I nove indagati, alcuni dei quali già gravati da diversi precedenti penali e condanne per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, sono in attesa dell’interrogatorio di garanzia davanti al GIP
Torino – All’alba di oggi, a Ivrea, Chivasso e Vibo Valentia, i militari del Comando Provinciale Carabinieri di Torino hanno tratto in arresto 9 soggetti colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Torino su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ritenuti gravemente indiziati a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, nonché truffa aggravata, estorsione, ricettazione, usura, violenza privata e detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo mafioso.
Indagini iniziate 8 anni fa
L’indagine, partita nel 2015 ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’operatività di una locale della ‘ndrangheta, operante sul territorio di Ivrea e zone limitrofe, caratterizzata dalla presenza di soggetti ritenuti appartenenti alla cosca degli Alvaro “carni i cani” di Sinopoli, dediti a estorsione, truffa e usura, il cui esponente di spicco del sodalizio sarebbe stato individuato in Domenico Alvaro, già condannato per associazione di tipo mafioso.
Traffico di droga e usura
Le investigazioni hanno avuto inizio nel mese di novembre del 2015 da una costola delle indagini “CARNI I CANI”e “BIG BANG” con l’obiettivo di analizzare i contatti tra il clan Crea e Domenico Alvaro che si sarebbe occupato di un vasto traffico di sostanze stupefacenti su scala internazionale con base in Torino, ma anche alla commissione di vari reati contro il patrimonio sul territorio italiano ed estero.
Oltre al reato di associazione mafiosa, gli investigatori hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza su truffe commesse ai danni di imprenditori operanti nella provincia di Torino, accreditandosi come appartenenti “alle famiglie” e proponendo alle vittime, alcune delle quali in difficoltà economica, la possibilità di acquistare ingenti somme di denaro “sporco” ma corrispondendo in cambio somme di denaro significativamente inferiori.
Gli appartenenti alla cosca, forti della loro nota appartenenza a famiglie malavitose, avrebbero anche costretto un imprenditore edile in difficoltà economiche ad effettuare dei lavori presso l’abitazione di uno degli indagati senza corrispondere alcun prezzo, per poi indurlo ad accettare un prestito a tasso usuraio.
I nove indagati, alcuni dei quali già gravati da diversi precedenti penali e condanne per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, sono in attesa dell’interrogatorio di garanzia davanti al GIP
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