‘Ndrangheta in Lombardia, un fenomeno diffuso e radicato

Un sistema mafioso che tiene sotto scacco politica e affari, noto da anni e socialmente accettato

Milano – Cosimo Maiolo era a capo della locale di ‘ndrangheta di Pioltello. Come si legge nell’ordinanza, “nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, impartendo direttive alle quali tutti gli associati dovevano attenersi; intrattiene rapporti con esponenti politici locali”.

“In particolare:intratteneva rapporti con i soggetti apicali delle locali di ‘ndranghéta di Corsico/Buccinsaco, Lecco, Seregno, Milano, esercitava un penetrante controllo sul territorio di Pioltello, sul quale rivendicava un’indiscussa autorità derivante dalla propria appartenenza alla ‘ndranghéta, gode di una fama criminale in grado di essere considerato un punto di riferimento per la risoluzione, con metodi mafiosi, di ogni genere di controversia.

Le pressioni per pilotare il voto

Sempre nell’ordinanza si legge che Maiolo “ha fatto pressioni sulla comunità straniera di Pioltello affinchè la stessa, in occasione delle elezioni amministrative del 2021, votasse a favore dei candidati Marcello Menni  e Claudio Fina”.

Alcuni capi di imputazioni sono realtivi agli artt 110, 416 bis. 1 c.p., 87 DPR 570/1960 “perchè, in concorso tra loro e con Fina Claudio e Menni Marcello, Maiolo Cosimo sfruttando la propria fama di soggetto apicale in seno alla locale di Pioltello, organizzando un banchetto elettorale a favore del candidato sindaco Claudio Fina e dell’aspirante assessore aU’urbanistica Menni Marcello presso la pescheria gestita dal figlio Maiolo Omar, facendo in maniera palese campagna elettorale a favore di Fina e Menni nonché invitando la comunità straniera presente a Pioltello (e in particolare albanesi e pakistani ) a votare per Fina e Menni, manifestavano pubblicamente il sostegno della ‘ndrangheta a favore dei due candidati, in tal modo facendo pressione affinchè gli elettori votassero Fina e Menni.

Interferenze anche nelle elezioni di Rivolta d’Adda

Ma Cosimo Maiolo, si legge sempre nell’ordinanza, ha parlato anche delle elezioni di Rivolta d’Adda, comune in provincia di Cremona, dove ha, presumibilmente, sostenuto la candidatura di Giovanni Sgroi (non indagato), che ha poi effettivamente vinto le elezioni per il centrodestraì

Maiolo  si sarebbe “vantato di aver conosciuto Sgroi attraverso “un amico”( Pasquale Toscano), aggiungendo che” il candidato sindaco nel comune del Cremonese si sarebbe “recato più volte a casa sua per chiedere sostegno alla sua campagna elettorale. In tono scherzoso ha aggiunto di aver chiesto a Sgroi cosa avrebbe fatto in caso di vittoria alle elezioni” e questi gli avrebbe “ironicamente” risposto che gli “avrebbe affidato (…) l’incarico di recupero crediti per conto del comune, dimostrando quindi di conoscere perfettamente i trascorsi criminali” del boss.

Maiolo, il 4 ottobre 2021, parlando al telefono con Luca Del Monaco, suo braccio destro, racconta che “Sgroi, mi è venuto a trovare tre quattro volte…” e l’altro replica “vuoi sapere il motivo perche’?”. E Maiolo ridendo: ” Oh dico, ma se sali qua che fai?.  Eh che faccio…a te ti metto al recupero crediti”.

La linea di continuità con il processo «crimine infinito»

Il passaggio in giudicato della sentenza “Crimine-Infinito” consente di affermare che la ‘ndrangheta in Lombardia è organizzata in una pluralità di “locali” che fanno riferimento a un organismo di coordinamento, denominato “La Lombardia”.
È già stata giudiziariamente accertata la presenza di 16 “locali” di ‘ndrangheta: Bollate, Cormano, Milano, Pavia, Corsico, Mariano Comense, Seregno, Desio, Rho, Pioltello, Legnano, Erba, Bresso, Limbiate, Ganzo e Solaro. L’organizzazione è quindi radicata nel territorio lombardo e ne costituisce una presenza stabile e costante.

Cosa è la “Lombardia”

L’esistenza di un organismo di coordinamento tra i locali lombardi, denominato appunto “La Lombardia”, era emersa già negli anni Novanta nel procedimento “Nord-Sud” della DDA milanese, basato sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Saverio Morabito e che costituisce il capostipite dei procedimenti successivamente promossi dalla stessa DDA negli anni Duemila.

Era poi emerso, in particolare da indagini condotte dalla DDA di Reggio Calabria, l’insorgere di una lunga conflittualità tra “La Lombardia” e la casa madre reggina, poiché gli esponenti di vertice delle cosche calabresi si sono rifiutati per lungo tempo di riconoscere alle doti (cioè i riconoscimenti, i gradi) di cui venivano insigniti gli affiliati lombardi un valore identico a quello delle doti degli affiliati delle locali originarie. Del resto, i locali calabresi hanno sempre esercitato un loro potere di ingerenza sulle vicende lombarde. La conflittualità si protrasse fino al 2008 quando venne assassinato il reggente de “La Lombardia”, Carmelo Novella, il quale voleva che i locali lombardi godessero di una forte autonomia, a cui la “Provincia” reggina si opponeva decisamente.

La sentenza Infinito

Si legge nella sentenza “Infinito” Che Carmelo Novella, reggente de “La Lombardia” dall’agosto del 2007, tentava di tirare le fila delle locali di ‘ndrangheta presenti, prospettando ai rispettivi capi l’ambizioso progetto di rendere le locali lombarde autonome rispetto a quelle calabresi di riferimento e, al tempo stesso, di renderle dipendenti da “La Lombardia” e dal suo capo, cioè da sé stesso. Un disegno che si prospettava rivoluzionario perché faceva venir meno «uno dei cardini su cui si fonda il sistema ‘ndrangheta, vale a dire la “sovranità” della singola locale, tra l’altro recidendo il cordone ombelicale tra la madrepatria calabrese e le sue affiliazioni al nord.

L’omicidio di Carmelo Novella

Era ovvio che un progetto siffatto trovasse «l’opposizione della “madrepatria”, dei capi lombardi con più stretti legami con il paese d’origine e degli “anziani”, cioè degli ‘ndranghetisti di lungo corso. E la conseguenza di tutto ciò fu che il 14 luglio 2008 Carmelo Novella venne ucciso da due killer a volto scoperto presso un bar di San Vittore Olona.

Dopo l’omicidio, la “Provincia calabrese” riprende il controllo della “Lombardia” adottando una soluzione di transizione che, nelle intercettazioni, viene definita “camera di passaggio” e viene prospettata come una specie di unità di crisi, che ha il compito di prendere tempo “fino a che gli animi non siano pacificati e le aspirazioni dei singoli raffreddate, e di traghettare l’organizzazione lombarda fuori dall’emergenza”.

Il summit della ‘ndrangheta presso il centro per anziani “Falcone e Borsellino” 

Poco più di um anno dopo, il 31 ottobre 2009, si svolge un importante summit presso il centro per anziani “Falcone e Borsellino” di Pademo Dugnano, al quale partecipano i più importanti esponenti della ‘ndrangheta in Lombardia. Nel summit, che viene ripreso interamente dalla polizia giudiziaria con intercettazioni ambientali e videoriprese, si decide “la sospensione per un anno, tanto in Lombardia che in Calabria, della concessione di nuove doti” e si delibera che sia riconosciuta “la necessità, comunque, della approvazione calabrese per le nuove doti e cariche”.

Viene inoltre nominato Pasquale Zappia Mastro Generale per “La Lombardia”, con l’incarico «di tenere i rapporti e contatti con la Calabria.

La sentenza “Infinito” precisa che dal summit è emersa la seguente organizzazione:

«Una struttura sovraordinata, denominata Crìmine e altre volte Provìncia, tre strutture calabresi (Ionica, Tirrenica e Reggio Calabria) e altre strutture regionali presenti al nord tra cui “La Lombardia”.

In ogni provincia lombarda sono poi presenti le varie locali che, come hanno dimostrato le investigazioni, presentano una omogeneità geografica, nel senso che gli appartenenti alla locale provengono da una medesima realtà territoriale calabrese. Tale principio di tendenziale omogeneità geografica comporta poi che le singole locali lombarde abbiano rapporti in qualche modo privilegiati con le locali calabresi da cui provengono gli associati.

Dalla sentenza Infinito emerge anche, la locale di Pioltello, di cui ha accertato le seguenti caratteristiche:

“La locale di Pioltello è costituita da soggetti originari di Caulonia; ha una struttura familiare in quanto vi fanno parte i membri delle famiglie Manno e Maiolo, legate tra loro da vincoli parentali.

Nasce ufficialmente il 1° marzo 2008 per volere di Carmelo Novella. La decisione di creare un “nuovo locale” con a capo Alessandro Manno è parte di un disegno che prevede l’egemonizzazione della “Lombardia” mettendo fuori gioco boss come Pietro e Francesco Lanetta o Cosimo Barranca. L’apertura della locale di Pioltello si celebra presso il ristorante la Cadrega.

Il ruolo della famiglia Maiolo

Con la sentenza Infinito sono già stati condannati in via definitiva, per quanto strettamente riguarda il clan Maiolo, gli odierni indagati Antonio Maiolo, Cosimo Maiolo e Salvatore Maiolo. L’indagine odierna sembra costituire, in sostanza, una sorta di continuazione della precedente su una scala più ridotta, concentrandosi in particolare sui tre indagati sopra citati, già condarmati in via definitiva per lo stesso reato. Tornati in libertà, hanno ripreso la medesima la loro attività criminale  coinvolgendo altri appartenenti alla famiglia.

Un così forte radicamento di queste  famiglie mafiose  sul territorio è possibile solo attraverso l’accettazione sociale

Un così forte radicamento di queste  famiglie mafiose  sul territorio è possibile solo attraverso un’accettazione sociale che permette loro di operare apertamente e di intrattenere rapposti con la politica per fare affari e vincere appalti. Anche se Ivonne Cosciotti, confermata sindaco di Pioltello con il 57,97% dei voti alle scorse elezioni, ha dichiarato che: “Da una parte sappiamo che la ‘ndrangheta ha infiltrazioni in Lombardia anche nell’amministrazione pubblica ma leggere che nella mia città si sia consumato questo reato, se sarà accertato dalla magistratura, mi lascia particolarmente amareggiata”. La ‘ndrangheta è a Pioltello da oltre 10 anni.

f.p.

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.