La maggioranza degli elettori in Gran Bretagna ritiene che la Brexit abbia causato più problemi di quanti ne abbia risolti e i due terzi dei britannici ora vorrebbero un nuovo referendum
Londra – A tre anni dalla ratifica dell’accordo di recesso del Regno Unito dall’Unione Europea, ormai gli scettici della Brexit superano le cheerleader anche tra gli elettori Tory, i conservatori che più di tutti hanno soffiato sul vento separatista.
Lo dicono gli ultimi sondaggi.
A disorientare i britannici sono le cifre negative di Pil e investimenti – ridotti rispettivamente del 5,5% e dell’11% dopo la Brexit -, il crollo dell’export e i numeri delle aziende che hanno chiuso i battenti. A questo si aggiunge una crisi pesante del mercato del lavoro: con la fine della libera circolazione sono circa 330.000 i lavoratori europei che mancano all’appello.
E pensare che la libera circolazione dei cittadini dell’Ue è stata al centro della campagna per l’uscita dall’Unione e proprio la preoccupazione per l’elevata immigrazione dall’Europa è una delle ragioni principali per cui i sostenitori del divorzio britannico hanno vinto il referendum del giugno 2016.
I primi impatti del sistema di immigrazione post-Brexit sul mercato del lavoro del Regno Unito
Per ovviare all’imprevisto, il governo britannico ha anche promulgato un nuovo regolamento dell’immigrazione, relativamente liberale, in sostituzione di quelle che erano le previsioni dell’Ue per gli stati membri. Tuttavia, all’indomani della pandemia e con la grande carenza di manodopera nel settore sanitario e sociale, dei trasporti e dell’ospitalità, i conti non tornano e sono in molti a sostenere che sia stata la fine della libera circolazione a contribuire alla carenza di manodopera e a un’inflazione che ha toccato il 9,5%.
La Gran Bretagna, in effetti, è l’unico membro del G7 il cui tasso di occupazione nel terzo trimestre del 2022 era inferiore al livello pre-pandemia.
Nel Regno ci sono oltre 500.000 persone economicamente inattive in più rispetto a prima del Covid, perché sono andate in pensione anticipatamente o perché non possono lavorare a causa di malattia o disabilità. Molti cittadini stranieri se ne sono andati. Il numero degli arrivi è esiguo.
Facendo due conti sui dati misurati dall’indagine annuale sulla popolazione, a giugno 2022 si registrava una carenza significativa di lavoratori di origine Ue, circa 460.000, in parte ma non del tutto compensata da un aumento di circa 130.000 lavoratori non comunitari, con una perdita netta – circa 330.000 – dell’1% della forza lavoro.
Eppure l’Office for National Statistics stima che l’anno scorso, almeno fino a giugno 2022, l’immigrazione netta sia stata di 504.000 persone. Numeri che hanno spinto il Premier conservatore, Rishi Sunak, a impegnarsi a ridurne ancora il numero.
Un modo per rinviare l’uscita allo scoperto sulla Brexit e perseverare nella linea del “don’t ask, don’t tell”?
Cosa dicono i sondaggi
Secondo il sondaggio di Opinium commissionato da “Best for Britain” a dicembre 2022, il 57% dei britannici è convinto che la Brexit abbia causato più problemi di quanti ne abbia risolti, a differenza del 10% che dice il contrario. Il 22% è neutrale, e ritiene che l’uscita dall’Ue non abbia né creato né risolto problemi, mentre un altro 11% semplicemente non lo sa.
È chiaro da queste cifre che il popolo britannico non ritiene che la Brexit sia stata un successo.
Se guardiamo a come si sentono gli elettori rispetto ai partiti di appartenenza, si vede che l’opinione della maggioranza secondo cui la Brexit ha creato più problemi è condivisa dagli elettori laburisti, liberaldemocratici e Verdi, mentre gli elettori conservatori e riformatori del Regno Unito sembrano essere in conflitto sulla questione. È la prima volta, infatti, che i conservatori scettici sono in numero maggiore rispetto a quelli pronti a difendere la Brexit.
Tra chi afferma che alle prossime elezioni voterebbe i laburisti, più del doppio (il 44% contro il 19%) sostengono che Keir Starmer – leader del Partito laburista britannico e probabile futuro primo ministro – ha torto a escludere che il Regno Unito possa “rientrare dalla finestra” firmando un’unione doganale con l’UE.
Infine, tra chi ha affermato di ritenere che la Brexit ha causato più problemi di quanti ne abbia risolti, il sondaggio ne ha indagato le ragioni. Ogni intervistato ha potuto scegliere fino a tre risposte.
Ecco quali sono state le più frequenti: la Brexit ha reso più costose l’importazione e l’esportazione di beni e servizi (50%), ha peggiorato la carenza di manodopera nel Regno Unito (39%), ha reso più difficile e costoso viaggiare e lavorare all’estero (26%), non ha ridotto l’immigrazione nel Regno Unito (26%), ha causato problemi con il confine in Irlanda del Nord (26%).
Su questi risultati ci mette il carico l’indagine di Savanta per Independent secondo cui i due terzi dei britannici oggi sostengono un nuovo referendum sul rientro nell’Ue e il 54% ritiene che la Brexit sia stata la decisione sbagliata. Lo scorso anno, nel primo anniversario dell’uscita della Gran Bretagna, gli scettici erano il 46%.
Inflazione, crisi e Brexit: il 43% delle famiglie andrà sotto la soglia di povertà entro il 2024
Il Regno Unito arriverà alle prossime elezioni del 2025 con quasi la metà delle famiglie (il 43%) troppo povere per permettersi un livello di vita decente.
Lo scrive il Guardian che riporta uno studio del think tank New Economics Foundation (Nef) secondo cui 30,6 milioni di persone non potranno permettersi l’essenziale, come mettere il cibo in tavola. E si parla di 12,5 milioni di famiglie, circa quattro su 10. Il dato è in crescita di 12 punti (pari a 8,9 milioni di persone in 3,6 milioni di famiglie) rispetto alle ultime elezioni del dicembre 2019, giusto prima della pandemia e dell’avvio della Brexit, il 31 gennaio 2020, quando è entrato in vigore l’accordo di recesso.
Di più. Nel 2022 sono state 1,9 milioni le richieste di pasti gratis a scuola, vale a dire che il 22% delle famiglie ha chiesto di accedere al sussidio, contro il 15% del 2019. Un dato che sale alle stelle alla periferia di Manchester, dove addirittura il 40% dei bambini ha diritto a mangiare gratis a scuola.
Secondo l’associazione Children’s Society, oggi sono 4,3 milioni i bambini poveri oltremanica: 3 su 10. Affamati e malvestiti, sono oggetto di bullismo perché indossano divise scolastiche vecchie e logore.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.