Elezioni politiche spagnole: la divisione del Paese e le sfide dei partiti

A un giorno dalle elezioni, il clima elettorale è segnato dalla polarizzazione tra PP e Psoe. Le alleanze post-elettorali saranno cruciali, con Vox che crea divisioni nel PP. La Spagna si trova di fronte a una scelta politica significativa dopo il periodo franchista

Madrid – Per comprendere il clima che precede le elezioni politiche spagnole sarebbe sufficiente il commento della presidente della Comunità di Madrid, Isabel Ayuso (PP), che a due giorni dal voto in un intervista al Tg1 ha dichiarato:«Se Sanchez fosse davvero interessato al tema del cambiamento climatico non avrebbe scelto il 23 luglio come data considerate  le alte temperature spagnole». Una frase che rivela non solo la pochezza degli argomenti ma anche l’acrimonia e l’aggressività che anima i protagonisti della sfida elettorale che si svolgerà fra due giorni. La Spagna è divisa più che mai, Psoe e PP affilano le armi e non risparmiano colpi bassi.

Pedro Sanchez dopo la débâcle…

Pedro Sanchez dopo la débâcle subita alle elezioni regionali dello scorso 28 maggio che ha visto la destra vincere nelle tre principali città spagnole (Madrid, Valencia, Siviglia) aveva deciso di non aspettare la scadenza naturale del suo mandato e aveva anticipato le elezioni previste nel dicembre 2023 al 23 luglio.

Una mossa tattica forse un poco disperata ma necessaria per evitare che il PP potesse avere il tempo per formare e consolidare ulteriormente l’alleanza con Vox, il partito di estrema destra guidato dall’ex esponente del PP e ora leader ,Santiago Abascal. Nonostante Alberto Nuñez Feijóo  a capo del PP stia cercando di “smarcarsi” il più possibile dalle posizioni più radicali e reazionarie di Vox è evidente che questa alleanza è imprescindibile se il PP vuole tornare al potere dopo sei anni di governo Sanchez diventato inquilino alla Moncloa  nel 2018 quando l’allora forza principale al governo era il PP guidato da Mariano Rajoy il quale, a seguito del suo coinvolgimento in alcuni scandali legati alla corruzione fu destituito da una mozione di sfiducia contro il governo capitanata da Pedro Sanchez che lo sostituì alla guida del governo.

Sanchez fino ad oggi ha potuto governare solo con l’appoggio dell’altro partito di sinistra spagnolo Unidas Podemos e anche grazie all’aiuto esterno o all’astensione di alcune formazioni nazionaliste tra cui i due partiti baschi.

Le alleanze

Ma anche Feijóo, qualora il PP risultasse vincente come stanno pronosticando diversi sondaggi, dovrà fare i conti con un alleato “scomodo” se vorrà governare, infatti l’ultimo sondaggio del quotidiano El País il PP potrebbe vincere con il 31,3% davanti al Psoe che invece dovrebbe arrivare al 29,5% e quindi non avrebbe abbastanza seggi per governare da solo.

Le perplessità di Feijóo sono condivise anche da una buona parte degli esponenti più moderati del Partido Popular perché il programma di Abascal punta a cancellare i progressi realizzati dal governo Sanchez in materia dei diritti delle donne, della comunità Lgbtqi+ e degli immigrati. Ma sicuramente un accordo si troverà anche perché attualmente Pp e Vox governano già insieme in 11 delle 17 comunità autonome spagnole.

Diritti e cambiamento climatico

Ma non solo il tema diritti divide i due partiti, anche il cambiamento climatico e la lotta al riscaldamento globale sono tema di dibattito tra i due schieramenti, come tutti i partiti di destra radicale Vox ritiene che l’Agenda 2030, programma globale delle Nazioni Unite che fissa gli obiettivi di sviluppo sostenibile per ogni Paese, uno “strumento di indottrinamento” e non solo, Vox vorrebbe anche che la Spagna si sfilasse dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici a cui aderiscono tutti i Paesi membri dell’Unione europea.

