Nessun erede politico in grado di prendere il suo posto e Forza Italia con 90 milioni di euro di debiti
In principio fu la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, il 26 gennaio 1994. Da quel momento la comunicazione politica ha subito un cambiamento radicale adattandosi alle mutazioni di una società plasmata da oltre un decennio di televisione commerciale o Neo Tv, come la battezzò Umberto Eco, in contrapposizione alla paleoTV e forse, aggiungiamo noi, alla paleo politica.
Berlusconi entra nelle case degli italiani
Berlusconi entra nelle case degli italiani con un inconsueto, per l’epoca, messaggio televisivo dove vengono esaltate le sue doti di “uomo che si è fatto da solo”, di grande imprenditore preciso e scrupoloso, che raggiunto l’apice delle soddisfazioni professionali ed economiche, dichiara di risollevare le sorti del Paese dedicando tutto sé stesso al bene dell’Italia grazie anche al suo incondizionato amore per la libertà e la sua avversità al comunismo.
“L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà”.
“È così ricco che non ha bisogno di rubare”
Non è un politico professionista che parla, ma un amico che ce l’ha fatta, un padre di famiglia, come suggerisce la mise en place del suo studio di Arcore durante il suo discorso del 1994, che vuole essere un esempio per tutti . Uno già molto ricco, pieno di idee e capacità imprenditoriali, a cui si possono affidare le proprie risorse perché, come dicevano molti elettori all’epoca, “è così ricco che non ha bisogno di rubare”.
E sono queste doti di cittadino e imprenditore, lontano dai politica della casta, appena travolta e affondata dall’inchiesta “Mani Pulite”, che gli consentono di convincere molti italiani di essere il l’unica alternativa valida a un sistema di governo fallimentare che ha impoverito l’Italia riempiendosi le tasche con tangenti e affari sporchi. Ma è anche un imprenditore che viene preso come esempio dalla piccola e media impresa, da sempre soffocata dalle elenfatiache e mal gestite aziende statali.
Il linguaggio del Cavaliere e le parole chiave
Silvio Berlusconi concentra il suo ingresso in politica sulle strategie linguistiche, focalizza la sua comunicazione su una forte personalizzazione delle soluzioni per uscire dal baratro, e su un lessico che lo accompagnerà per tutta la sua carriera, lunga quasi 30 anni, nei palazzi del potere.
Nel videomessaggio elettorale che annuncia la nascita di “Forza Italia” si possono estrapolare le parole chiave che apriranno il cuore di moltissismi italiani.
Alcune, pronunciate con la giusta enfasi e pause, sono “dovere civile”, “fiducia”, “speranza”, “libertà, “alternativa”, “individuo”, “famiglia”, “mercato libero”, “impresa”, “sviluppo”.
E non vengono pronunciate dal solito politico che promette e non mantiene, ma dal re della televisione privata che ha dimostrato il suo valore sul campo.
“Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative e innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato”.
Berlusconi è un leader, e non un primus inter pares
Berlusconi è un leader, e non un primus inter pares, e nel suo programma è ben evidente il suo ruolo di capo carismatico, che vuole essere ricosciuto come tale, all’interno e all’esterno del partito, magari sommerso dagli applausi dei suoi elettori che piangono lacrime di commozione, mentre cantano “Silvio c’è”.
La potenza delle metafore
Berlusconi sa di aver bisogno di una base solida e molto allargata per poter competere contro una classe politica fatta di abili oratori e con una cultura non comune, che aveva partecipato a momenti importanti della vita italiana e certamente era cresciuta nelle scuole di politica che, al netto delle amicizie e dei favori, operavano una puntuale selezione degli onorevoli e dei burocrati in base alle capacità.
Nella prima fase della sua ascesa politica, Berlusconi non lascia nulla al caso, non si abbandona a frasi e discorsi “a braccio”, tiene a freno la sua irruenza verbale, è misurato, utilizza con sapienza le metafore, non come ornamento ma come strumento per descrivere la sua idea di società
Ma se già decidere di “scendere in campo” è un’evidente metafora, il Cavaliere alza l’asticella nel novembre del 2004 quando, parlando del suo primo mandato da Primo Ministro, diceva: “Sono l’unto del signore, c’è qualcosa di divino nell’essere scelto dalla gente”.
L’opposizione è il male
E per rimanere in ambito divino, diciassette anni più tardi – al suo quarto mandato – sconfitto dalla sinistra alle amministrative di maggio, dice: “Vi pentirete […] pregate il buon Dio che non vi succeda nulla di male […] ora che gli altri hanno vinto”. Per il Cavaliere l’opposizione è quindi il contrario di Dio, è il male.
Di certo una delle metafore più ricorrenti di Berlusconi è riservata ai magistrati. Il 9 marzo 2003 dichiara: “Il sistema giudiziario è un cancro che non può più essere tollerato a lungo, deve essere estirpato.
Nel gennaio del 2011, dopo che la Corte Costituzionale ebbe dichiarato incostituzionale il legittimo impedimento, il Cavaliere dichiarò alla stampa tedesca: “Ne ho parlato anche con Angela Merkel, la patologia per la nostra Democrazia è la presenza di un ordine giudiziario che si è trasformato in un potere giudiziario […]”.
Dalla prima discesa in campo, il Cavaliere si è sistematicamente impegnato per avere una legge che garantisse l’immunità alle quattro più alte cariche dello Stato.
L’immunità
E in parte c’è anche riuscito in tre occasioni. Nel caso Mills, che lo vedeva accusato di corruzione in atti giudiziari. Secondo la procura infatti Berlusconi avrebbe fatto avere all’avvocato 600 mila dollari perchè testimoniasse il falso in due processi, alla fine degli anni Novanta, quello per tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian.
