L’agente della penitenziaria “si vendeva le celle”
Napoli – “Si vendeva le celle”, cioè, “riceveva soldi dai detenuti e dai loro familiari, all’esterno del carcere, per consentire i cambi di stanze e mettere i detenuti nelle celle con i compagni che volevano”.
Ad accusare l’ispettore Francesco Gigante, uno dei tre agenti della Polizia Penitenziaria finiti ai domiciliari oggi nell’ambito di un’indagine dei carabinieri e della stessa polizia penitenziaria, coordinata dalla DDA di Napoli che ha consentito di scoprire l’esistenza nel carcere napoletano di Secondigliano di una fiorente piazza di spaccio, è il collaboratore di giustizia Enzo Topo, all’epoca dei fatti contestati detenuto nella sezione “4” del Reparto Ligure.
Ma il “pentito”, che dichiara di avere appreso le informazioni da altri detenuti, non è il solo ad accusare Gigante. Lo fa, il 31 luglio 2019, anche un altro agente, arrestato e già condannato per corruzione: secondo il suo racconto l’ispettore, coordinatore del Reparto Ligure da 20 anni e in stretti legami con un detenuto ritenuto appartenente al clan Moccia che gli faceva da intermediario, chiedeva 1.000 o 1.200 euro per lo spostamento da una stanza all’altra e 4mila o 5mila euro quando si trattava di ottenere lo spostamento in un altro carcere o dall’isolamento.
E sarebbero quattro gli agenti penitenziari implicati nel giro scoperto all’interno del carcere di Secondigliano. Per uno di loro che oggi è in pensione ma all’epoca dei fatti era in servizio, il gip di Napoli ha disposto il carcere mentre agli altri tre sono stati notificati gli arresti domiciliari. Si tratta di Salvatore Mavilla, 59 anni, quello finito in manette, Mario Fabozzi, 55 anni, Francesco Gigante, 58 anni e Giuseppe Tucci, 47 anni. Gli ultimi tre sono tutti ai domiciliari.
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