La drammatica prima settimana del 2024 sta dimostrando che la reazione israeliana a Gaza contro Hamas è stata abnorme e che probabilmente l’intento di Benjamin Netanyahu era quello di cancellare i palestinesi da quel territorio per fare spazio ai coloni
Ma da ragione anche a coloro che sospettavano che i gruppi di terrorisati islamici avrebbero colto la palla al balzo per scatenare la reazione di Israele e Stati Uniti su più fronti, tutti insidiosi e traballanti con un castello di carte, come Yemen e Libano.
In mezzo a questo massacro c’è una comunità internazionale, soprattutto quella europea, che rimane inebetita alla finestra dimostrando la sua inefficacia politica.
Se qualcuno cercava una guerra vera e importante in Medio oriente è stato accontentato.
L’Iran è al centro di tutto ciò che accade in Medio Oriente
Tuttavia, la probabilità di una di una definitiva deflagrazione regionale dipende dalle intenzioni, non chiare, dell’Iran e dal controllo che esercita sui numerosi gruppi terroristici che ha finanziato negli ultimi dieci anni in cinque paesi sovrani.
L’Iran è al centro di tutto ciò che accade in Medio Oriente, ma non è in grado di incidere a livello diplomatico e men che meno militare, nei confronti delle ricche monarchie del Golfo per convincerle ad assumere un atteggiamento ostile nei confronti di Israele. D’altronde è pur vero che per Qatar, Kuwait, Bahrein e per Arabia saudita, Emirati e Oman, qualche decina di migliaia di morti palestinesi, ormai diventati statistica, non valgono i vantaggi economici e militari di un patto di non belligeranza con Israele.
L'”asse della resistenza”
L’Iran compensa la mancanza di peso diplomatico regionale attraverso l'”asse della resistenza”, che è il lascito di Qassem Suleimani, il capo della forza al-Quds dell’Iran, ucciso su ordine di Donald Trump nel 2020, in base ai quali l’Iran fornisce, addestra e talvolta dirige milizie operanti all’interno e all’esterno dei governi in Libano, Iraq, Siria e, più recentemente in Yemen.
Al netto di quanto affermino gli analisti USA sulla scarsa compattezza militare e politica di questi gruppi “ribelli”, quello che è indiscutibile è che queste forze stanno lentamente aumentando la pressione, Stato Islamico compreso, e Israele e gli Stati Uniti cercano di tamponare gli attacchi ormai quotidiani con massiccio lancio di missili.
I gruppi collegati all’Iran
Gli Houthi, formalmente noti come Ansar Allah (“Sostenitori di Dio”) sono attori relativamente nuovi sulla scena internazionale.
Il gruppo si è guadagnato la ribalta internazionale nelle ultime settimane dopo aver intensificato la sua campagna di attacchi contro navi commerciali nel Mar Rosso in risposta al bombardamento di Gaza da parte di Israele.
Fin dal 1990, quando è stata formata la Repubblica dello Yemen, il movimento Houthi non esisteva, ma dopo una serie di durissimi scontri, il gruppo zaidita aveva preso il controllo della capitale, Sana’a, e del porto strategico di Hodeidah, diventando, oggi, una delle maggiori minacce ai traffici commerciali in Mar Rosso.
Hezbollah in Libano
Hezbollah ha rivendicato il lancio di razzi dal Libano sul Monte Meron, nel nord di Israele. In una dichiarazione, il gruppo terroristico ha affermato di aver preso di mira un’installazione militare israeliana nell’area. L’attacco, afferma l’organizzazione, e’ “una risposta iniziale” al presunto assassinio israeliano del funzionario di Hamas Saleh al-Arouri in Libano la scorsa settimana.
Israele ha attaccato il Libano dopo la rivendicazione del raid di Hezbollah che ha lanciato circa 40 razzi nel nord del Paese, all’alba di stamani. Le forze di difesa israeliane hanno affermato che i loro aerei da combattimento hanno attaccato una serie di siti gestiti da Hezbollah nelle aree di Aita al-Sha’ab, Yaron e Ramya.Tra gli obiettivi c’erano un sito di lancio ed edifici militari.
Borrell, auspica che il Libano non sia “coinvolto in un conflitto regionale”
Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, auspica che il Libano non sia “coinvolto in un conflitto regionale”, malgrado le ostilita’ nel sud del Paese tra Hezbollah e Israele. “E’ un imperativo evitare una escalation regionale in Medio Oriente, e’ assolutamente necessario evitare che il Libano sia trascinato in un conflitto regionale” ha detto Borrell parlando a Beirut con il suo omologo libanese. “Mando lo stesso messaggio a Israele: nessuno uscirà vincitore”.
Fin qui la cronaca che si innesta in un quadro più complesso e allargato che rischia di far esplodere un conflitto in Medio Oriente che avrà gravi ripercussioni anche sul resto del pianeta.
