Questione di buona memoria

Alla fine il cambio della guardia

Se ne parlava ufficialmente dagli ultimi giorni di settembre, e ufficiosamente da molto di più. E alla fine il cambio della guardia c’è stato. Cose da grandi aziende, editoriali e non, come la Gedi. Dove tutto viene studiato e ristudiato nei particolari e in ogni dettaglio.

Così via Massimo Giannini a “La Stampa”, rispedito a fare l’editorialista a “Repubblica” e sostituito da Andrea Malaguti ex vicedirettore, e via Luca Ubaldeschi da “Il Secolo XIX” con l’ingresso in direzione di Stefania Aloia, ex vicedirettrice di Repubblica –  (direttora, direttrice, o addirittura direttore, come ha preteso Beatrice Venezi sul palco dell’ultimo Sanremo suscitando l’indignazione del mondo al femminile) -.

Tutto giusto, per carità. Del resto Giorgia Meloni – sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana – è o non è il presidente del consiglio? E Beatrice Venezi qualche tempo fa non ha dovuto rinunciare ad un evento a Nizza dopo essere stata contestata da 12 associazioni femminili francesi che l’’accusavano di essere addirittura neofascista per i suoi trascorsi, le sue simpatie e le sue amicizie?

Comunque, tranquilli. Perchè sin dal primo giorno, cioè martedì 17 ottobre, il tamburino della gerenza, in ultima pagina de Il Secolo XIX, quella delle previsioni del tempo, dell’oroscopo, della tabella sui numeri ritardatari del gioco del lotto, del sudoku e del cruciverba, è stato cambiato. Sostituita la voce che accompagnava il nome del direttore responsabile uscente Luca Ubaldeschi con quello della Stefania Aloia. Con tanto di incarico: direttrice responsabile.

Luca Ubaldeschi (Credit: X)

Parola d’ordine: innovazione

Del resto proprio nell’edizione del suo ultimo lunedì Ubaldeschi aveva salutato i suoi affezionati lettori.  E lo stesso Ubaldeschi aveva dato l’addio ai suoi “clienti” con un fondo che iniziava in prima pagina e terminava in quattordicesima con il titolo “La Forza di un giornale moderno” in cui zio Ubi, di Novi Ligure, parlava dei suoi cinque anni di regno al Monono, iniziati subito a ridosso della tragedia del ponte Morandi e dedicati a difendere un giornale che esaltava, o avrebbe esaltato, le doti di resilienza dei liguri. Solo che poi nel fondo che lui passava la  mano lo si capiva solamente alla fine, quando ha augurato alla Aloia e al Secolo XIX un cammino illuminato dal sole…

E a raccontarla tutta era un po’ che i suoi giornalisti si preparavano a questo cambiamento e lo si intravedeva proprio nelle ultime edizioni del giornale: un po’ più movimentista e meno ingessato del solito nell’ edulcorare e difendere i curiosi i moti sotterranei del palazzo. Magari con una residua attenzione a risultare di volta in volta bipartisan. E comunque all’interno giornalisti ben attenti a riposizionarsi perchè una donna, proveniente da Repubblica, anche se il giornale appartiene allo stesso gruppo editoriale della famiglia Agnelli, probabilmente avrà un’altra visione rispetto a un novese cresciuto a La Stampa come vice di Mario Calabresi, e andato via ben prima dell’arrivo di Giannini.

Stefania Aloia (credit: ODG)

Cinque valletti per la Direttrice

Concludevo il mio post sul mio profilo social: “E da domani  cambierà anche un po’ il tamburino a pie’ di pagina della gerenza. E magari arriverà anche qualche cambiamento nelle posizioni apicali della redazione dove compaiono soltanto maschietti”.

Però sino a ieri nessun cambiamento rilevante: tra vicedirettori, capiredattori centrali e staff centrale continuano a comparire cinque giornalisti appartenenti al sesso forte. Ma probabilmente è presto. E la Aloia, senza dubbio, inizierà a studiare la situazione e a guardarsi un po’ attorno. Anche se a Il Secolo XIX le giornaliste donne di una certa anzianità di servizio ed esperienza non risulterebbero essere in gran numero.

Intanto nel suo fondo in prima pagina- che gira e termina in diciassettesima- la neo direttrice ha iniziato a declinare l’importanza dell’innovazione, ma senza dimenticare il recente passato del quotidiano, riprendendo il discorso lasciato a metà dal fondo dell’illustre partente.

Con un titolo che gioca fra innovazione e memoria, anche se almeno un po’ potrebbe far pensare ai toni di una lectio magistralis: “Cosa significa innovare senza dimenticare”.

Marito Paternostro

Gli auguri di Paternostro

Mario Paternostro, presidente di PrimoCanale e antico giornalista transitato in passato da Il Giornale al Secolo XIX, proprio come la Aloia che ha iniziato la sua carriera scrivendo sulle pagine piemontesi de Il Giornale, e arrivata a dirigere il quotidiano genovese a 54 anni, l’ha salutata cosi sulle pagine social di Primo Canale mettendo in risalto il primato, quasi si trattasse di un’anomalia nel mondo maschile della carta stampata, della prima donna arrivata a dirigere quel giornale: “La prima donna direttore nella storia pluricentenaria del giornale. E’ una svolta molto importante per il quotidiano. Come antica penna del “Decimonono” le do il benvenuto e mi congratulo con lei. Prima direttrice del “Monono”, torinese, esperienze al “Giornale”, caporedattrice centrale a “Repubblica”, quindi in un ruolo-chiave delicatissimo nella fattura di un quotidiano, è la quinta direttrice italiana.

Sono sicuro che la sua visione della nostra città servirà a tutti per capire meglio chi siamo e dove vogliamo andare. Sarà utile a noi giornalisti, ma anche ai politici e agli imprenditori. A chi vive e lavora in questa città. A Luca Ubaldeschi che dopo cinque anni di direzione va  a guidare il gruppo dei giornali del Nord Est auguri di buon lavoro”

E poi, da anziano giornalista ha anticipato molti dei contenuti del fondo della prima direttrice: “”Genova è spesso indicata, a mio modo di vedere in maniera un po’ banale e frettolosa, una città chiusa alle novità. Semmai è proprio il contrario, perché da Genova sono partite alcune delle “svolte” più importanti, diventate poi svolte nazionali. Non solo in politica. Molte donne sono state protagoniste di queste svolte, sia ai vertici di aziende strategiche, lo abbiamo visto anche in questi giorni, per esempio nel campo della nautica, come nella politica e nel sociale”.

Con il lungo elenco di genovesi illustri, nel sociale, in politica, e come penne  del giornalismo locale: “Penso a Bianca Costa, storica famiglia industriale e lei creatrice del Ceis, quell’innovatore centro di accoglienza inventato nel 1973 quando di droga si parlava ancora poco, e ancora meno di terapie, sostegni, reinserimenti. Penso alla prima sindaca di Genova, Marta Vincenzi, alla guida di Palazzo Tursi in un momento di scelte delicatissime, penso a figure di primo piano nel mondo dell’arte come Caterina Marcenaro, prima docente donna nella nostra Università (1945) austera guida delle Belle Arti quando bisognava ricostruire la cultura genovese dopo la guerra, soprannominata “la zarina” per il suo non facile caratterino.

Penso a Luisa Massimo che guidò l’oncologia pediatrica del grande Gaslini negli anni ’80 e ’90. Insomma in questa benedetta città che molti per comodità definiscono “ostile” “refrattaria alle novità” accade spesso proprio l’opposto. E proprio alle donne è toccato guidare i cambiamenti.

Quindi mi fa piacere che al vertice del giornale dove sono stato trent’anni con grandi maestri come Tito, Rognoni, Giglio, Sconcerti, Rizzuto e Di Rosa, possa sedersi una direttrice. Ho avuto la fortuna, sia al “Secolo” che a Primocanale, di lavorare con colleghe molto toste. La cronaca che negli anni ’80 e ‘90 ho avuto l’onore di guidare macinava notizie con Chiara Borghese, Anna Pisani, Maria Latella, Daniela Altimani, Nelda Rota e poi l’indimenticabile, Donata Bonometti in ruoli-chiave e la prima tv privata ligure (diretta prima che arrivassi io da una giovanissima giornalista, Ilaria Cavo) lavorando insieme a Elisabetta Biancalani, Tiziana Oberti, Francesca Baraghini, Anna Chieregato, alcuni volti che oggi, con mia grande soddisfazione vedo anche sulle tv nazionali.

Chissà che una donna al vertice del quotidiano di Genova svegli una politica molto sonnolenta, dove in troppi si sono adagiati anche su scelte che, probabilmente, andrebbero contestate e non accettate tout-court.

Questa è una città dove l’animo femminile ha dato risultati straordinari. Penso a Nanda Pivano che ha tradotto per prima i grandi scrittori americani del dopoguerra da Hemingway a Faulkner alla Beat generation (la strada? Quando?) o all’occhio fotografico rivoluzionario di Lisetta Carmi. Insomma, benvenuta Stefania Aloia in questa città meno strana e rognosa di quanto spesso sia stata raccontata”.

Genova città “rognosa”

Quindi benvenuta Stefania Aloia nella città del Maniman, nella #GenovaMeravigliosa del sindaco Marco Bucci e del Governatore Giovanni Toti, tutta ombrellini, girandoline, red carpet e fuochi d’artificio, degli scivoli che non sciviolano, delle strade sporche e piene di buche fatte dimenticare dagli annunci di opere mirabolanti finanziate con gli stanziamenti del Pnrr, città dei mille supermercati, delle fiere e dei mercatini buoni per attrarre turisti ma che che spesso cercano di far dimenticare la cultura con una direttrice del Ducale scomoda cacciata per concorso. Città della festa della bandiera, del salame piu lungo del mondo, del jeans e del formaggio. oltre che naturalmente della focaccia, di quella con la cipolla intinta nel cappuccino… e del pesto.

