La vera (o presunta)supremazia della politica

Il manager e la solitudine

Lo ammetto – sono costretto a farlo – che mi ero sbagliato. Sostenendo, qualche tempo fa, nella bagarre post risultati elettorali e conseguente “stravittoria” di Marco Bucci sin dal primo turno, che il manager, che come tale soffre di solitudine, stava rapidamente trasformando il suo intuito imprenditoriale. Mettendo in qualche modo a frutto gli insegnamenti del complicato periodo delle alleanze preelettorali. Registrando che la politica non vuole soltanto i suoi tempi e i suoi riti, ma che in fondo resta la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso, come sosteneva Franz Liszt, compositore ungherese dell’Ottocento. Eppero’ lo ammetto che mi ero sbagliato. E che, in fondo, tanto per metterla giù con i proverbi, sbagliare può essere anche umano ma voler a tutti i costi perseverare rischia, alla fine, di risultare diabolico.

E già, la perseveranza di mister Bucci, testardaggine che, se indossata ad oltranza, potrebbe perfino avvelenare i pozzi, pur dopo l’esaltante vittoria elettorale. Conferma che in un primo momento sembrerebbe avergli dato una carica incredibile. Uno stato che comunque, ed al di là della trance agonistica, occorrerebbe saper gestire. Specie a lungo termine.

Perché Marco Bucci, pur confermato sindaco di Genova, come direbbe col suo accento emiliano Pierluigi Bersani, purtroppo, o per fortuna – dipende dai punti di vista – “È questa roba qua”. Anche lui, per il suo verso, interprete dell’antipolitica. O forse precursore di un’altra tendenza alla confusione, con le sue liste senza simbolo, ma in qualche modo piene zeppe, di ex politici. Chi resuscitato e chi è convinto della rinascita e di aver purificato i propri panni nel Gange. Fiume sacro o forse no, soltanto inquinato. A seconda delle proprie intime convinzioni.

L’arte del compromesso tout court con deterioramento

Vecchia storia quella di Marco Bucci che indossa l’arroganza del manager per contrapporsi alla politica. Scriveva su “Il Giornale” già un anno e mezzo fa Remo Viazzi in un articolo dal titolo “La politica è “l’arte del governare”, ma governare vuol dire tante cose: “Mettendo rapidamente in fila , in ordine di importanza, di notorietà e cronologico gli autori delle diverse definizioni è stato di volta in volta affermato che la politica è l’arte di governare (Platone), l’arte del possibile (Otto von Bismark), l’arte dell’opportunismo e del compromesso Franz Liszt), l’arte del compromesso tout court, indice del suo progressivo deterioramento (Antonino Di Pietro). Un’analisi più attenta mostra che quella del filosofo della reductio ad unum, nonché della “filosofia politica”, tutte le comprende: governare vuol dire saper fare tutte quelle cose, perché non è mai possibile governare da soli ne’ all’interno di un sistema democratico contro qualcuno. Capacità di sintesi, di mediazione, di pragmatico utilizzo del compromesso allo scopo del conseguimento dei fini: tutto questo significa governare: “Manovrare un bastimento per dirigerlo secondo una rotta prestabilita, mediante l’impiego del timone”: una bella metafora della politica che dovrebbe piacere a Marco Bucci, notoriamente uomo di mare. Dico questo proprio per invitare – una volta di più – tanto sindaco Marco Bucci quanto il Governatore Giovanni Toti a non mortificare le legittime richieste di Forza Italia, portate avanti con determinazione e impegno di Carlo Bagnasco, di trovare la giusta rappresentatività in seno alle compagini “governative” di Comune e Regione. Ci sono i margini, manca la volontà”.

Già, erano i tempi in cui Forza Italia, che aveva contribuito alla conferma di Toti in Regione, scalpitava rivendicando anche a palazzo Tursi una maggior centralità. Come accadeva a livello nazionale dopo l’ennesima rentree di Berlusconi.

