L’economia sommersa e le infiltrazioni criminali, la filiera agroalimentare tra sfruttamento, caporalato ed ecoreati
L’occupazione agricola in Italia si contraddistingue per la prevalenza di rapporti di lavoro instabili, di breve durata e caratterizzati da una accentuata stagionalità. In questo contesto emergono soprattutto le condizioni di lavoro dei migranti che per le loro condizioni di particolare fragilità e vulnerabilità costituiscono un appetibile bacino di utenza.
Una cospicua parte di questo bacino di manodopera risulta ingaggiata irregolarmente, attraverso il cosiddetto “sistema del caporalato”, espressione con la quale si fa riferimento all’intermediazione, il reclutamento e l’organizzazione illegale della manodopera nonché allo sfruttamento lavorativo prevalentemente in agricoltura.
Ma il mondo dello sfruttamento si adegua ai tempi e alla necessità di sfuggire ai controlli.L’appalto e il sub appalto illecito, sapientemente orchestrati da “colletti bianchi” senza scrupoli, con girandole di pseudo imprese, spesso false cooperative, ma anche Srl farlocche quasi sempre intestate a compiacenti prestanomi, rappresentano l’evoluzione dell’intermediazione illecita di manodopera, che può essere definita “nuovo caporalato” o “caporalato industriale”.
Ad evidenziarlo è Matteo Bellegoni, dell’Osservatorio Placido Rizzotto, nella conferenza stampa di anticipazione del VI Rapporto agromafie e caporalato di FlaiCgil, con approfondimenti territoriali in Friuli-Venezia Giulia, nel Veneto e con il caso Italpizza con un focus sul distretto della lavorazione delle carni modenese.
Un’evoluzione diventata un modello d’organizzazione del lavoro per imprese senza scrupoli che, pur di essere più competitive e di aumentare le proprie marginalità, calpestano contratti di lavoro, la dignità delle persone e leggi dello Stato. Un “modello” che non interessa solo le imprese dell’agroalimentare, ma che parte dai campi e arriva fino agli ospedali, passando dai macelli. Il sistema degli appalti e dei sub appalti, infatti, consente a committenti spregiudicati di avvalersi di manodopera a costi bassissimi, in alcuni casi oltre il 40%, con improprie applicazioni contrattuali (logistica e multiservizi per lavorazioni del processo produttivo dell’industria alimentare), con orari e ritmi di lavoro pesantissimi, ma che genera anche imponenti evasioni da parte delle pseudo imprese appaltatrici che non saldano i propri debiti con lo Stato (Iva, Irap, contributi Inps) o con le banche (per gli anticipi fatture che non vengono negati quando c’e’ una facoltosa e sicura committenza).
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