Occupare Gaza sarebbe un errore, parola di Joe Biden
Partiamo dalla cronaca
Qualsiasi tentativo da parte di Israele di occupare Gaza sarebbe un “grave errore”, ha dichiarato il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, mentre si spera che il confine dell’enclave con l’Egitto si apra per consentire l’invio di aiuti, mentre le truppe israeliane continuano a prepararsi per un’invasione terrestre.
In un’intervista domenica scorsa, Biden ha affermato di credere che il gruppo militante Hamas debba essere eliminato, ma dovrebbe esserci una via verso uno Stato palestinese. Israele ha scatenato una campagna di bombardamenti su Gaza dopo che Hamas ha ucciso più di 1.300 israeliani, in gran parte civili, e preso in ostaggio 155 persone in un attacco senza precedenti.
Migliaia di morti e oltre 10.000 feriti
Gli attacchi di rappresaglia di Israele a Gaza negli ultimi giorni hanno raso al suolo interi quartieri e ucciso almeno 2.670 persone ferendone più di 10.000, in gran parte civili
Alle domande riguardanti la sua posizione riguardo a un’occupazione di Gaza, Biden ha risposto: “Penso che sarebbe un grave errore”. Ha continuato affermando che Hamas “non rappresenta tutti i palestinesi”.
Gli Stati Uniti hanno cercato di mediare un accordo per riaprire il valico di Rafah tra l’Egitto e Gaza, consentendo agli americani e ad altri stranieri di lasciare la zona e portando gli aiuti umanitari accumulati sul lato egiziano del confine. Domenica scorsa, il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha dichiarato che il valico sarebbe stato riaperto.
Nessun cessate il fuoco
Due fonti egiziane hanno riferito a Reuters lunedì che Egitto, Israele e gli Stati Uniti hanno concordato un cessate il fuoco nel sud di Gaza coincidente con la riapertura del valico, per consentire l’ingresso di aiuti umanitari e l’evacuazione degli stranieri, ma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha sempre negato l’aver accettato questo accordo dichiarando che “al momento non c’è un cessate il fuoco e aiuti umanitari a Gaza in cambio dell’evacuazione degli stranieri.
Il personale medico a Khan Yunis nella Striscia, ha avvertito che migliaia di persone potrebbero morire poiché gli ospedali affollati di feriti stanno esaurendo rapidamente il carburante e i fornimenti di base. I palestinesi nell’accerchiata enclave costiera faticano a trovare cibo, acqua e sicurezza in previsione di un’offensiva terrestre israeliana.
C’è chi non può essere evacuato
L’unica centrale elettrica di Gaza ha chiuso per mancanza di carburante dopo che Israele ha completamente sigillato il territorio lungo 40 km dopo l’attacco di Hamas.
Il dottor Hussam Abu Safiya, capo della pediatria all’ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, ha dichiarato all’Associated Press che la struttura non è stata evacuata nonostante l’ordine di Israele venerdì scorso perchè ci sono sette neonati nell’unità di terapia intensiva collegati a ventilatori”.
Ahmed Al-Mandhari, direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato che gli ospedali sono stati in grado di spostare alcuni pazienti mobili a nord, ma la maggior parte dei pazienti non può essere evacuata.
Una guerra che conviene solo a Natanyau e Hamas
Blinken ha detto che i leader degli stati arabi che ha visitato in tutto il Medio Oriente negli ultimi giorni erano determinati a fermare la guerra dall’espandersi e il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, alla CBS ha sottolineato che “c’è il rischio di un’escalation di questo conflitto, l’apertura di un secondo fronte a nord e, naturalmente, il coinvolgimento dell’Iran”.
Iran
Biden ha dichiarato che il suo messaggio all’Iran è di non aggravare il conflitto. Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, domenica, ha dichiarato che è stato mandato un avvertimento ai vertici militari israeliani che “se non cessano le loro atrocità a Gaza, l’Iran non può rimanere semplicemente un osservatore e che “se il conflitto dovesse espandersi, verranno inflitti danni significativi anche all’America.
Libano
Le ostilità lungo il confine tra Israele e il Libano, sono iniziate la scorsa settimana, si sono intensificate ieri con i militanti di Hezbollah che hanno lanciato razzi e un missile anticarro. Israele ha risposto con attacchi aerei e bombardamenti.
Ci sono in ballo tanti soldi e gli equilibri mondiali
Gli Emirati Arabi Uniti, dopo il conflitto tra Israele e Gaza, affermano di non voler mescolare il commercio con la politica e che il conflitto tra Israele e Hamas non influirà sugli accordi economici. “Non mescoliamo l’economia e il commercio con la politica”, ha detto Thani al Zeyoudi, ministro di Stato per il commercio estero degli Emirati Arabi, in conferenza stampa a Dubai.
Gli accordi economici
Il 1° aprile del 2023 è entrato in vigore un Accordo di Partenariato Economico Globale (CEPA) tra Emirati Arabi Uniti e Israele, primo accordo di libero scambio di Israele con uno stato arabo. Il Ministro Thani al Zeyoudi, interrompendo decenni di politica araba nei confronti della causa palestinese, ha dichiaratio che “la priorità degli Emirati Arabi Uniti era avere accesso ai mercati in tutte le regioni del mondo…avviando una serie di accordi commerciali, di investimento e di cooperazione come parte di una strategia più ampia per stimolare la crescita economica e diversificare la propria economia”.
Gli accordi di Abramo
Il conflitto, che si preannuncia lungo, metterà comunque a dura prova la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Emirati Arabi, Bahrein e Israele, sancita dagli “Accordi di Abramo” del 2020 e rallenterà, nella migliore delle ipotesi, la normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele . Ma a tre anni dalla firma, qual è il bilancio economico degli Accordi di Abramo? E quali sono le opportunità strategiche di business che l’Arabia Saudita rischia di perdere qualora Riyadh scegliesse di congelare i negoziati?
Oltre il Medio Oriente
Innanzitutto, il potenziale economico della cooperazione tra Emirati e Israele beneficia del loro posizionamento geografico: i due Paesi sono vicinissimi agli stretti di Hormuz e Suez e dal 2022, gli Emirati Arabi e Israele partecipano poi ai patti “minilaterali” con India e Stati Uniti, che hanno al centro dell’agenda con al centro energia, infrastrutture, commercio e sicurezza alimentare.
Un po’ di dati
Dalla firma degli Accordi di Abramo nel 2020, il commercio bilaterale tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti è cresciuto del 438%, superando il miliardo di dollari nel 2021. Gli economisti prevedono che il commercio si espanderà in modo esponenziale nei prossimi anni e accelererà ulteriormente dato che lo Stato ebraico e il regno del Golfo hanno firmato un accordo di libero scambio a maggio.
Si rafforzano i legami tra due mondi che sembravano lontani
“Gli ultimi due anni hanno visto un significativo balzo nel commercio reciproco, e questa cooperazione aziendale rafforza i legami tra le economie e una maggior profondità nelle relazioni tra i due paesi”, ha dichiarato Yael Ravia-Zadok, vicedirettore generale e capo della divisione di diplomazia economica presso il ministero degli Affari esteri israeliano.
Gli emiratini, ha spiegato, “sono ben consapevoli della reputazione delle aziende israeliane nel gestire progetti in Africa dove c’è un grande potenziale economico. C’è anche molta cooperazione nel trattare insieme sfide globali, tra cui il cambiamento climatico e i suoi effetti in Medio Oriente e in Africa”.
I progetti in Africa
L’iniziativa prevede che le aziende israeliane ed emiratine richiedano l’accesso a un database congiunto al fine di creare opportunità reciproche per esplorare e promuovere progetti in Africa.
I ministeri degli Esteri di Gerusalemme e Abu Dhabi assisteranno quindi le aziende nel trattare con i vari governi nel continente con partnership in Uganda, Kenya, Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio e Senegal, scelti in base a criteri che si basano sulla loro capacità di promuovere accordi commerciali, la maturità diplomatica, i progetti in sospeso, e non ultimo, i vantaggi relativi delle aziende emiratine e israeliane per i progetti in questi paesi.
Entro il 2050 raddoppia la popolazione in Africa
Secondo Ravia-Zadok, l’aumento demografico in Afrca passerà da 1,3 miliardi di persone nel 2020 a 2,5 miliardi entro il 2050, il che significa che il continente ospiterà circa il 25% della popolazione mondiale.
“Secondo la Banca Africana per lo Sviluppo, il continente ha bisogno di investimenti tra 130 e 170 miliardi di dollari in infrastrutture, quindi è sufficiente avere una piccola quota per generare un enorme profitto.
“Israele porta con sé capacità di livello mondiale e una reputazione di alto livello nei settori dell’agricoltura e dell’acqua. Israele è anche un leader mondiale nella tecnologia digitale e nelle comunicazioni.
Gli economisti hanno fatto i conti senza Netanyahu
Secondo molti analisti, l’impegno degli Emirati Arabi Uniti in una relazione strategica a lungo termine con Israele dovrebbe sopravvivere alle turbolenze politiche, dicono gli analisti, dopo che una delle coalizioni di governo più di destra nella storia di Israele, ha suscitato le proteste di gran parte del mondo arabo e hanno attirato la condanna degli Emirati Arabi Uniti, anche per la politica di insediamenti dei coloni israeliani nella Cisgiordania occupata.
Nonostante tutto il Partenariato Economico è entrato in vigore nel 2023
Tuttavia, la cooperazione economica e commerciale, uno dei principali motori della normalizzazione delle relazioni del 2020 tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele, che ha infranto decenni di politica araba nei confronti della causa palestinese, ha avuto un’accelerazione quando nell’aprile di quest’anno, è entrato in vigore un Accordo di Partenariato Economico Globale (CEPA) tra i due paesi, che prevede la rimozione o la riduzione dei dazi su oltre il 96% dei prodotti.
Il gigante energetico degli Emirati Arabi Uniti, ADNOC, ha annunciato, sempre nell’aprile del 2023, di far parte di un’offerta congiunta da 2 miliardi di dollari per la metà del produttore israeliano di gas naturale offshore NewMed Energy.
Questo segue l’acquisto nel 2021 del 22% del giacimento di gas Tamar in Israele da parte di Mubadala Energy di Abu Dhabi, per circa 1 miliardo di dollari.
Neil Quilliam, socio di Chatham House, centro studi britannico, specializzato in analisi geopolitiche e delle tendenze politico-economiche globali, tra i più accreditati think tank a livello mondiale, ha dichiarato che “l’offerta per NewMed Energy dimostra un investimento a lungo termine nel settore energetico di Israele, il che dimostra quanto sia diventato strategico il rapporto tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti”.
Gli Emirati investono in Israele
Gli Emirati stanno poi investendo nei porti israeliani, a cominciare da Eilat nel Mar Rosso e Haifa nel Mediterraneo per trasformarli in snodi tra Europa e Golfo. Attraverso gli Emirati, Israele può invece accedere ai mercati dell’Asia, grazie all’hub infrastrutturale di Dubai, fondamentale anche per re-export e transhipment, oltreché per le tante zone di libero scambio presenti nella federazione degli EAU.
Israele investe a Dubai
Sono novantasette le aziende israeliane (dato di maggio 2023) che stanno investendo attraverso la zona franca del Dubai Multi Commodities Centre (DMCC), con un incremento del 25% rispetto a gennaio 2023. Quasi un terzo delle aziende israeliane operano nei settori dei metalli preziosi e delle pietre, dei servizi finanziari, della tecnologia e delle telecomunicazioni e dei servizi professionali. Altri settori includono costruzioni, ingegneria e macchinari, media e marketing, energia, alimentari e agricoltura.
I benefici forniti dalla zona franca includono l’esenzione da tasse, come l’assenza di imposte sul reddito per 50 anni e assistenza nei servizi di costituzione dell’azienda e nel processo di visto per i dipendenti e le loro famiglie.
Ahmed Bin Sulayem, presidente esecutivo e amministratore delegato del DMCC, ha dichiarato: “Sono personalmente entusiasta di vedere questo aumento del 25% dei membri provenienti da Israele, che è ulteriore prova che le aziende israeliane credono nella proposta di valore del DMCC.
“Nei prossimi anni, aumenteremo la nostra attenzione su Israele e manterremo questo incredibile slancio in avanti. Sono quindi fiducioso che vedremo molte altre aziende israeliane scegliere Dubai e il DMCC per espandersi e accedere al mercato globale”.
Le armi piacciono a tutti
Tra Emirati e Israele, la cooperazione tra industrie della difesa è subito cresciuta, divenendo uno dei settori di collaborazione più appetibili e remunerativi.
Gli Accordi di Abramo del 2020, al netto dei sottointesi intenti di pace, hanno consentito a Israele di entrare in affari con alcune regioni del Medio Oriente. A febbraio 2023, alla International Defense Expo di Abu Dhabi, le aziende israeliane che producono armi erano presenti per approfittare dell’opportunità di consolidare le loro relazioni con potenziali partner e acquirenti nel Golfo.
Secondo le liste degli espositori, più di 60 aziende israeliane hanno partecipato a IDEX 2023, il che significa che lo Stato di Israele era rappresentato da tante aziende quante quelle cinesi. All’interno del padiglione israeliano, funzionari degli Emirati Arabi Uniti hanno esplorato lo stand del Ministero della Difesa di Israele, che ospitava aziende come Rafael, Israel Aerospace Industries ed Elbit.
Bentzion Levinson, fondatore e CEO di Heven Drones, che ha in vendita il nuovo drone alimentato a idrogeno H2D55, ha dichiarato che grazie agli accordi economici con gli Emirati hanno prodotto “un cambiamento totale a 180 gradi: prima degli accordi, non era possibile fare affari in modo aperto”.
Ma nell’ambito di IDEX 2023, in una sorta di “dietro le quinte” Israele e gli alleati arabi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti) si sono confrontati riguardo alle minacce aeree da parte dell’Iran.
Gli accordi di Abramo non sono falliti
Una lettura superficiale potrebbe indurre a pensare che gli accordi, siglati nel 2020, possano essere messi in discussione dalla recente crisi aperta da Hamas il 7 ottobre e che oggi vede Gaza sotto il bombaramento israeliano. In realtà gli accordi hanno iniziato un percorso destinato a mattere radici solide nella Regione, perché si basano su convenienze economiche che accontentano tutti. Forse la parola chiave dell’accordo non era “Pace” ma “Opportunità”, e questa prospettiva è stata accolta favorendo accordi commerciali win win.
Rimane da chiarire cosa fare dei 2 milioni di abitanti di Gaza e dei restanti palestinesi che sono in Cisgiordania, che da una prima analisi, sembrerebbero gli unici sacrificabili sull’altare del profitto.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.