Epperò pare che il gusto per le repliche seriali dell’abbinata Governatore/Sindaco alla fine, non sia stato affatto intaccato dalle vicende post elettorali. Dell’uno come dell’altro. Con ruggini che ormai vengono da lontano. Ruggini fra i “Nostri” e i partiti tradizionali di maggioranza che sostengono le rispettive coalizioni.

Fratelli d'Italia

Il valzer delle poltrone

Con valzer e minuetti infiniti in sede di distribuzione, o spartizione delle deleghe, come accade puntualmente tutte le volte e dopo ogni tornata elettorale. “Cencelli”, vedi alla voce manuale, docet. Prima, seconda o terza Repubblica ha poca importanza. E con punte di litigiosità che altrettanto regolarmente rischiano, almeno a parole, e stando alle dichiarazioni di rito, di mettere a repentaglio coalizioni e maggioranze con le quali ci si era presentati alle elezioni. Con pericolose incrinature che vengono “tapullate”, o si riaprono a seconda delle vicissitudini, mettendo in crisi temporaneamente le alleanze che poi quasi miracolosamente finiscono per ricompattarsi. Perché la scienza dell’opportunismo suggerisce che è più importante gestire il potere e procedere in qualche modo alla conta delle poltrone su cui potersi accomodare.

Capita perciò che nell’amministrazione della vittoria, una volta smaltita l’ebbrezza, deleghe, cariche più o meno rappresentative, incarichi istituzionali finiscano per moltiplicarsi a dismisura. Probabilmente allo scopo di accontentare non soltanto le legittime aspettative personali, ma anche quelle dei partiti. Con conseguente conta delle poltrone finali.

Ed è quanto è regolarmente accaduto dopo la conta, e riconta, dei voti e l’ufficializzazione degli eletti. Con tanto di polemiche, resistenze, ostinazioni varie. Un puntare i piedi al quale hanno partecipato in diversa misura tutti i rappresentanti dei partiti della coalizione di maggioranza. Fino alla minaccia di Fratelli d’Italia e del suo coordinatore Matteo Rosso, di garantire esclusivamente l’appoggio esterno di fronte ad un Sindaco letteralmente imbestialito che una volta di più ribadiva che avrebbe deciso tutto lui con il piglio del manager. E, assicurava urlando, che non si sarebbe ne’ fatto intimorire e tantomeno imporre alcunché dalle delegazioni in pellegrinaggio a palazzo Tursi.

Solo che poi la necessaria dialettica ha finito per smorzare i toni con la lungimirante mediazione fra le pretese e l’offerta.

Quei rospi da digerire

In fondo dal momento della costruzione della coalizione di Centro destra tanto la Lega quanto Fratelli d’Italia qualche rospo avevano dovuto gettarlo giù. Tanto che Bucci aveva imposto la presenza nelle sue liste civiche di personaggi attratti dal centrismo e transitati dal Pd a Italia Viva. E fedelissimi di Raffaella Paita. Unica concessione, quella di una lista civica in cui camuffarli in qualche modo. Probabilmente visto il risultato elettorale personale e delle sue liste Marco Bucci pensava, da neofita, di aver vinto su tutta la linea. Inconsapevole che in sede di trattativa e di distribuzione di cariche, con tanto di strapuntini, sgabelletti, poltrone e poltronissime, tutto come per incanto ricomincia da capo. In una specie di supplizio da incubi.

E così è regolarmente accaduto. Con tanto di messa a punto finale in cui il mazziere finisce per tenere qualche delega o incarico per se. E si badi bene, il più delle volte non è un bluff, ma soltanto un cautelarsi. In modo che in una eventuale occasione di nuove frizioni il significativo gesto di alleggerirsi riporti nel gruppo pace e serenità. Perciò il transfuga da Italia Viva, o forse no, Mauro Avvenente dato, a seconda dei pronostici, presidente del consiglio o assessore ha finito per portare a casa una delega. Sarebbe stato troppa grazia per Fratelli d’Italia che puntava su quella carica istituzionale per un proprio consigliere. Solo che poi il sindaco Bucci, che ogni tanto finisce per eludere il suo primo comandamento di uomo del fare ha deciso di non decidere. E preferito tenere quel ruolo per se. Anche se risulta sin troppo ovvia la difficoltà di gestire la doppia carica. E non soltanto per motivi funzionali. Ve lo immaginate Bucci che dà e toglie la parola? E poi interviene come sindaco. Dà la parola, limita i tempi, anche i suoi, oltre a quelli dei consiglieri, e poi risponde. O magari, come è già accaduto, dà in smanie, offende. E poi, da uomo galante quale egli è, chiede pubblicamente scusa accompagnando la sua perorazione con l’omaggio perfino di una rosa. Insomma ve lo immaginate mister Bucci, con il doppio anzi, con il triplo incarico?Sindaco, Presidente del consiglio e Commissario. Uno e trino come un Dio qualunque. Anche se poi i ben informati dicono che, passata la tempesta, o la festa, e gabbato lu santu, provvederà ad un’altra nomina affidando l’incarico sin presidente ad un altro uomo delle sue liste civiche.

La questione pendente dell’ineleggibilità

Che poi quella di annettersi qualche delega oppure qualche carica potrebbe finire per risultare la specialità della casa. Non casualmente subito dopo l’elezione anche Giovanni Toti aveva tenuto per se’, probabilmente scottato dalla impalpabilità di Sonia Viale, l’assessorato alla sanità. Transitando comunque  indenne per oltre due anni attraverso varie richieste di passare la mano. Questione sollevata e risollevata ancora qualche giorno fa dai rappresentanti della Lega, gli stessi che nell’occasione della elezione del presidente della Repubblica non avevano gradito troppo il suo eccessivo adoperarsi a favore del Mattarella bis. Con ripercussioni e frizioni nella coalizione impegnata allora nella trattativa per le alleanze in vista delle amministrative in Comune. Però anche in quella occasione Toti era riuscito a mediare sia con la Lega sia con Marco Bucci che aveva lamentato, invece in quel caso, un eccessivo presenzialismo del Governatore nell’impartirgli consigli. E comunque anche oggi, mai come in questo caso di possibile instabilità, la Lega è tornata sull’argomento chiedendo a Giovanni Toti di farsi da parte e nominare un assessore. Ma attenzione, non uno qualunque. Ovviamente uno del loro partito. Botta e risposta con tempestiva e astuta controproposta  di Toti  a Edoardo Rixi: “Volete la sanità? Allora ritirate un altro assessore”.

Insomma questo Governatore e questo sindaco Superman che fanno il pieno di cariche e incarichi, magari non saranno politici ma si dimostrano capaci di risorse infinite e di colpi d’ala tipici da personaggi di grande mestiere tipici dei politici d’antan.

Perché poi la difficoltà di un accumulo eccessivo di cariche non è tanto quella di inserirle nel biglietto da visita o farli risultare nel proprio curriculum. La difficoltà è gestire il tutto pericolosamente, magari fra un red carpet o un fuoco d’artificio e l’altro. E non è detto che per Bucci, dopo aver fatto il pieno e terminata la fatica della composizione della sua giunta, non ci sia in arrivo l’ulteriore tegola dell’azione popolare sulla sua presunta ineleggibilità.

Vicenda su cui l’opposizione in campagna elettorale quasi non si è spesa. Tanto che qualche acuto commentatore, magari in vena di complottismi, ha sollevato il dubbio che in fondo, il Pd e la coalizione di sinistra abbia voluto dare per scontata la sconfitta. Perciò perché spendere troppe energie in una campagna elettorale largamente perdente?

