416-bis: la parola agli investigatori
Genova – Una delle caratteristiche peculiari delle mafie è quella di restare sé stesse cambiando pelle. Una sorta di spirito di conservazione della specie che ha consentito ai clan di integrarsi perfettamente nella globalizzazione senza perdere quei codici criminali che nel tempo hanno reso l’onorata società un fatto culturale, prima ancora che un reato.
Le mafie hanno la capacità di riprodurre ovunque la loro biologia criminale, fatta di santini bruciati, di invocazioni, di religiosità infantile, confezionata apposta per produrre consenso sociale. Un modello metodico e durevole. A ogni latitudine.
È anche grazie a questo che le cosche sono diventate un attore influente della globalizzazione. Non una degenerazione occulta, ma una componente a tutti gli effetti.
E grazie ai soldi. Tanti. Con cui condizionare il gioco e con cui la borghesia mafiosa si accaparra posizioni di potere.
Perchè la realtà dell’associazione mafiosa non corrisponde a quella del crimine organizzato. La mafia è soggetto politico. La mafia crea un sistema di gestione del potere parallelo allo Stato, saldando in un patto scellerato imprenditoria, politica e criminalità. Su questo non ci piove.
E Bruxelles dovrebbe fare attenzione perchè i clan hanno unito l’Europa meglio dei trattati e in questa nuova geografia mafiosa ora si spartiscono i mercati, confondendo le acque fra quello che è lecito e quello che non lo è.
Ma come si fa combattere un reato che nel resto del mondo non esiste?
“Il 416-bis è una peculiarità tutta italiana. Il nostro Paese è sicuramente avanti dal punto di vista normativo e infatti il nostro codice prevede il reato di natura associativa”, ci spiega il Direttore del III Servizio della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, Giancarlo Scafuri, sottolineando che “anche gli altri Paesi stanno provando a seguire un po’ quelle che sono le orme dell’Italia ma ogni aggiustamento normativo ovviamente necessita di tempo”.
E in effetti sono decenni che il Parlamento di Strasburgo approva documenti che chiedono di estendere ai Paesi dell’Unione il 416-bis, ma restano lettera morta nonostante le pressanti richieste di Europol ed Eurojust, cioè la polizia e la magistratura dell’Unione.
“Il grande problema, quando si esce dal territorio nazionale, è avere delle norme che siano assimilabili e utili a contrastare questi macro fenomeni” aggiunge Sandro Sandulli, già Capocentro della Dia di Genova, perchè le organizzazioni mafiose non sono più soltanto quelle della coppola e della lupara, e non si sparpagliano a caso ma vanno a fare shopping giuridico nei Paesi dove le norme sono più morbide. “Cercano nuove strade per arrivare al guadagno”, dice Sandulli e “quello che servirebbe alle forze di polizia e alle autorità giudiziarie delle varie nazioni è parlare la stessa lingua e avere un organismo sul campo che faccia da coordinamento”.
E se a livello normativo il rischio potrebbe essere quello di bloccarsi ai confini, perchè oltre frontiera non esiste neppure la possibilità di confiscare ricchezze non giustificabili senza che ci sia una condanna penale, altro pilastro italiano della lotta alla criminalità mafiosa, nella pratica operativa “noi diamo tutto il nostro supporto e mettiamo la nostra esperienza a disposizione di tutti”. Racconta Scafuri che mette l’accento su come “le polizie europee sono molto sensibili alle indagini italiane e alle nostre procedure”, e conclude sottolinenando che “anche senza un reato di natura associativa come il 416-bis, i Paesi interessati al problema combattono. Combattono con le loro norme e combattono con l’autorità giudiziaria. Io sono ottimista nel senso che sicuramente in un futuro non troppo lontano arriveremo a risultati importanti In Europa”.
st
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.