Il giornalista d’inchiesta parla a “La Storia in piazza” e punta il dito sugli interessi, troppi, che si muovono intorno a questo conflitto
L’invasione dell’Ucraina, se anche non era prevedibile, non è stata imprevista.
La miccia, infatti, è rimasta accesa fin dalla conferenza di Monaco del 2007 quando il presidente russo presentò ai leader mondiali della difesa le sue preoccupazioni sull’espansione della Nato verso Est e accusò George W. Bush di comportarsi da padrone del pianeta: “Il mondo ha un solo padrone – dichiarò Putin – e per questo è un luogo meno sicuro”. Insomma, non è una novità che l’attivismo globale della Nato e degli USA preoccupi Mosca.
E non è la prima volta che lo zar invade l’Ucraina. Il precedente è l’occupazione della Crimea nel 2014, otto anni fa.
Da allora cos’ha fatto l’Europa?
“Il punto di partenza è che Putin ha invaso un Paese libero e di questo la storia gli chiederà conto”, spiega Andrea Purgatori, giornalista d’inchiesta e conduttore tv, che tiene subito a precisare che nonostante questo “non si può fare un’analisi corretta di quanto sta succedendo se la facciamo da tifosi”. Il punto è che in tutto questo tempo l’Ue ha chiuso gli occhi “perchè sono trascorsi otto anni dall’annessione della Crimea durante i quali nessuno in Europa e nel mondo si è reso conto che si stava scivolando verso una guerra”.
Sottovalutazione? Cecità? Torbido interesse?
“Il problema è che intorno a questa guerra si muovono gli interessi di grandi attori” chiarisce Purgatori facendo l’esempio del presidente USA: “Quando Biden dice che Putin è un macellaio, non sta parlando solo a Mosca ma anche al 50% del suo elettorato interno al quale vuol fare vedere che l’America tiene una posizione molto dura nei confronti del Cremlino”. E lo fa perchè a breve andrà alla prova del midterm da presidente zoppo che ha perso tanta della sua popolarità dopo il ritiro dall’Afghanistan.
E poi c’è Macron, dice Purgatori, che “da una parte si spende in telefonate con Putin e dall’altra però fa fatica a ordinare alle imprese francesi di fermare gli impianti in Russia” perchè anche lui “fra pochi giorni dovrà affrontare il primo turno delle elezioni presidenziali” e quindi “questa guerra è un elemento che entra in maniera importante nella battaglia politica francese”.
Ecco, dobbiamo ricordarlo che “questi signori che forniscono armi alla resistenza ucraina prendono posizione anche in base a quello che è il loro interesse nazionale”, compreso il principe saudita Mohammed bin Salman che ha chiuso la porta in faccia a Biden.
“Io l’ho raccontato più volte, e lo dicono anche i rapporti della CIA, che bin Salman è il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso al consolato di Istanbul e fatto a pezzi con una sega elettrica dal medico legale del ministero dell’Interno Saudita”, racconta Purgatori che si sofferma su un punto cruciale: “Il No al presidente USA che gli chiede di aumentare l’estrazione di petrolio per far fronte alle carenze di gas russo ha due implicazioni: che bin Salman vuole avere delle garanzie rispetto alla storia dell’omicidio e rispetto al negoziato sul nucleare con l’Iran, che è il nemico numero uno dell’Arabia Saudita e degli Emirati”.
Insomma, è assodato che “intorno a questa guerra si muovono delle forze e degli interessi che vanno ben oltre il sostegno alla resistenza del popolo ucraino”.
Gli equilibrismi di Erdoğan
E il punto non è quello di stabilire se sia utile o meno rifornire di armi la resistenza ucraina. Il punto è: “Dove è finita la diplomazia?”. Lo sottolinea ancora Purgatori che poi attacca la scelta di “mettersi nelle mani di Erdoğan, un uomo che ha messo mani e piedi in Libia, che ci ha ricattati aprendo e chiudendo il rubinetto dei profughi siriani” e che oggi si è creato un raggio d’azione indipendente da Nato e Ue “facendo un’operazione che se dovesse riuscirgli presenterà il conto all’Europa e noi dovremo pagarlo perché ci dirà che è stato lui a raggiungere il cessate il fuoco”.
E mentre la diplomazia occidentale fallisce, a far da supervisore ai colloqui di pace in Turchia c’è Roman Abramovich, “un oligarca che fa da garante mentre Zelensky chiama personalmente il presidente degli Stati Uniti dicendo dai pure le sanzioni a tutti gli oligarchi che vuoi ma non ad Abramovich perché mi serve”.
Sanzioni: il pugno duro dell’Ue non colpisce Gazprombank
Anche quella delle sanzioni, in effetti, è una zona grigia: il pugno di ferro dell’Europa ha salvato la banca di Gazprom che, “per non compromettere la possibilità di comprare il gas dalla Russia”, è rimasta fuori dalla black list degli istituti di credito che hanno ricevuto lo stop allo Swift. “Questo vuol dire molto”, commenta Purgatori sottolinenando che “in un continente sterminato come la Russia le sanzioni hanno un effetto relativo”, senza dimenticare il fatto che “la Cina è già diventata la stampella economica dello zar”.
La riscossa dei “RIC”
E il terreno militare non è l’unico sul quale Mosca sta giocando per affrontare l’Occidente. L’offensiva del Cremlino, in effetti, va avanti con una manovra a tenaglia su due fronti: quello bellico e quello diplomatico.
L’intenzione di Putin e del suo braccio destro, il ministro degli esteri Sergej Lavrov, sarebbe quello di mettere a punto un nuovo “ordine mondiale giusto e multipolare” a bilanciare la potenza degli USA e della Nato, e con la Federazione russa in testa.
Per farlo, Lavrov sta volando in giro per il mondo, da Pechino a Nuova Delhi fino a Islamabad, a raccogliere il malcontento di chi rinfaccia a Washington e Bruxelles di rincorrere una sola politica, quella dei propri interessi. E c’è già chi vede in queste prime mosse la genesi di un nuovo “blocco sovietico” che avrebbe già un nome: “RIC”, l’acronimo di Russia, India e Cina.
Che si stia “andando incontro a una nuova Guerra fredda” ne è convinto anche Purgatori: “Non appena finirà lo scontro armato, sarà molto difficile recuperare la capacità di dialogo che c’è stata negli ultimi decenni del ‘900 e questo significa che vivremo in un mondo molto più a rischio”.
La minaccia nucleare
Putin sta diventando un nemico nucleare meno prevedibile e più pericoloso? A questa domanda che ci stiamo ponendo un po’ tutti, Purgatori risponde che no, “io non credo francamente che Putin e Biden ricorreranno all’arma atomica anche se è indubbio che le armi atomiche ci siano e ci dovremo convivere”. Mosca ad esempio ha il secondo arsenale nucleare al mondo: ben 4.500 testate contro le 5.500 di Washington.
Il guaio è che “siano state rimesse sul tavolo come elemento di pressione, come elemento negoziale. È un fatto che ci riporta indietro di decenni, al momento in cui davvero se non ci fosse stata la lungimiranza di alcuni leader mondiali sarebbe finita diversamente”, conclude lanciando una freccia avvelenata ai politici di oggi: “Un elemento che mi fa davvero paura è la diversità di statura politica dei leader che abbiamo oggi rispetto alla statura politica dei leader che c’erano allora”.
Andrea Purgatori a “La Storia in piazza”
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.