Gli indagati sono accusati di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e ricettazione
Trapani – Nel corso della nottata, in provincia di Trapani e a Milano, militari dei Comandi Provinciali di Palermo e Trapani, supportati dai Carabinieri del Comando Provinciale di Milano, hanno dato esecuzione a 2 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, aggravato dalla funzione di pubblico ufficiale, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e ricettazione.
Il provvedimento cautelare riguarda un Maresciallo dei Carabinieri in servizio presso un comando Compagnia in provincia di Trapani, un consigliere comunale della medesima provincia, e un noto giornalista milanese su una presunta fuga di notizie riservate, connesse alle fasi successive alla cattura del noto latitante Matteo Messina Denaro.
Gli indagati, secondo la ricostruzione investigativa dei Carabinieri e della Procura della Repubblica di Palermo, avrebbero tentato di divulgare alcuni documenti ancora coperti da segreto investigativo e inerenti le indagini sulle fasi immediatamente successive all’arresto del latitante, ceduti dal maresciallo dei Carabinieri al consigliere comunale che, probabilmente a scopo di lucro, li avrebbe proposti in vendita al noto giornalista milanese, che avrebbe poi realizzato degli scoop.
Il gip di Palermo, Alfredo Montalto, ha sottolineato la “Particolare spregiudicatezza” del maresciallo dei carabinieri L. P. e del consigliere comunale G. R., arrestati, il primo per accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio, il secondo per ricettazione per aver tenatto di vendere a F. C. file riservati sulla cattura di Matteo Messina Denaro.
In particolare, il militare “per non essersi fatto remora di piegare la propria funzione ad interessi estranei nonostante il rischio (di cui era certamente consapevole per avere partecipato alle attivita’ seguite all’arresto del latitante) di pregiudicare il buon esito delle investigazioni, ancora in pieno svolgimento, per la necessità di ricostruire, oltre che la rete dei favoreggiatori del latitante più diretti e immediati che sono stati sinora individuati, soprattutto i rapporti e le attività del latitante nell’ambito dell’associazione mafiosa di cui è stato a capo sino al momento del suo arresto e le fonti illegali di approvvigionamento delle disponibilità economiche che lo stesso latitante, in un suo interrogatorio successivo all’arresto, ha ammesso di avere seppur rifiutandosi di indicarle”.
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