I pizzini di Matteo Messina Denaro: così il boss dava ordini alla sorella Rosalia

Nelle perquisizioni degli investigatori non sono stati trovati solo manifesti di film o stupidi slogan

Trapani – “La richiesta del Pubblico Ministero sopra ripmiata delinea, a parere di questo Giudice per le Indagini Preliminari, un quadro indiziario a carico dell’odierna indagata di estrema gravità e, comunque, sicuramente idoneo ad integrare le condizioni di applicabilità della chiesta misura cautelare…”

Inizia così la valutazione degli elementi indiziari per la richiestac di arresto  di Rosalia Messina Denaro, che, giusto per completezza di cronaca, è la madre dell’avvocato del boss di Castelvetrano, Lorenza Guttaduro.

Nell’ordinanza emessa dal giudice Alfredo Montalto spiccano aluni particolari interessanti che rendono un po’ più leggibile il quadro generale che ha permesso all’ex superlatitante di stare per 30 anni fuori dal carcere. Per prima cosa bisogna specificare che Rosalia Messina Denaro è indagata per “il delitto di cui all’art. 416 bis commi II, III, IV, VI c.p., per avere, unitamente a numerosissimi altri associati per i quali si è proceduto e si procede separatamente, fatto parte dell’associazione mafiosa Cosa nostra”.

Il vincolo mafioso

Il vincolo mafioso ha permesso alla famiglia Denaro di commettere reati contro il patrimonio, delitti, e ha permesso il controllo delle attività economiche “di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri, per intervenire sulle istituzioni e la pubblica amministrazione.

La sorella del boss gestiva la cassa

Rosalia gestiva anche “la cassa” che ha permesso al fratello di continuare a comandare e alla famiglia mafiosa di continuare a delinquere e fare affari. Il sistema di ocmunicazione, già peraltro collaudato, era quello dei pizzini “utilizzati dal medesimo latitante, da numerosi altri sodali e dai suoi familiari per scambiarsi comunicazioni scritte su questioni economiche e strategiche relative alla vita associativa”.

All’interno dell’abitazione di Messina Denaro, a Campobello di Mazara, sono stati trovati “e sequestrati numerosi scritti e “pizzini” utilizzati dal latitante per mantenere i contatti con i sodali e tra questi anche alcuni “pizzini” che, unitamente ad altre precedenti acquisizioni probatorie anche documentali, hanno consentito di delineare il ruolo centrale svolto nel sistema delle comunicazioni del latitante dalla sorella Messina Denaro Rosalia”.

Per capire come gli investigatori siano arrivati all’arresto del boss presso la clinica “La Maddalena” di Palermo il 16 gennaio scorso, bisogna sapere che  nel corso dell’intero 2022, dal complesso delle attività d’intercettazione svolte sul contesto familiare del latitante erano emerse diverse indicazioni secondo le quali Messina Denaro potesse soffrire di una violenta riacutizzazione di alcune malattie croniche che interessavano il colon. Il che, naturalmente, aveva indirizzato le indagini nel possibile contesto sanitario al quale il latitante avesse potuto eventualmente rivolgersi.

Matteo Messina Denaro alias Andrea Bonafede

Ma l’indicazione fondamentale circa l’iter sanitario seguito il latitante, che utilizzava l’identità di Andrea Bonafede, è arrivata grazie alle microspie e telecamente installate dal ROS all’interno dell’abitazione di Castelvetrano di Rosalia Messina Denaro. I carabinieri hanno trovato, all’interno di una gamba cava di una sedia di alluminio in cui cercavano di inserire una microspia, un appunto confuso ma che i militari decisero comunque di fotografare.

Proprio partendo dalle indicazioni sulla patologia e dalle date in cui l’ammalato aveva subito più interventi chirurgici, la polizia giudiziaria, attraverso accertamenti prima presso il Ministero della Salute e poi su banche dati sanitarie nazionali arrivava all’identificazione di un uomo adulto di età prossima a quella del latitante che si era sottoposto a quegli interventi con l’identità di Andrea Bonafede. Il passo successivo è stato l’arresto del superlatitante il 16 gennaio 2023.

I pizzini nelle gambe di tavoli e sedie

Durante la perquisizione all’interno dell’abitazione di Rosalia Messina Denaro, il pizzino fu recuperato esattamente nella stessa intercapedine dove la polizia giudiziaria il 6 dicembre precedente aveva provato a installare una microspia autoalimentata, cioè nella stessa gamba vuota della sedia ove era stato visto e fotografato quel giorno.

Nell’ambito delle perquisizioni avvenute dopo la cattura del boss MessinaDenaro, in casa della sorella Rosalia, “occultati nelle gambe in metallo dell’asse da stiro, anch’esse cave al pari di quelle della sedia posta nella stessa stanza) venivano rinvenuti e sequestrati due foglietti, sempre redatti da Rosalia, nei quali la donna aveva annotato, oltre al saldo provvisorio della cassa e alle solite uscite (ben 12.400 euro mensili), anche alcune entrate pari a «2.500» in una occasione e a «4.500» in un’altra, denaro consegnatole da un soggetto il cui nome in codice era «Malato», senza alcuna ulteriore indicazione circa le ragione della contribuzione, se cioè riferibile a una estorsione o una elargizione di costui quale sodale o vicino all’associazione mafiosa”.

Il ruolo centrale di Rosalia Messina Denaro

Rosalia Messina Denaro ha avuto un ruolo fondamentale e strutturato nello snodo delle comunicazioni e nella gestione degli affari di famiglia nel gestire la cassa e annotare il flusso del denaro. La sua figura è centrale sia per i messaggi con i quali il latitante direttamente le impartiva istruzioni, sia nel far pervenire i messaggi ad altri soggetti le direttive provenienti dal vertice dell’associazione mafiosa e, non soltanto di perpetuare la sua quasi trentennale latitanza, ma soprattutto di continuare a dirigere l’associazione mafiosa, per la cui sopravvivenza è assolutamente essenziale la comunicazione tra gli apparteneti alla cosca.

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta