Performance positive nell’export, logistica, capitale umano e sostenibilità ambientale. Ancora criticità nelle procedure per fare impresa e negli adempimenti fiscali. Per gli esperti internazionali la crescita italiana è frenata dai ritardi di attuazione del Pnrr
Milano – Italia nella top ten degli investitori esteri. Per il secondo anno consecutivo l’Italia è nella top ten, con il nono posto, nella graduatoria del Super Index Aibe, che misura l’attrattività dei Paesi del G20 per gli investitori internazionali. Rispetto allo scorso anno migliora il punteggio complessivo (55,2 punti su 100 rispetto ai 38,8 dell’anno precedente), superiore al punteggio medio (51,2), ma al di sotto dei Paesi con le migliori performance: Germania, Corea del Sud, Canada e Regno Unito.
Il livello di attrattività dell’Italia può contare sulle performance positive nell’export, il5° posto tra i Paesi del G20, nel capitale umano disponibile, 8° posto, nella logistica, 7° posto e nella sostenibilità ambientale, 5° post,. Al contrario, il Super Index segnala ancora criticità per quanto riguarda l’adeguatezza delle procedure per «fare impresa» e negli adempimenti fiscali. Infine, non si registrano miglioramenti nella percezione della corruzione, nei processi di digitalizzazione, nello stato di diritto: in questi ambiti l’Italia si colloca al 9° posto. È quanto emerge dall’«Osservatorio sull’attrattività dell’Italia presso gli investitori esteri» realizzato dal Censis per Aibe ,Associazione Italiana delle Banche Estere, a partire dalle opinioni di un panel di esperti internazionali composti da istituzioni e società finanziarie, aziende multinazionali, strutture di consulenza professionale, stampa economica estera.
Che cosa frena la crescita globale
Le stime del Fondo monetario internazionale sulla crescita globale per il 2023 hanno registrato tra gennaio e aprile una revisione al ribasso di un decimo di punto, passando dal 2,9% di inizio anno al 2,8% attuale. Anche per il 2024 la correzione è di un decimo di punto: +3,0% in aprile contro il +3,1% di gennaio. Le opinioni raccolte presso il panel Aibe nel mese di aprile di quest’anno sui fattori che condizionano maggiormente la crescita convergono su due aspetti: la politica dei tassi d’interesse eccessivamente restrittiva adottata dalla Fed e dalla Bce, e la durata per tutto l’anno in corso di un’alta inflazione. Meno rilevante, secondo il panel, il prolungamento della guerra in Ucraina, nei confronti della quale sembrerebbe che gli effetti dirompenti emersi all’inizio del conflitto siano stati in parte riassorbiti. Stessa valutazione sulle tensioni geopolitiche in corso e su una possibile escalation della «guerra fredda» – commerciale e non solo – tra Stati Uniti e Cina.
Che cosa frena la crescita in Italia
Per la maggioranza del panel di esperti internazionali, il fattore che oggi condiziona maggiormente la crescita in Italia è costituito dai ritardi di attuazione del Pnrr. Un altro fattore critico è individuato nell’eccesso di indebitamento pubblico dovuto alle misure di contenimento dei prezzi dei prodotti energetici e alle politiche di stimolo dell’attività economica varate nei mesi scorsi. Segue l’incertezza politica che indebolisce l’azione del Governo in campo economico e nelle riforme, oltre alla debolezza della domanda interna. Le risposte del panel portano ancora una volta a sottolineare come le cause del basso potenziale di crescita per l’Italia siano da ricercare all’interno del Paese e da attribuire alla scarsa capacità di sfruttare opportunità uniche come le ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione europea per risollevare i sistemi economici e sociali europei dalla grave crisi prodotta dalla pandemia.
Che cosa disincentiva gli investimenti esteri
L’Italia occupa il 17° posto in graduatoria per quanto riguarda la quota percentuale dei flussi di investimenti esteri in entrata rispetto al Pil. Secondo le opinioni del panel di esperti internazionali, la performance non pienamente positiva del nostro Paese dipende dalle caratteristiche del sistema produttivo italiano, fortemente incentrato sulla piccola dimensione d’impresa, che non favorisce l’ingresso di capitali dall’estero. Tra le altre cause viene citata la ridotta capacità competitiva del settore terziario, soprattutto se confrontato con il comparto manifatturiero, che invece è riconosciuto come una eccellenza dell’Italia, in grado di garantire un ritorno positivo degli investimenti. La metà degli intervistati non vede nell’attuale normativa nazionale sulle delocalizzazioni un fattore disincentivante per gli investimenti esteri.
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