“La disuguaglianza di genere è essenzialmente una questione di potere, in un mondo e in una cultura dominati dagli uomini. Queste relazioni di potere devono essere invertite. Non possiamo riemergere dalla pandemia con un orologio che va all’indietro sulla questione dell’uguaglianza di genere. Dobbiamo rimetterne le lancette in avanti sui diritti delle donne”.
Antonio Guterres (Segretario Generale ONU, per la Giornata Internazionale delle donne 2022)
Genova – Tutte le dichiarazioni per la giornata di oggi vanno nella stessa direzione, coinvolgere tutti i settori della società perché si affermi un’autentica parità di genere, prevenire e combattere ogni forma di violenza contro le donne, riconoscere il ruolo multiplo delle donne che spesso sono madri, mogli e lavoratrici. Il problema è che domani è il 9 marzo, e i molti buoni propositi cadranno nel dimenticatoio.
Nell’ambito della violenza sulle donne, al netto dei buoni propositi, le cose sono peggiorate. La violenza di genere è un fenomeno complesso, che ha radici culturali antiche, che richiede una strategia e un impegno dove alla responsabilità delle forze di polizia si affianca l’impegno della magistratura, il lavoro di tutte le istituzioni pubbliche e delle associazioni nella tutela delle vittime, il coinvolgimento delle agenzie educative, prima fra tutte la famiglia e la scuola.
Al riguardo, l’andamento generale dei reati commessi nelle annualità 2019 – 2022 si rileva che, per gli atti persecutori e i maltrattamenti contro familiari e conviventi, dopo un trend in progressivo e costante incremento, nel 2022 questi reati sono i leggero decremento. Diversamente dalle violenze sessuali che a fronte di un decremento nel 2020, caratterizzato dalle restrizioni Covid, rispetto all’anno precedente, mostrano un incremento nel biennio successivo.
L’incidenza delle donne sul totale delle vittime si mantiene pressoché costante, attestandosi intorno al 75% per gli atti persecutori, tra l’81 e l’83% per i maltrattamenti contro familiari e conviventi e con valori che oscillano tra il 91 e il 93% per le violenze sessuali.
Da evidenziare come, nel quadriennio, anche l’azione di contrasto ai reati spia abbia fatto registrare un tendenziale incremento dei presunti autori noti, del 10% per gli atti persecutori e del 12% per i maltrattamenti contro familiari e conviventi e per le violenze sessuali.
Procedendo ad un approfondimento sulle vittime, nel 2022 continuano, in linea con il passato, a risultare predominanti quelle di genere femminile (74%). Di queste, il 96% sono maggiorenni e l’88% è di nazionalità italiana.
Nel 2021, nel caso dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, si rileva un trend crescente dei reati commessi, che invece decrescono nel 2022. Per questo reato, dopo un decremento nel 2021 (71% di reati scoperti), nel 2022 c’è stato un incremento della percentuale dei delitti scoperti, che si attesta al 77%. Le vittime di genere femminile, che si attestano all’81%, sono per il 93% maggiorenni e il 76% è di nazionalità italiana.
Un trend in evidente crescita si registra per la violenza sessuale. Dal 2020, anno nel quale si è registrato il dato minore (4.497), l’incremento è stato significativo e si è attestato, nel 2022, a 5.991 crimini. Nell’ultimo anno resta invece sostanzialmente stabile l’efficacia dell’azione investigativa, con una percentuale di casi scoperti che si attesta al 61% (+4% sul 2021). L’esame delle vittime evidenzia che quelle di genere femminile continuano a risultare predominanti, con il 91%, di queste il 71% sono maggiorenni e il 79% di nazionalità italiana.
L’efficacia del “Codice Rosso”
Il provvedimento ha introdotto importanti novità al codice penale e al codice di procedura penale. L’intervento normativo è stato finalizzato da un lato al rafforzamento del sistema di tutela preventiva delle vittime, anche accelerando l’avvio dei procedimenti giudiziari e, dall’altro, a ridefinire l’azione punitiva, prevedendo nuove fattispecie di reato, nuove circostanze aggravanti e innalzando i limiti edittali di reati già esistenti.
Analizzando quindi le segnalazioni a carico dei presunti autori noti dei reati di specie, la successiva tabella evidenzia un incremento dell’azione di contrasto per tutte le fattispecie sino al 2021, con un leggero decremento, nel 2022, sia per la costrizione o induzione al matrimonio (-14%) che per la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (-22%), che è, almeno in parte, coerente con la decrescita della specifica delittuosità.
Non solo violenza fisica
In Italia 3 donne su 10 non sono titolari di conto corrente bancario e 4 donne su 10 dipendono economicamente dal marito. Questo porta alla violenza economica: una forma di violenza domestica in cui un partner utilizza il controllo finanziario come mezzo per mantenere il potere e il controllo sulla sua partner, rendendo molto difficile l’individuazione di una via di uscita da relazioni in cui i maltrattamenti sono all’ordine del giorno.
Una donna su cinque tra, i 18 e i 49, anni non lavora più dopo la nascita di un figlio, quasi il 20% del totale delle donne lavoratrici. Molte lasciano il lavoro, circa il 50%, perché non riescono a conciliare lavoro e cura dei figli, ma a molte altre, il 29% non vien rinnovato il contratto di lavoro, o peggio vengono licenziate. Questo in estrema sintesi è url risultato del Rapporto Plus 2022 Inapp “Comprendere la complessità del lavoro”, che ha estratto i dati da un’indagine effettuata su un campione di 45.000 persone dai 18 ai 74 anni.
Lavoro e maternità
Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp ha voluto sottolineare che “in Italia la maternità continua a rappresentare una causa strutturale di caduta della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Il Paese non può più sopportare, oltre alla “fuga di cervelli”, anche questa altra forma di dispersione del capitale umano legata alla mancata valorizzazione e sostegno dell’occupazione femminile. Nei nuclei familiari composti da un solo genitore, evidenzia lo studio, sono più elevate le quote di uscita dall’occupazione dopo la maternità: 23% contro 18% tra le coppie. Nelle coppie invece è maggiore la permanenza delle donne nella non occupazione: 32% contro il 20% tra i monogenitori”.
I servizi per la prima infanzia
Nel rapporto si legge che “la scarsità di servizi per la prima infanzia è confermata dalla percentuale di genitori occupati che dichiara di non aver mandato i propri figli in età compresa tra 0 e 36 mesi all’asilo nido (56%). Tra coloro che invece mandano i figli al nido, poco meno della metà (48%) ha usufruito del servizio pubblico mentre una quota pari al 40% ha utilizzato un asilo nido privato e al crescere del reddito disponibile aumenta il ricorso ai servizi di asilo nido privati”.
Comunque sia, buona festa della Donna.
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