Nel processo “Xenia”, Lucano è stato l’imputato principale, accusato di diversi reati, tra cui associazione per delinquere, truffa, abuso d’ufficio, falsi e peculato. Inizialmente, nel 2021, il Tribunale di Locri lo aveva condannato a una pesante pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione
La storia di Mimmo Lucano è stata in qualche modo un simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti in Italia. Lucano è stato noto per il suo approccio umanitario e solidale alla gestione dell’arrivo dei migranti a Riace, creando progetti di accoglienza e inclusione. Tuttavia, questo approccio non è stato privo di controversie e disaccordi.
Nel processo “Xenia”, Lucano è stato l’imputato principale, accusato di diversi reati, tra cui associazione per delinquere, truffa, abuso d’ufficio, falsi e peculato. Inizialmente, nel 2021, il Tribunale di Locri lo aveva condannato a una pesante pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione.
La sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Elisabetta Palumbo, ha riformato profondamente la sentenza di primo grado. In questo secondo grado di giudizio, Lucano è stato condannato solo per il reato di abuso d’ufficio, mentre gli altri 17 imputati sono stati assolti dopo quasi 7 ore di camera di consiglio. Questa decisione rappresenta un ribaltamento significativo rispetto alla sentenza precedente.
La Procura generale aveva chiesto una pena più severa per Lucano, ovvero 10 anni e 5 mesi di reclusione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha emesso una condanna meno gravosa, limitata all’abuso d’ufficio legato a una delibera del 2017. La decisione ha sorpreso molti osservatori, poiché i reati gravi di cui era stato inizialmente accusato Lucano sono stati revocati in appello.
Tutti gli altri reati contestati, tra cui l’associazione per delinquere, la truffa, il peculato e altri falsi, sono caduti in appello
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