Bertagnini: “C’è profonda delusione e amarezza, perché dal governo ci saremmo aspettati maggiore comprensione verso la nostra categoria”
Genova – «Profondamente delusi» dall’incontro con il Governo, i benzinai confermano lo sciopero del 25 e 26 gennaio contro il decreto Trasparenza che, nonostante l’apprezzato tentativo di mediazione del Ministro Urso, conferma il contestato obbligo di cartellonistica annunciato nella prima versione. Nella conferenza stampa congiunta convocata stamani, a Roma, i rappresentanti nazionali di Faib Confesercenti, Fegica e Figisc hanno dunque confermato la mobilitazione della prossima settimana, pur rendendosi disponibili «fino all’ultimo minuto» a «trovare una quadra».
«C’è profonda delusione e amarezza, perché dal governo ci saremmo aspettati maggiore comprensione verso la nostra categoria», commenta Fabio Bertagnini, presidente di Faib Confesercenti Liguria, direttamente da Roma dove ha partecipato alla conferenza stampa nazionale. «I benzinai non hanno certo la facoltà di decidere il prezzo alla pompa ma, anzi, sono sottoposti alla costante pressione delle compagnie proprietarie degli impianti. Non sarà certo l’obbligo di esporre l’ennesimo ed ulteriore cartello a risolvere il problema, perché la speculazione sui prezzi non dipende dal singolo gestore.
Anzi: poiché il nostro margine è fisso, a noi se mai converrebbe tenere i prezzi più bassi possibile, dal momento che nelle nostre tasche restano circa 3,5 centesimi di euro ogni litro erogato, sia che la benzina costi un euro, sia che ne costi due o tre».
«Capite bene – prosegue Bertagnini – che, se questa è la situazione, esporre il prezzo medio giornaliero non giova in alcun modo agli automobilisti, e per noi gestori comporta solo un ulteriore aggravio burocratico, esponendoci al rischio di sanzioni pesantissime e al rischio di chiusura temporanea dell’impianto. Oltretutto sono le compagnie petrolifere a doverci fornire la cartellonistica ma, se non lo fanno, in base al decreto siamo noi a risponderne davanti alla legge. I benzinai non sono altro che operai che lavorano sulla strada, individuati come capri espiatori da una classe politica arrivata al governo con la promessa di smantellare le accise e che ora scarica ogni responsabilità sull’anello debole della catena, mettendo a rischio il già precario sostentamento economico di 15-20mila famiglie in Italia».
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