Oggi in aula la testimonianza di Danilo Coppe, l’esplosivista che si occupò della demolizione dei resti del viadotto Polcevera nel giugno 2019
Genova – Il Ponte Morandi Autostrade voleva demolirlo già nel 2003 a causa dei costi troppo elevati per la sua manutenzione. Per questo Aspi contattò Danilo Coppe, esperto di esplosivi che poi, in seguito al crollo, si occupò delle operazioni di brillamento dei monconi del viadotto, a giugno 2019.
“Mi dissero che ne avrebbero costruito un altro. Poi la demolizione non si fece perché ritenuta troppo complessa” ha spiegato oggi in aula. “Mi contattarono da Roma per sapere il costo, dicevano che la manutenzione costava troppo e ne sarebbe stato costruito uno più a monte, verso Bolzaneto, non so se si riferissero alla Gronda. Ma l’operazione fu ritenuta evidentemente troppo complessa e costosa e non se ne fece nulla. Poi nel 2018 mi hanno chiamato per abbattere i resti”.
A contattare Coppe 15 anni prima del disastro fu Spea, la società che si occupava delle manutenzioni e che poi è finita sotto indagine.
Lo studio di fattibilità fu realizzato con un sopralluogo in auto sul ponte, ma soprattutto “con uno studio di quello che stava sotto e che prevedeva che gli edifici di via Porro fossero abbattuti, mentre sopra la ferrovia avevamo previsto lo smontaggio dell’impalcato, con la posa di ghiaia e macerie per proteggerla”.
Coppe ha aggiunto di non essersi occupato dello stato di salute del ponte: “Io sono un ‘bombarolo etico’, nel senso che mi occupo di demolizioni che mi vengono commissionate e non mi interessa sapere in che condizioni è una struttura, io devo solo buttarla giù”. La demolizione sarebbe costata “una barcata di soldi” e da Aspi o Spea Coppe non ebbe più notizie.
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