Poi nel processo per la compravendita dei diritti televisivi e in ultimo, quello per “diffamazione aggravata dall’uso del mezzo televisivo” dove Berlusconi aveva avanzato l’ipotesi che le cooperative rosse prendessero finanziamenti dalla camorra.
È ampia la letteratura che si dedica alle metafore del Cavaliere e alla costruzione del nemico, quella sinistra che negli anni viene in demonizzata sistematicamente con frasi come “[…] è indispensabile che al cartello delle sinistre si opponga un polo delle libertà […]”, oppure, “le nostre sinistre pretendono di essere cambiate, dicono di essere diventate liberaldemocratiche, ma non è vero!”.
Berlusconi non vuole essere solo l’alternativa politica alle sinistra e ai comunisti, ma pretende il ruolo di “miracolo italiano” rifacendosi a un periodo di grande fervore economico e sociale, il secondo dopoguerra, in contrapposizione ai nemici politici che vogliono trasformare l’Italia in una piazza urlante, che grida, che inveisce, che condanna.
Lui è la “svolta”
“La storia d’Italia, la nostra storia è a una svolta! Da imprenditore, da cittadino, e ora da cittadino che scende in campo, senza nessuna timidezza, ma con la determinazione e la serenità che la vita mi ha insegnato vi dico che è possibile farla finita con una politica di chiacchiere incomprensibili, di stupide baruffe e di politicanti senza mestiere […] vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme, per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano!”
L’imprenditore milanese si presentava come il nuovo, il modello di successo che si opponeva alle sinistre che avevano, nell’immaginario collettivo, ancora posizioni politiche vicine al demone del comunismo russo, deflagrato pochi anni prima, ma soprattutto voleva occupare uno spazio lasciato vuoto dal pentapartito e che valeva circa 8 milioni di voti.
Le tecniche di marketing aziendale portate in politica
La “discesa in campo” non fu casuale, e le strategie furono preparate da uno staff di esperti e consulenti della holding Fininvest, di cui Berlusconi era ed è stato azionista di maggioranza fino al passaggio di proprietà ai figli.
“Per poter compiere questa nuova scelta di vita, ho rassegnato oggi stesso le mie dimissioni da ogni carica sociale nel gruppo che ho fondato. Rinuncio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza”.
Il leader politico che si fondeva con l’imprenditore fu plasmato applicando alle strategie politiche quelle aziendali, e la miscela risultò vincente.
Erano strategie nuove, aggressive, convincenti, palpabili, parlavano di successo, di denaro, di benessere. Forza Italia divenne un partito importante in poche settimane anche grazie a una propaganda serrata che riusciva a galvanizzare gli elettori trasportandoli in una dimensione dove il successo, la speranza e l’orgoglio, si fondevano in un vettore comunicativo che portava a manifestazioni di affetto collettivo nei confronti del Cavaliere
La Fininvest nei primi anni Novanta era un’azienda di capacità finanziarie illimitate ed era composta da vari gruppi aziendali che operavano in differenti settori del mercato, dalla finanza al mondo assicurativo, dall’editoria al campo delle telecomunicazioni.
La “famiglia Fininvest”
Ma la vera forza della “famiglia Fininvest” era la sottocultura aziendale concentrata sulla crescita della figura del capo carismatico fondatore.
Quando Berlusconi entra in politica non lo fa solo esponendo al pubblico la famiglia ma anche il suo corpo. Precursore della politica di oggi che si snoda sempre di più sui social e sempre meno nelle sedi istituzionali, il Cavaliere diventa uno strumento di marketing politico con la sua attenzione maniacale per l’aspetto esteriore e nella cura personale, combatte l’età con la chirurgia plastica e la calvizie con i trapianti. Ostenta un machismo che negli ultimi anni lo porterà a occupare un ruolo discutibile per un personaggio pubblico.
Lo strumento preferito dell’imprenditore di Arcore per comunicare con il suo elettorato è la televisione, gradisce poco gli strumenti di democrazia diretta, come elezioni e referendum, ma quando succede riesce sempre a trasformare una consultazione in una competizione dove è protagonista. Berlusconi vince, Berlusconi perde. Berlusconi è sempre al centro della scena.
Tanto da non far capire più dove finisce l’uomo politico, dove inizia l’imprenditore, l’editore o l’uomo più ricco d’Italia, lo statista che incontra i capi di stato o il privato cittadino che organizza cene e feste, ma anche “l’amico” che nel 2003 incontra il presidente russo Vladimir Putin nella villa di Porto Rotondo in Sardegna e nel 2004 accoglie Tony Blair con la moglie Cherie con tanto di bandana.
Cosa lascia in eredità Berlusconi
A parte un patrimonio da circa 7,1 miliardi di dollari, a noi interessa fare una riflessione sull’eredità politica e sulle conseguenze di quasi 30 anni da leader politico che non ha voluto, o non ha trovato, un erede per la guida di Forza italia. Il partito del Cavaliere non ha mai fatto un congresso, d’altronde chi avrebbe avuto il coraggio di spodestare il padre-padrone-creatore del sogno liberista italiano?
Poi ci sono i debiti del partito, circa 90 milioni di euro, nei confronti del Cavaliere e quindi oggi degli eredi.
Un futuro incerto, ma anche un buon bacino elettorale, l’8% nel 2022, che cerca un nuovo leader, e il pensiero vola subito a quel giovane che era un po’ simile al cavaliere nel fare comunicazione politica, quello nato a Rignano sull’Arno, e che si chiama Matteo Renzi.
Perchè qui non si tratta di esercitare ideali politici, sepolti nel ‘900, ma di governare il centro, con Forza Italia o con Italia Viva che forse smetterà di vivacchiare.
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