L’estrema destra dopo Franco

Al di là dei possibili e molto probabili apparentamenti che i due partiti dovranno affrontare se vorranno governare, è interessante notare che è dai tempi di Francisco Franco detto il “caudillo” che il governo centrale spagnolo avrebbe al suo interno componenti di un partito di estrema destra  e perplime il fatto che dopo la durissima dittatura franchista durata quarant’anni e conclusasi nel 1977, gli spagnoli possano ritrovarsi al governo esponenti di estrema destra che mai hanno rinnegato il passato franchista.

Dal 1977 la Spagna ha affrontato un percorso graduale ma inarrestabile verso la democrazia, dal governo di Adolfo Suárez (1977) si sono succeduti Psoe e Pp con un’alternanza tipica dei Paesi democratici e sono state moltissime le riforme economiche e sociali che hanno contraddistinto questo lungo cammino democratico che hanno condotto il Paese ad essere una delle economie più floride e stabili della Ue, nonostante la crisi del 2008 e la questione dell’indipendenza della Catalogna e il periodo buio degli attentati dell’Eta conclusosi nel 2011.

Peraltro il governo di Pedro Sanchez ha favorito l’espansione economica, il Pil del Paese continua a crescere a un ritmo superiore alla media della Ue, il tasso di disoccupazione è sceso come anche il tasso di inflazione, attualmente è all’1,9% e anche la recente crisi energetica è stata affrontata efficacemente perché staccando il prezzo del gas da quello dell’elettricità sono stati limitati  gli effetti negativi e i costi altissimi delle bollette dei cittadini spagnoli i quali, rispetto agli altri europei, non hanno subìto ripercussioni sulle loro bollette.

La sfida Sanchez – Feijoo

Se a questi risultati importanti nell’ambito economico si aggiungono anche le riforme a favore dei diritti pare alquanto curioso che i sondaggi indichino una vittoria quasi certa del Pp, anche se pochi punti che evidenziano con chiarezza che la Spagna attualmente è divisa in due parti quasi uguali. La destra sta conducendo una campagna molto aggressiva volta a distruggere l’operato di Sanchez, Feijoo continua a ripetere che «è necessario derogare il sanchismo» e vuole annullare tutte le leggi approvate negli ultimi anni, il Psoe ha toni più pacati ma sembra in difficoltà, all’ultimo dibattito “faccia a faccia” tra Sanchez e Feijóo andato in onda sulla tv nazionale, entrambi gli sfidanti sono apparsi piuttosto provati  e il confronto si è concluso con un sostanziale zero a zero.

Più battagliera invece è Yolanda Díaz, ministra del lavoro e vicepresidente del governo Sanchez, ora leader di Sumar, piattaforma politica a sinistra del partito socialista di Sanchez che Díaz ha fondato lo scorso maggio, che non ha mai nascosto la volontà di diventare premier, molto amata da giovani e donne, se riuscisse a superare i conflitti con i compagni di Unidas Podemos e sconfiggere il timore degli elettori del Psoe che ritengono possa sottrarre voti al partito, potrebbe essere lei a ribaltare i pronostici?

Giulia Danieli

Foto copertina: Getty

Giulia Danieli

Svolgo attività di collaborazione giornalistica per RSI, la Radiotelevisione Svizzera Italiana, e ho partecipato alla redazione e alla produzione dei servizi documentaristici sul crollo del ponte Morandi (“43-Il ponte spezzato”) e sulla truffa dei falsi Modigliani (“Il giallo Modigliani”), entrambi andati in onda su Falò, magazine settimanale di informazione e approfondimento di RSI. Collaboro con vari quotidiani digitali sui temi sanità, salute, ambiente e diritti civili. Ho collaborato per il quotidiano Il Secolo XIX.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *