I lavoratori erano costretti a migrare da una società all’altra per mantenere il posto di lavoro
Milano – Probabilmente il sistema utilizzato da Esselunga è largamente diffuso nel mondo del lavoro, quello con poche garanzie, e soprattutto nell’ambito sei servizi in subappalto. I lavoratori, formalmente dipendenti di una rete di cooperative e altre società e che lavoravano di fatto, secondo gli inquirenti, per Esselunga, erano costretti a “migrare” da una società all’altra per mantenere il lavoro. E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta milanese che ha portato al sequestro di 48 milioni di euro a carico della catena di supermercati. Il pm Storari nel decreto parla di una “riscontrata ‘migrazione’ dei lavoratori dipendenti di tali società verso ulteriori soggetti appositamente costituiti al fine di sostituire le prime una volta accumulata una insostenibile posizione debitoria nei confronti dell’Erario”.
In questo modo il committente finale, ossia Esselunga, poteva, secondo l’accusa, “fruire delle prestazioni dei lavoratori inquadrati formalmente come dipendenti delle società cosiddette ‘serbatoi’ di manodopera, beneficiando al contempo del diritto alla detrazione dell’Iva esposta sulle fatture che caratterizzano i rapporti in discussione”. Negli atti si parla anche del “trasferimento delle provviste finanziarie oggetto di approfondimento dai conti correnti intestati al Consorzio Lavoro Più”, una delle società al centro dell’indagine, “verso conti esteri extra europei, dopo essere transitate su conti bancari intestati a soggetti giuridici terzi”.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta