Strade distrutte per impedire l’accesso alle ambulanze e paramedici costretti a procedere a piedi durante l’attacco. È l’operazione più massiccia dopo “Scudo difensivo”, nel 2002
Jenin – “Le strade di ingresso al campo sono state distrutte rendendo impossibile l’accesso delle ambulanze, i paramedici sono stati costretti a procedere a piedi nonostante gli attacchi in corso e alcune strutture sanitarie sono state danneggiate”. La denuncia arriva da Jovana Arsenijevic, coordinatrice delle operazioni di Medici Senza Frontiere a Jenin.
MSF, che da giorni sta lavorando incessantemente per fornire cure mediche d’emergenza ai feriti nel corso del raid delle forze israeliane sul campo profughi palestinese di Jenin, esprime la propria condanna verso gli israeliani che di fatto ostacolano in ogni modo l’assistenza medica ai feriti.
Durante l’attacco, che ha provocato vittime e feriti e ha colpito le strutture sanitarie, i bulldozer militari israeliani hanno distrutto diverse strade che portano al campo di Jenin, rendendo quasi impossibile alle ambulanze di raggiungere i pazienti. Inoltre, i paramedici palestinesi sono stati costretti a procedere a piedi in un’area dove erano in corso spari e attacchi di droni. Nonostante la presenza di persone che necessitavano di cure, tutte le strade che conducono al campo sono state bloccate durante l’operazione militare.
Le forze israeliane a Jenin ricorrono sempre più spesso al supporto aereo durante i raid, con un intensificarsi preoccupante della violenza.
Ieri sono stati segnalati almeno dieci attacchi aerei nell’area. Di più. Dopo quest’ultima operazione – la più massiccia in Cisgiordania dal 2002 – sale a 48 il numero di persone uccise dai raid israeliani dall’inizio di quest’anno.
“Le incursioni nel campo di Jenin hanno iniziato a seguire uno schema ricorrente: le ambulanze vengono speronate dai mezzi blindati e ai pazienti e al personale sanitario viene regolarmente negato l’ingresso e l’uscita dal campo”, continua Arsenijevic. “L’intensità degli attacchi è aumentata con l’uso di elicotteri e di droni e in un’area così densamente popolata è a dir poco oltraggioso. Le strutture mediche, le ambulanze e i pazienti devono essere rispettati”.
Diverse bombole di gas lacrimogeno sono cadute nel cortile dell’ospedale Khalil Suleiman, dove dalla mattina di ieri i team di MSF sono in azione per supportare i feriti e hanno curato finora 55 pazienti colpiti da arma da fuoco.
MSF è presente nei Territori Palestinesi Occupati dal 1989 e attualmente svolge attività medico-umanitarie a Jenin, Nablus, Hebron e Gaza. La situazione a Jenin richiede una risposta immediata per garantire che l’accesso alle cure mediche d’emergenza sia protetto e che le persone ferite possano ricevere l’assistenza necessaria senza ostacoli.
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