Un bosco di braccia tese davanti all’ex sede del Movimento Sociale per commemorare i tre attivisti del Fronte della gioventù uccisi 46 anni fa
Se gridi “Viva l’Italia antifascista” in un teatro d’opera e al cospetto della senatrice Liliana Segre, arrivano subito gli agenti della Digos a identificarti. Se sono centinaia di camice nere, in formazione militare, ad alzare romanamente il braccio al grido di “Presente”, non succede nulla.
“Non vi è dubbio che quanto accaduto in via Acca Larentia suscita indignazione” – ha dichiarato il ministero dell’Interno, Matteo Piantedosi, in audizione alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Aggiungendo, però, che “vietare e non osservare è controproducente e meno proficuo”. Il principio è più che condivisibile, il fatto che arrivi dallo stesso uomo che, una volta diventato ministro ha, come suo primo atto, varato il decreto anti-rave, è solo un dettaglio.
Per Ignazio La Russa il saluto romano non è sempre reato. E del resto qualcuno ricorderà quando con il braccio teso venne immortalato suo fratello Romano. Da quando è diventato la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato è molto più cauto nell’esternare alcuni suoi convincimenti e la butta in punto di diritto: “Finora ci sono state sentenze contrastanti sul fatto che il saluto romano in occasione di celebrazioni di persone decedute sia reato oppure no – ha dichiarato ai maggiori quotidiani nazionali. Perchè “una cosa è l’apologia di fascismo, una cosa è la ricostituzione del partito fascista, un’altra è la commemorazione di deceduti” – ha chiosato.
Per puro caso, è atteso per il 18 gennaio il parere della Cassazione a Sezioni Unite.
Il caso su cui gli ermellini si devono esprimere riguarda un altro appuntamento fisso della galassia neofascista, il corteo che ogni anno si tiene a Milano per la morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, ucciso il 29 aprile 1975. Nello specifico i supremi giudici si dovranno pronunciare “sull’edizione” del 2016, quando il braccio scattò a un migliaio di presenti che, oltre a Ramelli, commemoravano Enrico Pedenovi e Carlo Borsani.
Per quel rito del “Presente” vennero dapprima assolti 8 militanti, poi condannati in appello a due mesi di reclusione e 200 euro di multa sulla base della legge Mancino. Ora la Cassazione dovrà stabilire se il rito del saluto fascista compiuto nel corso di una pubblica manifestazione viola o meno le leggi Mancino e Scelba. Leggi che ci sono, e di cui spesso ci si dimentica.