Almeno 100 morti, oltre 900 feriti, più di 2.200 razzi. Questi sono i numeri provvisori di un attacco senza precedenti contro Israele, rivendicato da Hamas, che è iniziato alle 6:30 di stamattina dalla Striscia di Gaza
Non finirà presto, quella che sembra una guerra vera e propria, scattata stamattina con un massiccio lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele. È un’operazione che ha sorpreso per la sua portata e che è stata accompagnata da incursioni via terra e dalla cattura di diversi ostaggi israeliani da parte dei militanti palestinesi. Hamas giustifica quest’azione come un tentativo di difendere la moschea Al-Aqsa a Gerusalemme.
Netanyahu: “Il nemico pagherà un prezzo altissimo”
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il paese è “in guerra” e ha avvertito che “il nemico pagherà un prezzo altissimo”. Le forze israeliane hanno risposto lanciando un’operazione contro il territorio palestinese chiamata “spade di ferro”, che avrebbe già causato la morte di almeno 160 persone, secondo i dati forniti dal ministero della Sanità di Gaza.
Approvato l’inizio delle operazioni a Gaza
Nel pomeriggio, il Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano ha approvato l’inizio di operazioni di terra nella Striscia di Gaza. Ciò che distingue questi attacchi dai precedenti è l’effetto sorpresa e l’alto numero di vittime nei territori israeliani, che sono stati attaccati anche con incursioni via terra dalla Striscia, mirando ai civili nei vicini kibbutz. Alcuni commentatori suggeriscono che ciò possa essere dovuto a gravi lacune nell’intelligence israeliana, su cui il governo ha già aperto un’inchiesta.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno colpito diversi obiettivi a Gaza City
Attualmente, la risposta di Israele agli attacchi sta avvenendo sia via aerea che via terra. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno colpito diversi obiettivi nella città di Gaza con raid aerei nell’ambito dell’operazione “spade di ferro”. Alcune fonti riportano che decine di vittime siano state portate all’ospedale di Al-Shifa a causa dei bombardamenti israeliani, con un bilancio di almeno 250 palestinesi uccisi e 1700 feriti.
Le reazioni internazionali
Nel frattempo, la polizia israeliana ha annunciato che gli scontri sul terreno probabilmente “dureranno diversi giorni”. Le autorità israeliane non hanno il controllo di diverse comunità nel sud del paese, dove pare che siano scomparsi diversi civili, presumibilmente catturati come ostaggi dai militanti di Hamas, mentre i morti sarebbero almeno 50. Questi eventi rappresentano un’azione militare senza precedenti da parte delle forze palestinesi all’interno della Striscia di Gaza, con la demolizione della barriera di confine e il controllo limitato da parte di Israele.
La condanna di Ursula von der Leyen
La situazione ha suscitato reazioni da parte della comunità internazionale. Diversi stati, tra cui l’Unione europea, hanno espresso sostegno ad Israele, riaffermando il suo diritto alla difesa. Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin hanno condannato gli attacchi terroristici di Hamas. Gli Stati Uniti hanno promesso di fornire tutto il necessario per garantire la difesa di Israele.
Nel frattempo, l’Alto rappresentante della politica estera dell’UE, Josep Borrell, ha avviato contatti con i ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Egitto e Giordania. L’Arabia Saudita, in particolare, ha chiesto alle parti coinvolte di sospendere i combattimenti.
Il Comitato Internazionale di Soccorso ha espresso profonda preoccupazione per l’escalation della violenza e ha dichiarato di concentrarsi sui bisogni umanitari dei civili nella regione, invitando tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario e garantire l’accesso umanitario alle persone colpite.
Nazioni Unite
Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha condannato l’attacco di Hamas e ha chiesto massima moderazione e rispetto per i civili in conformità con il diritto internazionale umanitario.
Joe Biden
Il presidente degli Stati Uniti, in un colloquio con Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che il suo paese è pronto a offrire “tutti i mezzi appropriati di supporto” dopo l’attacco del gruppo islamico palestinese Hamas contro Israele. Ha poi aggiunto: “Israele ha il diritto di difendersi e del suo popolo. Gli Stati Uniti mettono in guardia contro qualsiasi altra parte ostile a Israele che cerchi vantaggi in questa situazione”.
Abu Mazen
L’Autorità nazionale palestinese torna ad accusare Israele di aver “distrutto il processo di pace”. Lo ha affermato il ministero degli esteri di Abu Mazen in un comunicato rilanciato dall’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa. Le ragioni della esplosione nella Regione vanno ricercate “nella assenza di una soluzione della questione palestinese per 75 anni, nella continuazione della politica di doppio-standard della comunità internazionale, nel suo silenzio di fronte alle pratiche criminali e razziste delle forze di occupazione israeliane, e nella continuazione della ingiustizia e della oppressione”.
Hezbollah
Una fonte della sicurezza di Hezbollah, citata dai media libanesi, ha smentito che miliziani del partito armato filo-iraniano hanno tentato di infiltrarsi in Israele. Secondo la fonte, l’esercito israeliano ha sparato quattro colpi di arma da fuoco contro due giovani che a bordo di una motocicletta che sventolavano la bandiera palestinese di fronte all’insediamento israeliano di Metulla, a ridosso della Linea Blu di demarcazione tra Libano e Israele.
