L’indagine del NOE, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Lecce e dalla Procura di Taranto, è iniziata nel 2019 dopo il ritrovamento di scarti di lavorazione della pelle abbandonati nelle campagne
Gli arresti sono scattati all’alba di stamattina e in cinque sono finiti ai domiciliari.
Cruciali le testimonianze dei legali rappresentanti delle aziende coinvolte che hanno permesso di identificare quello che è diventato il principale indagato di questa operazione partita a luglio del 2019.
Oltre trent’anni di smaltimenti illeciti
Secondo gli inquirenti, colui che è ritenuto il responsabile e l’artefice di questa rete criminale dedita al traffico di rifiuti da almeno 30 anni, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella sua promozione e organizzazione, prendendo decisioni cruciali per i suoi complici. Attraverso la sua ditta individuale, ‘Marpelle SNC‘, si presentava alle altre società come il titolare di un’azienda specializzata nel recupero dei rifiuti speciali, offrendo un costo di smaltimento di soli 0,15 euro al chilo. Dopo aver ritirato i rifiuti accumulati nei piazzali delle aziende, si faceva pagare in contanti o tramite bonifico, emettendo fatture con false causali come pulizia del verde o dei piazzali. Questo permetteva alle aziende di dichiarare costi di smaltimento significativamente inferiori rispetto a quelli legali (0,40 euro al chilo).
Morto lui, un altro individuo, considerato reclutatore di manodopera, avrebbe assunto un ruolo di rilievo nell’organizzazione. Nonostante non avesse precedenti penali, gli inquirenti ritengono che fosse responsabile dell’assunzione e del pagamento dei lavoratori.
Le intercettazioni telefoniche e i fotogrammi che inchiodano gli indagati
I risultati degli accertamenti investigativi di natura tecnica sono stati fondamentali per svelare la complessità dell’associazione criminale e il coinvolgimento dei suoi membri. All’inizio delle investigazioni, i servizi di osservazione, controllo e pedinamento hanno fornito informazioni cruciali consolidate poi dalle intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno consentito di individuare i partecipanti coinvolti nell’associazione a delinquere.
Durante le indagini, sono stati raccolti numerosi fotogrammi e video che documentano le attività svolte e gli scambi di denaro tra i vari soggetti. Queste immagini testimoniano chiaramente i trasporti effettuati e lo smaltimento dei rifiuti sui terreni dell’agro tarantino o il loro accumulo all’interno di capannoni controllati dal sodalizio criminale. Secondo gli inquirenti, “tali prove visive forniscono un supporto incontrovertibile per l’inchiesta in corso”.
550.000 euro finiti nelle tasche dei criminali
Le indagini hanno rivelato che sono state circa 3.000 le tonnellate di rifiuti illecitamente smaltite attraverso pratiche di bruciatura, interramento e occultamento in aree agricole e capannoni industriali.
Gli indagati avrebbero tratto un profitto illecito stimato complessivamente intorno ai 550.000 euro. È importante sottolineare che, se i rifiuti fossero stati smaltiti legalmente, il costo complessivo stimato sarebbe stato di circa 1.150.000 euro, con una differenza di oltre 700.000 euro.
Arresti e sequestri
Nel corso dell’operazione, sono state eseguite cinque ordinanze di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari. Inoltre, sono stati sequestrati cinque capannoni industriali, un’area agricola utilizzata per lo smaltimento illecito dei rifiuti e sei mezzi impiegati per il trasporto degli stessi. La Direzione Distrettuale Antimafia ha disposto anche il sequestro preventivo delle somme di denaro derivanti dal presunto profitto illecito, pari a circa 100.000 euro, sui conti correnti delle aziende coinvolte.
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