla di nuovo per il nostro paese tutto. Però, in un contesto così deteriorato, a lasciarci le penne è stato il povero comico capitolino che ha provato a scusarsi raccontando qualche fregnaccia. Prima di tutto di avere una collezione di t-schirt, poi giustificandosi con il fatto di non avere affatto quelle posizioni politiche, anche se qualcuno ha pensato che l’indossare quella maglietta, anche se solo nei salottini prova, potesse essere il goffo tentativo di ingraziarsi qualcuno in loco. Goffo, perchè ve lo vedete voi l’irridente Rugantino al servizio del potente di turno. Insomma di lui chi si fiderebbe?

Epperò la rete, a conferma della sua futilità, ha avuto un sussulto veramente antifascista. Attacca dritto per dritto il mio amico Gianni Crivello, ex capo dell’opposizione a palazzo Tursi. Lapidando l’anziano attore: “ Enrico Montesano e la X Mas! Durante le prove di “ballando con le stelle” indossava la maglia  dei fascisti della Repubblica di Salò. La X Mas. Si è scusato…. Sono un collezionista ne ho molte altre….

La RAI lo espelle.

E vorrei vedere che non l’avesse fatto. Qualche anno  fa, riusciva a fare sorridere, da un po’ di tempo a questa parte fa solo piangere”. Con tanto di notizia proveniente proprio dalla Rai mentre qualcuno inizia a chiedersi come mai all’interno dell’organizzazione nessuno ha detto al povero Montesano che. stava indossando una maglietta improbabile per le immagini televisive. Dice il dispaccio d’agenzia: “Per accertare i vari passaggi della vicenda sul caso Montesano-Ballando con le stelle, a quanto risulta all’ANSA, la Rai ha gia’ avviato un’istruttoria interna per accertare i vari passaggi della vicenda”.

La controindignazione di Mentana

Ecco, ci sarebbe da organizzare un altro tribunale. Mentre quello popolare prende d’assalto la rete. Qualcuno getta lì che con un altro governo non ci sarebbe stato nessun sussulto. Altri – potevano mancare? – gridano al complotto.

La platea si divide, persino Enrico Mentana su La7 prende posizione contro la Rai, un po’ ragionando un po’ per concorrenza di rete.

“Non amo l’indignazione a scoppio ritardato. ieri sera, quando le immagini delle prove con la famigerata maglietta sono state trasmesse nessuno si è accorto di  niente. Nessuno”.

Poi c’è la mia amica  social Barbara Barattani che dissente  rispetto a tanta indignazione che trasuda via social: “E comunque era D’Annunzio…ma, a parte la triste parabola post armistizio,  davvero pensiamo che la democrazia sia in pericolo per una maglietta? Allora crediamo poco nei valori con cui siamo cresciuti…oltretutto,  perdonatemi, ma davvero non capisco…è una trasmissione registrata,  si vede che la maglietta potrebbe creare un caso spiacevole,  la si fa cambiare e si continua a registrare…o forse è opportuno creare il caso…Montesano poi, sarebbe un testimonial credibilissimo, una vera minaccia al nostro sistema democratico…e invece quel motto racchiude tutto il mondo dannunziano,  ma a scuola gli insegnanti intelligenti lo insegnano e io, fortunatamente, ne ebbi una davvero bravissima,  grazie prof Cosmelli, per avermi fornito i mezzi per capire che una maglietta resta  per fortuna,  solo una maglietta…”.

E mentre qualcuno si arrovella su possibili complotti e controcomplotti Walter Massa, segretario regionale dell’Arci, prova a mettere la parola fine alla vicenda. Anche quella un volgare barbatrucco tanto per distogliere almeno un po’ l’attenzionemediatica. Ricordandoci che ogni tanto prima di reagire occorre ragionare, magari venendo persino in possesso delle opportune informazioni. Perciò Massa posta uno scritto che  provvede a tracciare un ritratto proprio dell’interprete di Rugantino, con curriculum di tutto rispetto: “Negli anni ’70 aderisce al Psi e, in occasione delle elezioni regionali del 1975, realizza un disco propagandistico in cui invita a votare per i socialisti.

Nel 1993 si candida al consiglio comunale di Roma con il PDS. Sempre nelle liste del PDS viene eletto europarlamentare nel 1994. Si dimette dalla carica nel 1996.

Nel 2008 annuncia il suo sostegno alla candidatura di Gianni Alemanno a sindaco di Roma.

Successivamente simpatizza per il neonato Movimento 5 Stelle.

Nel 2020 partecipa alle contestazioni contro il 5G, per poi aderire a posizioni negazioniste in tema covid, partecipando a battaglie no mask e no vax.

Adesso è stato cacciato da Ballando con le stelle per aver indossato una maglietta della X Mas.

Il problema di Montesano non è che è fascista.

Il punto è che è l’emblema dell’eterno trasformismo che si annida nel profondo dell’anima dell’italiano medio, e che lo porta a saltare da un carro all’altro a seconda della moda, della convenienza o della ricerca spasmodica di visibilità” grazie Francesco Calè

E adesso smettiamola di discutere di cazzate. Grazie”.

Motociclisti e imprenditori con medaglia al valore

Eggià e comunque, quisquilie o pinzillacchere… o meno, mi permetto di svelare anche io un mio piccolo barbatrucco ricordando che fra qualche indignazione, poi rapidamente sopita, il nuovo porticciolo di Nervi è stato intitolato a Luigi Ferraro medaglia d’oro al valor militare come palombaro nella X Mas, e poi illuminato imprenditore della subacquea. Mentre in Carignano c’è sempre quella discutibile statua intitolata a Giorgio Parodi, ritratto in divisa della regia aviazione, ma ricordato come fondatore della Moto Guzzi. Lo stesso Giorgio Parodi che nei panni di aviatore combattè durante la Guerra d’Etiopia e la seconda guerra mondiale venendo decorato con cinque medaglie d’argento e una di bronzo al valor militare.

E insomma, dopo qualche giorno anche in questo caso l’indignazione in rete si è sopita. Dipende dalle narrazioni e dal pesce che abbocca o meno al barbatrucco dei Barbapapà. Fra corsi e ricorsi storici, salti e cadute verso il raggiungimento della civiltà. Rincorrendo o ritornando dal futuro. Proprio come sosteneva filosoficamente Giovan Battista Vico.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.