Benvenuta Stefania Aloia nella città dove emittenti locali e giornali sono massicciamente assistiti dalla pubblicità istituzionale. Benvenuta nella città dove i messaggi d’amore sono scritti a caratteri cubitali illuminati sulle facciate delle sedi istituzionali, utilizzati alla pari di siti e  delle pagine di annunci di incontri sulla carta stampata. Benvenuta In una città da sempre definita “sperimentale”, nella città del Ponte Morandi e della torre piloti, saldamente ed economicamente in mano sempre alle stesse famiglie e ai potentati economici.

E di questo nel fondo di Aloia non risulta traccia anche se si parla  in maniera generica di innovazione e di non dimenticare… magari la data del 30 giugno del 1960, quella dell’insurrezione popolare contro il congresso dell’MSI, oppure la medaglia d’oro della Resistenza.

Più genericamente la direttrice scrive di non demonizzare l’innovazione definendo i social e la rete un transfer e i giornali della carta stampata il luogo dove aprire il dibattito: “Non è compito di un giornale stare pregiudizialmente con le maggioranze o le opposizioni in politica. È compito di un giornale dare conto dei progetti, metterne in evidenza i costi e i benefici, riportare le critiche quando ci sono, sollecitare il rispetto dei tempi se capita che si dilatino in modo eccessivo”. La tradizione del giornalismo dei tempi che furono, insomma.

Con un’operazione di memoria, che tenga comunque presente l’innovazione senza demonizzarla e i pareri che fluttuano sulla rete. Già, la rete che sta seppellendo la carta stampata, per la quale ormai ogni politico che si rispetti paga fior di soldi ai suoi comunicatori in vena di narrazioni di parte.

Quindi ben venuta a Stefania Aloia in una città complessa in mano da decenni a poteri complessi, sempre gli stessi, fra politica imprenditori/prenditori e penetrazioni di malavita e mafia. Con tanto di interessi e capitali. E benvenuta nella Genova “bene” dei festini con escort e coca, in cui chiesa e beneficenza finiscono per deviare su interessi personali.

Questo la Aloia non l’ha detto. Le occorrerà un po’ di tempo per capire a fondo e comprendere la città, i liguri e perfino i genovesi da sempre resilienti, anche alle brutte novità.

Intanto i suoi giornalisti sperano, e forse si illudono, che tra proprietà – sempre la stessa per testate nazionali e territoriali – e nuova direttrice sull’informazione dell’ultimo periodo possa cambiare qualche cosa. Intanto tra inchieste giudiziarie con la ribalta per nomi eccellenti da destra a sinistra, potrebbe sembrare che qualche cosa sia cambiato. Perchè, come si diceva una volta, nell’informazione l’importante è rendere conto ai fruitori, lettori, cittadini, della notizia. Anche se poi le interpretazioni, che almeno un tempo costituivano il corpo dell’articolo, oggi un po’ finiscono per latitare e succede che la rete, tra tifosi e odiatori seriali, abbia sempre il sopravvento.

Però anche se Aloia apre sin da subito al terzo valico, alla gronda e alla diga, al turismo e al centro cittadino sempre più attrattivo, magari con il tempo finirà per ricredersi di fronte alle reiterate proteste dei cittadini che vedono qualche pesante minaccia al loro livello di vita già non facile nella città dei supermercati ma comunque già da un po’ di stagioni la più cara d’Italia. Ma penso che avra’ tutto il tempo per  fare operazione di memoria e conoscere tutto meglio e assuefarsi all’ambiente.

E siamo d’accordo: Genova è una città complessa e può risultare complicato prendere la direzione di un giornale di una catena editoriale della famiglia Agnelli.

Vorrei ricordarle, concludendo, un bell’aforisma di Josè Saramago, scrittore e giornalista portoghese premio Nobel per la letteratura nel 1998, sul finire del secolo, passato fra i più ormai tredici anni fa. Un aforisma da tenere sempre a mente: “Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.

Ma Flaiano può aiutare

Oppure per tutte le altre questioni può sempre venir bene Ennio Flaiano che nella “Grammatica essenziale” del 1959 scriveva:

Chi apre il periodo lo chiuda.
È pericoloso sporgersi dal capitolo.
Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo.
Chi tocca l’apostrofo muore.
Abolito l’articolo, non si accettano reclami.
La persona educata non sputa sul componimento.
Non usare l’esclamativo dopo le 22.
Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
Per gli anacoluti servirsi del cestino.
Tenere i soggetti al guinzaglio.
Non calpestare le metafore.
I punti di sospensione si pagano a parte.
Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
Per le rime rivolgersi al portiere.
L’uso del dialetto è vietato ai minori dei 16 anni.
È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
Nulla è dovuto al poeta durante il recapito

Paolo De Totero

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta

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