Ma quale è l’influenza del “Partito di Dio”?
“Il Partito di Dio” nasce nei primi anni ’80 come movimento armato contro l’invasione israeliana nel Libano meridionale, per trasformarsi, via via, in partito politico a sostegno dei bisogni della popolazione.
Hezbollah, punto di riferimento della comunità Sciita, grazie a un’organizzazione ramificata e sofisticata, è dotato di una vera e propria struttura finanziaria di assistenza alla popolazione.
E da una collocazione marginale nel sud del Libano, grazie alle sue politiche di “welfare”, l’influenza di Hezbollah cresce in maniera rapida fino a diventare l’ago della bilancia negli equilibri politici ed economici anche nei rapporti internazionali.
Nel 2005, con il governo Fouad, il movimento del “Partito di Dio” arriva ad occupare ben 3 ministeri.
Shura e Jihad
Hezbollah è composto da due organi, il Consiglio della Shura, istituzione di guida politica, spirituale e di gestione delle attività sociali e di welfare, e il Consiglio del Jihad, con all’interno milizie adibite al controllo e alla sicurezza del territorio. A capo del partito, c’è Hassan Nasrallah, salito al comando di Hezbollah nel 1992 dopo l’uccisione da parte delle forze israeliane del precedente leader Abbās Al-Musāwī.
Hezbollah agisce su due livelli, all’interno del sistema politico libanese e al suo esterno. Al suo interno si muove nei limiti della Costituzione per poter agire come forza di governo e all’esterno, tramite il “Jihad”, si può occupare di assistenza sanitaria o servizi sociali che spesso il governo libanese non è in grado di garantire.
Hezbollah, un impero finanziario
Ma l’organizzazione assume anche la forma e la forza di una vera e propria holding finanziaria, perché attraverso la “Fondazione dei Martiri” e la più importante associazione “Jihad Al Binaa”, gestisce un impero economico fatto di banche, ospedali, società di consulenza, aziende di costruzione edilizia, negozi, supermercati e pozzi petroliferi.
Visto l’efficace livello organizzativo sul territorio libanese, i militari di Hezbollah sono stati indispensabili ai caschi blu per mantenere l’ordine sociale che ha poi portato al “cessate il fuoco” e alla successiva pacificazione, soprattutto nel Libano del Sud. Infatti sono proprio le Nazioni Unite a non considerare Hezbollah un’organizzazione terroristica, anche se allo stesso tempo diversi Stati come USA, Francia e Olanda, sono di parere opposto.
Per quanto riguarda l’Unione, il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2005 una risoluzione, non vincolante, che di fatto accusa Hezbollah di aver condotto attività di stampo terroristico. L’ONU ed alcuni Paesi dell’Unione Europea, compresi l’Italia, la Germania e la Spagna, pur esprimendo riserve e critiche nei confronti di Hezbollah, non lo considerano un’organizzazione terroristica e, a più riprese, nell’estate del 2006, ministri e alti funzionari delle Nazioni Unite, di questi Paesi e dell’Unione Europea hanno riconosciuto Hezbollah come un interlocutore politicamente legittimo e un membro della coalizione che sostiene il governo libanese, incontrandone i ministri al pari di quelli affiliati ad altre forze politiche.
Hezbollah e il mondo arabo
Ma Hezbollah gioca un ruolo importante anche nell’ambito del mondo arabo. Per la maggioranza dei paesi arabi il movimento è considerato legittimo ma paesi come Arabia Saudita, Egitto, Giordania e gli Stati parte del Gulf Cooperation Council lo accusano di atti terroristici e di destabilizzare la regione. Questo giudizio è dovuto al fatto che uno dei maggiori finanziatori del “Partito di Dio” è l’Iran.
Certo che se Hezbollah è un’organizzazione con due teste, una che mira a farsi accettare come partito o movimento che opera nel rispetto delle leggi anche internazionali, e l’altra che gestisce una forza militare addestrata e ben equipaggiata che sarebbe in grado di intervenire o organizzare atti terroristici di grande portata, rimane pur sempre il fatto che dal punto di vista accademico perimetrare cosa sia un’organizzazione terroristica non è affare semplice.
Il “Partito di Dio” nella guerra del 2006
I Rapporti tra Hezbollah e l’Italia sono buoni, come lo erano con le forze UNIFIL nel 2006 e le truppe italiane in Libano.
Quando le nostre truppe arrivarono in Libano, non ebbero problemi proprio perché il Movimento Hezbollah aveva dato precisi ordini alla popolazione su come doveva interfacciarrsi con i caschi blu e i giornalisti. Fu organizzato un cordone di sicurezza persino a “Fatima Gate”, nel sud del Libano, il punto di maggior vicinanza con Israele, perché nessuno rimanesse ucciso dai cecchini israeliani. L’altra garanzia che fu concordata era la possibilità per le aziende italiane ed europee di continuare a gestire i propri affari senza correre il rischio di subire danni, sia economici che in termini di vite umane.
Il ruolo, le caratteristiche e le responsabilità di Hezbollah sono oggetto di discussioni e analisi da qualche decennio. C’è una letteratura ancora parziale che sta cercando di approfondire le responsabilità e i ruoli ricoperti dal “Partito di Dio” sin dagli anni ’80, al fine di valutare con un buon margine di esattezza le responsabilità del movimento libanese in alcune operazioni terroristiche.
I tratti certi di Hezbollah sono la sua natura rivoluzionaria, la capacità di penetrazione politica anche internazionale e la sua funzione di snodo tra il mondo occidentale, quello degli affari, e il mondo medio orientale, diviso tra affari e religione.
Hezbollah condivide con l’Iran la fede sciita in Velayat-e Faqih, la preminenza del “clero”, la prima organizzazione nel mondo sciita al di fuori dell’Iran a farlo. Alcuni dicono che ciò renda Hezbollah subordinato al leader supremo dell’Iran, ma come ha più volte sottolineato da Hasan Nasrallah, leader di Hezbollah, “l’alleanza non significa sottomissione. L’alleanza non significa che quando un alleato prende una decisione, tutti gli altri alleati debbano fare altrettanto; in tal caso sarebbe sottomissione”.
È stato Nasrallah, ad esempio, a convincere l’Iran della necessità di intervenire in Siria per salvare il presidente Bashar al-Assad.
Gruppi sciiti in Iraq
Da quando gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq nel 2003, gruppi sciiti sostenuti dall’Iran hanno sfidato la presenza continua degli Stati Uniti. Le milizie, riunite sotto l’ombrello della Resistenza Islamica in Iraq, cercano di sfruttare il sostegno alla causa palestinese per riguadagnare popolarità.
In Medio Oriente, la rete dei gruppi armati sostenuti dall’Iran è oggi più estesa e diversificata rispetto agli anni 2000. La serie di fattori che hanno portato a questo risultato include la più ampia estensione geografica della sfera di influenza iraniana (Libano, Siria, Iraq, Yemen), le conseguenze derivate dalle rivolte arabe del 2011, l’ascesa e la caduta dello “Stato Islamico” in Iraq e Siria, l’uccisione del Generale Qassem Soleimani in un attacco aereo americano nel 2020, e, non in subordine, il secondo ritiro delle forze di combattimento statunitensi dall’Iraq nel 2021.
Venendo all’attualità, Arabia Saudita e Iran hanno concordato di ripristinare le relazioni diplomatiche nel marzo 2023: al centro dell’accordo c’è la questione della non interferenza. Tuttavia, il testo non menziona i gruppi armati sostenuti dall’Iran, che sono in apparenza indipendenti; questi non solo controllano i principali punti di transito nei loro Paesi, ma hanno anche un crescente controllo delle aree costiere (costa meridionale del Libano e Baniyas in Siria nel Mar Mediterraneo; Hodeida in Yemen nel Mar Rosso), ritagliandosi dei punti di riferimento marittimi per le attività economiche e militari.
Hamas in Palestina
Hamas è un caso a parte nel senso che le sue radici risalgono alla Fratellanza Musulmana e, a differenza di altri gruppi dal 2012, ha sostenuto gli sforzi per cacciare Assad dalla Siria, cosa a cui Hezbollah si opponeva, causando una delle più grandi divisioni nella politica islamica in decenni.
La frattura ha impiegato anni per rimarginarsi e ha portato Hamas a diventare sempre più dipendente dal Qatar anziché dall’Iran.
Hamas afferma che la sanguinosa strage degli israeliani il 7 ottobre è stata effettuata senza che l’Iran, o altre forze della Resistenza ne fosse a conoscenza.
Di parere opposto gli Stati Uniti che hanno sempre sostenuto il contario, convinti della complicità di Teheran come finanziatore dell’operazione del 7 ottobre 2023, tuttavia senza averne le prove e senza margini per poterle inventare come già successo in passato.
Anche Nasrallah ha dichiarato di non essere stato informato :”Quando ho detto che l’Inondazione di al-Aqsa era un’operazione palestinese di cui non eravamo a conoscenza, non era per distanziarci da questa operazione. Le organizzazioni di resistenza operano indipendentemente nei rispettivi paesi, prendendo decisioni basate sui propri interessi e sugli interessi del loro popolo”.
Altri insistono sul fatto che un’operazione di questa portata non sarebbe mai stata lanciata senza un confronto tra “alleati”.
Nella terra della negazione plausibile, tutto è possibile.
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