Nuovo crematorio a Staglieno, il Comitato Banchelle: rischi idrogeologici e ambientali ma Tursi va avanti lo stesso. Senza di noi

“È giusto andare a gara tagliando fuori tutti i contatti con la popolazione?”

Genova – La firma sul progetto il Sindaco l’ha messa il 25 gennaio, quando la Giunta ha approvato la fattibilità tecnica ed economica del nuovo Tempio crematorio di Staglieno. Ma senza accogliere le osservazioni che i residenti della Valbisagno avevano portato in conferenza dei servizi semplificata. E soprattutto troncando un dialogo che è morto subito dopo questa firma. E lo stesso ha fatto la Regione. Perchè nessuno di quelli che erano stati invitati dal Municipio IV si sono presentati in Commissione, il 3 febbraio 2022, per parlare al territorio. Né il vicesindaco massimo Nicolò, né l’assessore regionale all’Ambiente, Giacomo Giampedrone.
Di più.
Denuncia Gabriella Rabagliati, del Comitato Cittadini delle Banchelle, che le commissioni non sono servite e “la Giunta e il Sindaco sono andati avanti tranquillamente firmando una delibera alla fine di gennaio” per far andare a gara il progetto. “Ma è giusto andare a gara tagliando fuori tutti i contatti con la popolazione?” chiede Rabagliati facendoci notare che la maggior parte della gente che vive in Valbisagno neanche lo sa del nuovo crematorio. “Pensi che quando raccoglievamo le firme la gente cadeva dalle nuvole. Ma figuriamoci, dicevano, non è possibile. Voi parlate del forno che c’è adesso”, racconta. “E no signori”, rispondevano gli attivisti del comitato che comunque di firme contro questa ennesima servitù ne hanno raccolte 938, nonostante le restrizione pandemiche. “Tutte consegnate al Sindaco” tiene a far notare. Eppure, niente. Lettera morta.

Perchè i residenti non vogliono il nuovo crematorio

Il progetto, che si estende su un’area di oltre 3.300 metri quadrati, prevede la realizzazione di un nuovo prefabbricato di 750 metri quadrati all’interno del cimitero di Staglieno dove attivare i primi due forni che poi diventeranno tre dal quarto anno. Il crematorio potrà essere operativo 24 ore su 24, con la cremazione di 4.500 salme all’anno che si aggiungeranno alle oltre 7.000 che ad oggi sono già cremate in loco dai quattro forni della Socrem. In totale fa 11.500 defunti. Un numero che preoccupa non poco i residenti soprattutto perchè il principale impatto ambientale di questo tipo di impianti riguarda l’aria. Non esistono forni crematori a emissioni zero, e quindi si tratterebbe di una bomba ecologica con gravi rischi per la salute dei cittadini.
“Per fare un piccolo esempio, ogni 100 salme si ha circa 1 kg di mercurio” che si disperde attraverso i fumi, sottolinea Rabagliati che i conti li ha fatti. Anche con l’ultima sentenza del Consiglio di Stato alla mano, che ha classificato i forni crematori come industrie insalubri di prima classe. Sì perchè da questi impianti escono polveri, fanghi, reagenti, rifiuti derivanti dalla depurazione dei fumi, e materie solide. Alcuni sono ritenuti rifiuti pericolosi. Eppure “non esiste alcuna norma regionale che fissi prescrizioni per la gestione dei rifiuti prodotti da un forno crematorio”.
Non solo.
L’area dove si prevede di collocare l’impianto è un’area soggetta a vincolo idrogeologico. E infatti Rabagliati ci mostra una tavola del PUC,  “la munero 28” precisa, dove si può vedere che il fianco del monte Veilino, che sovrasta la zona oggetto del nuovo insediamento, è indicato come frana attiva. Una macchia rossa “proprio sopra il campo 57”, oggetto dell’intervento, e sopra la strada pedonale delle Banchelle che “è stata chiusa dai Vigili del fuoco a causa delle frane”.
Ma non è finita qui.
Nella valle del Veilino ci sono delle falde acquifere e anche il pilone del viadotto autostradale è attenzionato. “Addirittura in caso di allerta rossa si prevede il blocco della circolazione”, ricorda Rabagliati che poi protesta: “Però anche di questo nessuno ne fa conto”. Nemmeno delle abitazioni. E poi conclude: “Dicono che nella zona non ci sono case. Non è vero c’è il borgo in via superiore delle Banchelle e anche il campo di tiro al volo”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.