La causa palestinese non muore
Per gli Hezbollah libanesi filo-iraniani l’offensiva militare di Hamas contro Israele “è una risposta decisiva ai crimini dell’occupazione e ai continui attacchi contro la sacralità e la dignità “. Lo si apprende in un comunicato diffuso dal partito armato jihadista sciita. Nel testo si legge: “Ciò dimostra, ancora una volta, che la volontà del popolo palestinese e le armi della resistenza sono l’unica opzione per affrontare il nemico e l’occupazione e costituiscono un messaggio al mondo arabo e musulmano, così¬ come alla comunità internazionale, soprattutto a coloro che cercano di normalizzare le loro relazioni con il nemico, per dire che la causa palestinese non muore”.
Jihad islamica
“Oggi èuna giornata storica”, ha detto poco fa un dirigente della Jihad islamica palestinese in Libano, commentando l’offensiva di Hamas contro Israele. “La resistenza (palestinese) è passata dalla difensiva all’offensiva”, dice Shakib al Ayni, dirigente palestinese in esilio, parlando al quotidiano libanese L’Orient-Le Jour. “Questa operazione è l’inizio della liberazione della Palestina”.
Arabia Saudita
L’Arabia Saudita, paese che sta negoziando con Israele per normalizzare i rapporti tra i due paesi, ha oggi chiesto la fine immediata dell’escalation tra israeliani e palestinesi. “Il regno sta seguendo da vicino gli sviluppi senza precedenti tra un certo numero di fazioni palestinesi e le forze di occupazione israeliane”, ha dichiarato il ministero degli esteri saudita. Ha poi aggiunto: “Il regno chiede la fine immediata dell’escalation tra le due parti, proteggere i civili e dare prova di moderazione”.
Beirut
A Beirut, capitale del Libano, Paese politicamente dominato da una coalizione di governo di cui fa parte il partito armato filo-iraniano Hezbollah, alcune decine di persone hanno festeggiato in strada l’offensiva di Hamas contro Israele. Analoga manifestazione di solidarietà è stata espressa nel sud del Libano, da una serie di pescherecci che sono salpati dal porto di Sidone, 40 km a sud di Beirut, sventolando bandiere palestinesi in sostegno dell’offensiva di Hamas
Perché oggi?
L’attacco senza precedenti lanciato da Hamas contro Israele ha suscitato domande sul motivo per cui sia avvenuto proprio in questo momento. Di solito, i lanci di razzi dalla Striscia di Gaza si verificano in risposta a scontri o operazioni militari in altre aree palestinesi. Tuttavia, questa volta sembra esserci un insieme di fattori scatenanti.
“Tempesta di Al-Aqsa”
Hamas ha dichiarato che l’operazione in corso, denominata “tempesta di Al-Aqsa”, è una risposta agli attacchi israeliani contro donne, alla profanazione della moschea Al-Aqsa a Gerusalemme e all’assedio continuo che colpisce Gaza. La moschea Al-Aqsa è un luogo sacro per i musulmani ed è spesso al centro delle tensioni tra israeliani e palestinesi. Gli scontri e le proteste in corso a Gerusalemme hanno acceso i sentimenti di rabbia tra i palestinesi.
Hamas ha chiamato alla mobilitazione la popolazione palestinese, affermando che i propri obiettivi comprendono “aeroporti e avamposti militari del nemico” e che avrebbero lanciato oltre 5.000 missili. Questa mossa rappresenta una dimostrazione di forza e determinazione da parte di Hamas, ma pone anche interrogativi sulla strategia a lungo termine del gruppo.
Un altro elemento è la ricorrenza della guerra dello Yom Kippur, che iniziò esattamente 50 anni fa il 6 ottobre 1973
In quella occasione, una coalizione di stati arabi lanciò un’offensiva a sorpresa nel Sinai e sulle alture del Golan, territori precedentemente conquistati e occupati da Israele nella guerra dei sei giorni del 1967. Anche se Israele riuscì a respingere l’offensiva militarmente, questa si rivelò una vittoria politica per la coalizione guidata da Egitto e Siria, dimostrando che Israele poteva essere colpito.
Gli attuali scontri avvengono in un contesto geopolitico profondamente trasformato rispetto a 50 anni fa. I palestinesi sono oggi molto più isolati sia politicamente sia militarmente, poiché molti dei vicini paesi arabi hanno normalizzato le loro relazioni con Israele. Questa normalizzazione ha indebolito la posizione dei palestinesi nella regione e ha portato a un certo distacco tra i paesi arabi e la causa palestinese.
Inoltre, la situazione attuale riflette una crescente frustrazione e disperazione tra i palestinesi, che si sentono abbandonati dalla comunità internazionale e intrappolati in una situazione di stallo politico. L’assenza di progressi verso una soluzione pacifica e la mancanza di prospettive per il futuro stanno alimentando le tensioni e spingendo gruppi come Hamas a cercare di attirare l’attenzione sulle loro rivendicazioni attraverso azioni militari.
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