Altri hanno imputato al candidato sindaco della coalizione di sinistra una sospetta carenza agonistica sull’argomento. Perché in fondo alla sconfitta si può persino sopravvivere, ma incrinare rapporti improntati alla massima educazione, alla fine potrebbe risultare problematico. Anche in vista di qualche futura sistemazione con qualche incarico di sottogoverno. Comunque all’orizzonte si avvicina l’analisi del voto anche nel pianeta Pd e i due segretari, quella regionale Valentina Ghio e il collega provinciale Simone D’Angelo hanno promesso un’accurata e precisa disamina.

Quei candidati eccellenti

Anche perché nel prossimo futuro – tra un anno circa, tanto per intenderci – sono previste le prossime politiche. Con probabili candidati eccellenti. Due per tutti fra le fila del PD. Il più importante è il ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché vicesegretario del Pd e deputato da ben quattro legislature, Andrea Orlando. E poi c’e l’ex ministro della difesa di Matteo Renzi Roberta Pinotti.

Parlamentare con ben cinque legislature sulle spalle: due da deputato e tre da senatore. Ininterrottamente a Roma dal 2001 ad oggi. Entro’ a Montecitorio fresca mamma e ora quella figliola compie vent’anni. Logico quindi che, magari, dal loro punto di vista, la necessità di rinnovare, supposto che venga esternata, possa essere vissuta con la dovuta apprensione. Insomma, forse meglio una sconfitta, per controllare più facilmente sovraesposizioni che a lungo termine potrebbero risultare eccessive. E quindi la teoria della sconfitta premeditata, controllata e attesa. Con tanto di candidato con scarso appeal, almeno per la sinistra tradizionale. E qualche ovvia recriminazione, che in fondo non si può negare a nessuno, sull’astensionismo imperante.

In pratica sarà curioso assistere all’ autocritica fra qualche giorno. Se sarà soltanto uno scenografico strapparsi le vesti, oppure si vorrà andare sino in fondo come promette il sindaco di Sestri Levante e segretario regionale Valentina Ghio in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Intanto la Ghio riunirà la sua segreteria regionale per la prima volta, organismo nel quale dovranno essere rappresentate tutte le correnti. Il segretario provinciale Simone D’Angelo nel frattempo si confronterà con i segretari dei circoli con report dettagliato dell’andamento dei voti nei quartieri. Già, perché la sconfitta nei municipi è stata pesante, oltreché inattesa.

Il salto del Presidente

E se all’orizzonte – ammesso che qualcuno, politico o cittadino qualunque finisca di farsi carico della denuncia e sollevare la faccenda – potrebbe arrivare come una doccia gelata la richiesta di vederci chiaro sulla presunta ineleggibilità di Bucci c’è comunque un’altra causa di instabilità che si avvicina. Perché il Governatore Giovanni Toti non fa più mistero di lavorare per un grande centro che lo porterà con buone probabilità di successo a Roma per le prossime politiche. E allora nel giro di un anno la situazione potrebbe diventare nuovamente fluida. Perché il Governatore all’atto della presentazione della candidatura dovrebbe dimettersi per poter partecipare come candidato. In un clima di elezioni quasi perenne. Con ovvia pressione per spendere o per lo meno destinare quei cospicui finanziamenti del Pnrr in tempo utile. Magari giusto prevedendo la prossima campagna elettorale, quella a venire e quella a venire ancora. Fluttuando fra associazioni e fondazioni. Tra Change, maestrali, libeccio e venti vari.

E in pratica, tra cause presunte di ineleggibilità e velleità di andare a Roma, chi qualche mese fa favoleggiava di un periodo di stabilità, dieci anni, o più, per Regione e Comune è servito.

Perché, comunque fra scienza dell’opportunismo e arte del compromesso, e fra politici, aspiranti tali, manager e uomini del fare, probabilmente l’unica percezione su cui come una Cassandra, ora come ora, mi sentirei di scommettere, è che alla prossima tornata elettorale, i votanti, sentendosi presi un po’ in giro, e in preda ad una comprensibile delusione verso gli uomini, più che verso gli ideali, – antipolitica o no,- finiranno in misura ancora maggiore per disertare le urne.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.