Gli indizi a carico dell’ indagato sono stati raccolti grazie ad una attività di intercettazione telefonica e telematica, di monitoraggio dei profili social dell’indagato, unitamente ad una ricerca su fonti aperte
Da quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, nell’ambito di un’operazione congiunta tra la Polizia di Stato e il Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo internazionale durata molti mesi, il 13 ottobre, F. R., operaio genovese di origine bengalese, ha pubblicato sul suo profilo facebook un post di adesione al proclama pubblicato da Al Quaeda “Declaration of attacks on the Quran and duty to fight against the aggressor”, nonchè all’invito pubblicato da AQIS (acronimo per Al Quaeda in the Indian Subcontinent) “unica via da seguire per fermare questi crimini è il jihad e il qital” (lo stato di guerra).
In particolare, scrive il giudice che ha firmato l’ordinanza: “R. pubblicava un video dove si vedono ballare insieme musulmani ed ebrei, il filmato reca la scritta con caratteri arabi che riprende il versetto della sura Al Tawba (il pentimento), che rappresenta un monito verso una parte di musulmani indicati come gli “ipocriti” ossia coloro che sembrano credenti, ma tradiscono l’Islam”.
“La tempistica di tale pubblicazione da parte dell’indagato e il contenuto del video pubblicato ricalcano – continua il magistrato – il proclama con cui il 13 ottobre Al Quaeda, attraverso il canale di media di riferimento Al-Shahab, ha celebrato l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre come una “battaglia benedetta” minacciando che “l’imminente ondata di eroi islamici farà dimenticare ai sionisti e ai crociati gli orrori dell’11 settembre”.
Nel documento quaedista – si legge nell’ordinanza – viene celebrata la pianificazione ed esecuzione dell’attacco di Hamas, incitando tutta la comunità musulmana mondiale ad agire contro “i crociati, gli ebrei ed i loro alleati”. In particolare Al Quaeda afferma che è dovere di ogni musulmano combattere il jihad, e che la battaglia non deve essere solo dentro la Palestina ma in ogni mare, terra e cielo dove si trovano i nemici”.
Le autorità sospettano che il cittadino bengalese abbia legami con l’organizzazione terroristica Tehrik-e Taliban Pakistan (TTP), affiliata ad Al-Qaeda, e abbia diffuso messaggi di incitamento al terrorismo attraverso i social network ed è accusato di diversi reati, tra cui l’istigazione, attraverso la rete Internet e i social network come Facebook ed Instagram, a commettere delitti di terrorismo .
La sua partecipazione all’organizzazione terroristica TTP è stata confermata dalle autorità, e questa organizzazione è stata inclusa nell’elenco ONU di individui, gruppi ed entità soggetti a sanzioni per i loro legami con l’ISIL (Da’esh) e Al-Qaeda.
L’indagine ha rivelato che il presunto terrorista avesse un coinvolgimento significativo in attività legate al terrorismo infatti sul suo profilo Facebook dove si definiva “Guerriero/Soldato di Dio” e “Amante di Al-Qaeda”, diffondeva video e messaggi di natura violenta, istigando alla violenza e all’odio. Inoltre, aveva aderito a un gruppo informale chiamato “il Gruppo dei 20”, che condivideva l’obiettivo dell’affermazione assolutista dell’Islam, anche attraverso metodi violenti.
Il sospettato aveva compiuto attività di addestramento per atti di violenza e sabotaggio di servizi pubblici essenziali, apprendendo l’uso di armi da fuoco, in particolare il fucile mitragliatore AK-47, e le tecniche militari di combattimento. Manifestava anche la sua disponibilità al combattimento e al martirio, creando e pubblicando video che ne attestavano la sua determinazione.
Attraverso i social network, l’indagato aveva pubblicato post inneggianti al “giusto sacrificio” per la causa jihadista, celebrando anche i combattenti islamici morti come “martiri”. Aveva diffuso contenuti violenti, compresi video di lapidazioni e decapitazioni. Le autorità hanno anche scoperto che l’indagato aveva inserito un “like” su un post che celebrava un attentato a Gerusalemme che aveva causato la morte di sette persone.
L’indagine ha rivelato che il sospettato e i suoi contatti facevano parte di un network intercontinentale affiliato ad Al-Qaeda, il cui obiettivo era la propaganda della riscossa violenta in nome di un salafismo jihadista intollerante.
È fatta salva la presunzione di innocenza — in base agli artt. 27 della Costituzione, 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, 47 e 48 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea — delle persone sottoposte ad indagini preliminari, nonché la possibilità per le medesime di far valere, in ogni fase del procedimento, la propria estraneità ai reati.
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