Gli incontri organizzati dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino nel residence “Sayonara”, che è stato sequestrato
Vibo Valentia – É il villaggio turistico “Sayonara” di Nicotera marina la struttura alberghiera in cui negli anni ’90 si sarebbero svolti gli incontri tra i rappresentanti di Cosa nostra e ‘ndrangheta finalizzati a un possibile coinvolgimento dell’organizzazione criminale calabrese nella “strategia stragista”.
È quanto emerge dall’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro sul controllo da parte della ‘ndrangheta di alcune strutture ricettive della “Costa degli Dei”, nel Vibonese, che ha portato stamattina al fermo di quattro persone.
Il “Sayonara” è uno degli immobili che sono stati sequestrati, nell’ambito dell’inchiesta “Imperium”, perché la loro attività sarebbe stata condizionata dalla ‘ndrangheta.
Nel decreto di fermo emesso dalla Dda si afferma che il Sayonara “riveste un particolare interesse sin dagli anni ’90 poiché considerato storicamente come la struttura controllata dalla cosca Mancuso di Limbadi, luogo sicuro e protetto in cui esponenti criminali hanno soggiornato nei periodi di latitanza e hanno svolto in tutta tranquillità anche veri e propri summit mafiosi”.
Una situazione che é stata riferita, nelle loro dichiarazioni, da alcuni collaboratori di giustizia come Franco Pino, Umile Arturi, Gaetano Albanese, Carmelo Grotteria, Giacomo Lauro e Carlo Vavalà. I pentiti hanno parlato, in particolare, di una riconducibilità del “Sayonara” sin dagli anni ’90 alla cosca Mancuso riferendo di più incontri che si sarebbero svolti nella struttura tra gli emissari di Cosa nostra e i vertici della cosca Mancuso. “Detti incontri – è detto nel decreto di fermo – si sono tenuti in Calabria: alcuni già nel 1991 e altri subito dopo gli attentati in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino“.
La cosca Mancuso, tra l’altro, è legata a un altro storico gruppo criminale, quello dei Piromalli, egemone nella piana di Gioia Tauro. Per interloquire con Cosa Nostra furono chiamati a partecipare tutti i capi delle varie famiglie di ‘ndrangheta, da Cosenza a Reggio Calabria. “E sulla scorta delle risultanze investigative che sono emerse – scrive la Dda nel provvedimento di fermo – la posizione assunta da Luigi Mancuso fu di non aderire alla politica stragista dei Corleonesi per non attirare l’attenzione istituzionale“.
I numeri del blitz di stamattina
Sono in totale 48 gli indagati dell’inchiesta antimafia denominata Imperium portata a termine stamattina dalla Guardia di finanza con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Quattro gli arrestati e tra loro Francesco Mancuso, 52 anni, di Limbadi – fratello dei più noti boss Pantaleone Mancuso (detto “Scarpuni”) e Giuseppe Mancuso (detto “Bandera) -, e Assunto Natale Megna, di Nicotera Marina, padre del collaboratore di giustizia Pasquale Megna che ha deciso di “vuotare il sacco” con gli inquirenti da un paio di mesi accusando anche i più stretti congiunti.
Gli esiti delle complesse indagini, spiega la procura, hanno consentito di delineare “la gravità indiziaria circa la sussistenza di un gruppo criminale, riconducibile a una consorteria operante nella provincia vibonese che, avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà sussistenti nel territorio, aveva acquisito il controllo di fatto di alcune note strutture turistico-alberghiere, tanto da condizionarne la gestione, soprattutto nella individuazione dei fornitori di beni e servizi nonché del personale da assumere”.
La struttura turistica, negli anni avrebbe pagato denaro mensile e annuale per godere della “tranquillità” sul territorio, con i soldi che sarebbero stati portati direttamente da Assunto Megna al boss Luigi Mancuso, uscito dal carcere nel 2012 dopo 19 anni di detenzione ininterrotta. Il clan Mancuso avrebbe poi investito parte dei guadagni nella gestione del mercato del pesce a Nicotera e a Milano e attraverso l’apertura di supermercati a Nicotera, anche questi sequestrati oggi.
Uno dei destinatari del provvedimento di fermo è sospettato di favorito la latitanza di un pericoloso appartenente a una nota cosca di ‘ndrangheta del reggino.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta