Le accuse a carico dei 25 indagati riguardano il reato di tratta di esseri umani
La Polizia di Stato di Catania ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania, che ha colpito diversi cittadini stranieri, principalmente di nazionalità guineana e ivoriana, alcuni dei quali già detenuti in regime carcerario.
L’operazione, denominata “Landayà Bis,” è stata condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Catania, in collaborazione con l’Ufficio di Genova, dove due degli indagati erano stati precedentemente sottoposti all’obbligo di dimora e di presentazione alle autorità e sono stati quindi arrestati. Dei 25 stranieri coinvolti nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita il 3 agosto 2023 (nell’ambito dell’operazione “Landayà Bis”), 18 sono attualmente detenuti, mentre altri 7 sono attivamente ricercati all’estero, e le informazioni a loro riguardo sono state condivise a livello europeo.
La complessa rete di traffico internazionale
Gli indagati sono gravemente indiziati di essere coinvolti in un’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con l’aggravante di aver agito con un gruppo di più di dieci persone. Inoltre, sono accusati di reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ulteriormente aggravati dall’aver agito in concorso tra loro e con l’intento di trarne profitto, sia diretto che indiretto, e dalla natura transnazionale delle attività.
Le indagini che hanno portato all’operazione “Landayà Bis” hanno avuto inizio con il caso di una minore straniera non accompagnata, arrivata nel porto di Augusta il 25 gennaio 2021. Questa giovane è stata collocata in una struttura di accoglienza nel catanese ma aveva il forte desiderio di raggiungere la Francia, seguendo le indicazioni di una donna conosciuta in Libia. Quest’ultima si era presentata come la sorella di uno dei soggetti coinvolti nell’indagine. Questo individuo aveva l’incarico, in Italia, di organizzare il viaggio dalla sua terra d’origine fino alla Francia, passando per l’Italia, e forniva il suo contatto telefonico.
La minore, una volta in Italia e collocata in una struttura per minori stranieri non accompagnati, fuggì ripetutamente, affidandosi al soggetto indicatole in Libia. Grazie all’operato di lui e di altri indagati, riuscì a raggiungere la Francia, fuggendo dalle comunità di accoglienza in cui era stata ospitata.
Il percorso dei migranti nelle mani dei trafficanti
Le indagini hanno rivelato una articolata organizzazione criminale, composto da più cellule operative in vari paesi africani (Libia, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia e Marocco), in Italia (Genova, Torino, Asti, Cuneo e Ventimiglia) e in Francia. Questo sodalizio era specializzato nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso i paesi dell’Unione Europea, in particolare verso la Francia. Offrivano i loro servizi a una clientela composta da donne, uomini, bambini e persino neonati, che pagavano somme considerevoli a seconda della lunghezza del viaggio e degli accordi stabiliti, che variavano da almeno 200,00 euro per attraversare i confini fino a circa 1.200,00 euro per percorsi più lunghi.
Massimizzare i guadagni
Le indagini hanno anche rivelato che i membri del sodalizio avevano un’organizzazione ben strutturata per garantire il successo dei viaggi dei migranti. Questo includeva l’organizzazione dei trasferimenti dai centri di accoglienza italiani o da altri luoghi fino al punto di attraversamento dei confini, la fornitura di documenti falsi (compresi green pass falsi, risultati falsi dei test Covid-19 e patenti di guida contraffatte), l’offerta di vitto e alloggio temporaneo, il supporto durante i tentativi di attraversare il confine e il passaggio del migrante a nuovi membri del sodalizio una volta raggiunta la Francia.
L’organizzazione era composta da quattro capi/organizzatori per ognuno dei gruppi operativi. Non esisteva un unico capo, ma le quattro entità collettive lavoravano a stretto contatto per facilitare il transito e lo spostamento dei migranti nei vari paesi europei.
Un giro d’affari di 800mila euro
L’analisi dei flussi finanziari relativi alle carte Postepay utilizzate nell’operazione ha rivelato che queste carte erano utilizzate come contenitori temporanei di denaro, con saldi quasi nulli. Complessivamente, sono state effettuate transazioni per un valore di 800.000,00 euro, considerando solo le carte intestate a diversi indagati. Questa pratica è comune nel settore dello smuggling e del trafficking, dove i flussi finanziari significativi vengono nascosti utilizzando soggetti non direttamente collegati agli autori dei reati, al fine di evitare l’attenzione delle autorità investigative.
Le intercettazioni
Inoltre, durante le attività di monitoraggio tecnico, sono state registrate numerose conversazioni che riguardavano la bellezza e le fattezze fisiche delle migranti coinvolte nel traffico. In alcuni casi, è emerso che queste donne, oltre a pagare in denaro, fornivano prestazioni sessuali, anche quando viaggiavano con figli minori. Questo ha evidenziato la loro estrema vulnerabilità, poiché l’inserimento nel flusso migratorio e la dipendenza da trafficanti senza scrupoli li esponevano a gravi rischi di sfruttamento. Si è quindi manifestata una sovrapposizione tra i percorsi di smuggling (traffico di migranti attraverso confini) e i percorsi di trafficking (sfruttamento sessuale), con la maggior parte delle migranti coinvolte che presentavano segni evidenti di essere state vittime di tratta.
Le strategie psicologiche dei trafficanti
In alcune circostanze, sono emerse anche attività illegali relative al trasporto di bambini molto piccoli, accompagnati dalle loro madri e talvolta temporaneamente affidati a membri del sodalizio. Inoltre, il comportamento manipolatorio dei trafficanti ha sfruttato la condizione di incertezza dei migranti, desiderosi di completare il proprio progetto migratorio ma anche confusi e catturati da una falsa attenzione ai loro bisogni. Questo approccio mirava principalmente a garantire che i migranti non si rivolgessero ad altri operatori del traffico illegale.
In questo contesto, sono state utilizzate diverse strategie psicologiche volte a massimizzare i profitti derivanti dal crescente numero di migranti che si rivolgevano al sodalizio. I fermati, arrivati in Italia a partire dal 2016, avevano sviluppato una notevole esperienza criminale, perfezionando le loro tecniche di interazione con la clientela. Queste tecniche includevano la guida dei migranti attraverso il processo, dal loro punto di partenza fino alla destinazione desiderata (spesso Milano o Ventimiglia), stabilendo il prezzo solo alla fine del processo per rendere difficile il rifiuto del servizio. In sintesi, la strategia era quella di intrappolare i migranti offrendo loro ciò che desideravano, e persino di più, rapidamente, portandoli a un punto di non ritorno nell’operazione.
Copertina: Migranti a Ventimiglia ©fivedabliu
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