Summit anti G7 di Xi’an, il presidente Xi punta alla pax cinese

Mentre a Hiroshima si riunisce il Gruppo dei Sette, il presidente incita i leader di cinque repubbliche ex sovietiche e li mette in guardia dalle interferenza di forze esterne che “istigano rivoluzioni colorate”

Pechino – Xi Jinping ha invitato la Cina e l’Asia Centrale a utilizzare tutto il loro potenziale nella cooperazione commerciale, economica e infrastrutturale. Parlando nel primo summit di Xi’an tra la Cina e cinque repubbliche ex sovietiche – Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan -, in una sorta di summit anti G7, il presidente cinese ha detto che tutte le parti devono “liberare completamente il potenziale della cooperazione tradizionale in economia, commercio, capacità industriale, energia e trasporti”.

Xi ha inoltre sottolineato la necessità di sviluppare “nuovi motori di crescita”, citando tra le opzioni possibili “la finanza, l’agricoltura, la riduzione della povertà, le basse emissioni di carbonio, la salute e l’innovazione digitale”.
La Cina e i Paesi dell’Asia centrale “dovrebbero approfondire la fiducia reciproca e strategica, offrire sempre un sostegno chiaro e forte l’uno all’altro su questioni di interesse fondamentale” e lavorare per “sostenere un’amicizia eterna”. Una sorta di pax cinese, insomma.

La Cina accoglie con favore “la partecipazione dei Paesi dell’Asia centrale a speciali piani di cooperazione nell’ambito della Belt and Road Initiative, comprese le tecnologie di sviluppo sostenibile, l’innovazione e l’imprenditorialità e la tecnologia spaziale”, ha affermato Xi, per il quale c’è la necessità di espandere la cooperazione in materia di sicurezza su quelli che Pechino usa sintetizzare e definire come i “tre mali” della regione: separatismo, terrorismo ed estremismo.

I sei Paesi dovrebbero “opporsi risolutamente all’interferenza esterna negli affari interni dei Paesi regionali e ai tentativi di istigare rivoluzioni colorate”, ha continuato Xi, ricorrendo alla tradizionale citazione dei disordini negli ex Stati sovietici che Mosca e altri sostengono siano sostenuti dall’Occidente.

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