Dopo la tragedia di Avellino, nel 2013, Aspi introdusse il rischio catastrofale nel Catalogo dei rischi. Il Morandi veniva indicato “a rischio crollo per ritardate manutenzioni”
Genova – “Dopo la tragedia di Avellino – avvenuta il 28 luglio 2013, e che costò la vita a 40 persone – ci fu l’input dell’ingegnere Castellucci di fare una mappatura di tutti i ‘cigni neri’ e cioè i rischi anche improbabili della rete autostradale”.
È questo il motivo per cui, nel 2013, venne introdotta nel catalogo dei rischi la cosiddetta “ipotesi catastrofale”. In queste carte il ponte Morandi veniva indicato “a rischio crollo per ritardate manutenzioni”.
A raccontarlo in aula, al processo per il crollo del viadotto Polcevera, è Alessandro Loconsole, in Aspi dal 2008 al 2015, ingegnere che lavorò al Comitato controllo rischi di Atlantia, sentito oggi insieme al suo superiore, il risk manager Roberto Salvi.
Alle riunioni preliminari per la redazione del catalogo “Castellucci era sempre presente, leggeva tutti i documenti, chiedeva modifiche o approfondimenti. Aveva un modo di fare diretto, pesante, faceva sfuriate se c’era qualcosa che non andava bene, era difficile avere un contraddittorio”, ha detto Loconsole.
“Con Castellucci non era possibile interloquire – ha rimarcato Salvi -, non mi potevo permettere di dire che non ero d’accordo. Nel 2015 ci fu una riunione, non fu gradita una nuova metodologia da me ideata che avrebbe dettagliato i motivi di rischio, Castellucci fu molto duro, per lui venivano fuori troppi rischi, emergeva troppa quantità, poteva spaventare il lettore”.
Il Polcevera, sempre secondo quanto raccontato in aula da Loconsole, era un viadotto “particolare, andava manutenuto in modo particolare e l’unico modo per farlo crollare era ritardare le manutenzioni”.
Il pm ha chiesto poi al testimone perché la dicitura, indicata proprio per il Morandi, “rischio crollo per ritardare manutenzioni” ad un certo punto sparisce e diventa solo “rischio crollo”. “Perché parlare solo di ritardi delle manutenzioni – ha detto Loconsole – escludeva altre tipologie di eventi che potevano fare crollare il viadotto”.
Salvi ha spiegato che chiese a Di Taddeo (uno dei 58 imputati) quale opera potesse avere un evento catastrofale. “Mi disse che l’unica opera era il Morandi, perché insisteva sulla ferrovia e sulle case ed era un’opera degli anni ’60, che aveva avuto interventi in passato e che c’era in programma un progetto di rafforzamento da far partire alla fine del 2018. Non mi disse che c’era un’emergenza”.
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