Leader mondiali nel controllo dei flussi della droga, le famiglie della ‘ndrangheta della Locride scalano i vertici del narcotraffico perché si dimostrano affidabili e puntuali nei pagamenti con i cartelli
“I soliti nomi e cognomi”, dice ironicamente un investigatore, ormai noti da generazioni.
Un potere criminale nato nel cuore dell’Aspromonte, irrobustitosi finanziariamente con i sequestri di persona degli anni ’70 e ’80, che terrorizzarono il nord e i possidenti locali. Parte da lì, dalla grande disponibilità di capitali liquidi, la strada della ‘ndrangheta verso la conquista del primato nel traffico internazionale di cocaina in Italia e in Europa.
Leader mondiali nel controllo dei flussi della droga, le famiglie della ‘ndrangheta della Locride scalano i vertici del narcotraffico perché si dimostrano affidabili e puntuali nei pagamenti con i cartelli colombiani e, successivamente, con peruviani, boliviani e messicani. Tanto che solo gli ‘ndranghetusi non devono lasciare il cosiddetto “pegno umano” a garanzia del pagamento dei carichi che partono dal Sudamerica.
I soliti nomi e cognomi, dicevamo, che da San Luca, Africo e Platì, hanno risalito la penisola, e sempre più su, hanno installato le locali di ‘ndrangheta in numerose città dell’opulenta Germania: in Baviera, Renania-Palatinato, Nord Reno-Westfalia, Turingia, Saarland, riciclando enormi capitali nel food, nelle imprese artigianali e commerciali.
La cocaina arriva nel cuore dell’Europa – come conferma l’operazione Eureka, scattata questa mattina – attraverso i porti di Gioia Tauro, Rotterdam e Anversa, dove la ‘ndrangheta aspromontana jonica può contare su complicità diffuse nel momento in cui bisogna esfiltrare dai container i carichi in arrivo dal centro America a bordo delle navi container.
Un flusso continuo, nonostante i frequenti sequestri e i successi investigativi, dietro cui operavano sempre i soliti nomi e cognomi, non più massari poveri o operai forestali, ma figli che hanno studiato all’estero, abituati a viaggiare, a esprimersi in molte lingue,con la nomea della solvibilità nei confronti dei produttori di cocaina. Mai uno sgarro con i grossisti, come è avvenuto invece per i cugini di Cosa nostra, e anche quando il carico viene perso per le operazioni di polizia, si dividono i costi finanziari dell’insuccesso.
Un meccanismo solido che non ha mai smesso di funzionare, come scrivono gli investigatori, neppure durante la pandemia da Covid.
I Pelle-Vottari, i Nirta-Strangio, le famiglie di San Luca in Aspromonte coinvolte nella Strage di Duisburg e i loro complici, continuano dunque, nonostante i duri colpi dello Stato, a tenere vivi i loro traffici criminali: stupefacenti, armi, infiltrazioni nella pubblica amministrazione (sanità, appalti e voto di scambio) e riciclaggio. Con loro, esponenti e gregari di altre famiglie della ‘ndrangheta della provincia jonica reggina, come gli Aquino, i Belcastro, i Callipari, i Catananti, i Giampaolo, i Giorgi, i Mammoliti, i Nesci, i Condoluci, i Romeo, i Bruzzaniti, i Morabito. Ognuno con un ruolo rigidamente assegnato da svolgere nel complesso sistema delle reti criminali, locali e internazionali, dove la ‘ndrangheta fa da padrona.
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