Ma non tutte le famiglie erano d’accordo perchè consideravano il giudice troppo vicino ai Piromalli
Reggio Calabria – Si è concluso dopo circa tre ore di dibattimento dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria l’interrogatorio del collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese, ex picciotto onorato della ndrangheta di Rizziconi, nella Piana di Gioia Tauro. Il Procuratore generale, Giuseppe Lombardo, ha posto numerose domande al pentito sulle dinamiche criminali delle grandi famiglie di ndrangheta del versante tirrenico del Reggino: i Piromalli, gli Alvaro, i Pesce, i Mancuso, gli Avignone, i Longo, i Rugolo, i Mammoliti, i Crea, impegnati negli anni ’70 in sanguinose faide che hanno lasciato sul terreno decine di morti ammazzati, anche fuori Calabria.
Le mani della ‘ndrangheta sulle regionali in Calabria
In particolare, Girolamo Bruzzese ha raccontato del forte interesse della ‘ndrangheta reggina nell’appoggiare alle elezioni regionali del 2000, l’ex Procuratore generale di Reggio Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, candidato da Forza Italia e dal centrodestra alla carica di presidente della Regione, che fu eletto, superando per poche migliaia di voti il rappresentante del centrosinistra, l’ex direttore del Tg1, Nuccio Fava.
Bruzzese, inoltre, ha anche raccontato della riluttanza del capo cosca della ndrangheta di Rizziconi, Teodoro Crea, a sostenere l’ex magistrato “non tanto perchè giudice, ma perchè troppo vicino ai Piromalli di Gioia Tauro”.
Il pentito, rispondendo alle domande ha anche raccontato che alcuni ristoranti e alberghi del Vibonese, come ad esempio l’ex Hotel 501 e il Sayonara, fossero di fatto a disposizione della ‘ndrangheta, che li utilizzava per riunirsi “senza essere registrati, oppure per far celebrare i matrimoni tra i rampolli delle più importanti famiglie della ndrangheta calabrese”.
Il processo proseguirà il prossimo 13 dicembre, con il contro esame delle difese degli imputati, tra cui il capo mandamento di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e l’ex capo bastone di Melicucco, Rocco Santo Filippone, condannati in primo grado all’ergastolo per il duplice omicidio dei carabinieri Vincenzo Garofalo e Antonino Fava, trucidati il 18 gennaio del 1994 mentre pattugliavano il tratto autostradale tra Palmi e Scilla, episodio che gli investigatori collocano all’interno del mosaico più vasto dell’attacco delle mafie allo Stato per ottenere un allentamento della pressione investigativa dopo le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
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