Truffa per acquisire fondi europei con l’utilizzo di prestanome per coprire le famiglie di Cosa nostra
Enna – Tredici persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza di Nicosia, nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Caltanissetta, per aver aggirato l’interdittiva antimafia per potere ottenere contributi comunitari per l’agricoltura.
Le fiamme gialle hanno eseguito un provvedimento del Gip Graziella Luparello, nell’ambito dell’operazione ”Carta bianca”, a Centuripe, Regalbuto, Troina, Adrano, Catania e Randazzo dove sono state sequestrate somme di denaro, società e aziende per oltre tre milioni di euro.
Intestazione fittizia, falso e truffa
I reati contestati, a vario titolo, sono interposizione fittizia, truffa, falso, reimpiego di capitali illeciti. Sono sette i destinatari della custodia cautelare in carcare e tra loro ci sono anche un avvocato di Catania e l’ex direttore dell’Azienda speciale, Silvo Pastorale del Comune di Troina.
Intestazioni fittizie: un problema già noto
Altri sei sono stati invece sottoposti agli arresti domiciliari. Gli indagati avevano messo le mani anche sui pascoli demaniali sempre utilizzando tutta una serie di imprese a loro collegate tentando di aggirare fraudolentemente le regole previste dal cosiddetto ”Protocollo Antoci” e del conseguente ”nuovo codice antimafia”.
“Le indagini – spiega in una nota l’ex presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci – hanno consentito di acclarare come il metodo fosse sempre quello da tempo da me denunciato, cioè le sistematiche infiltrazioni nel settore dei contributi europei per l’agricoltura”.
Un territorio dove comanda Cosa nostra
Indagini sono state eseguite su una famiglia destinataria di interdittiva antimafia che utilizzava dei prestanomi per conseguire contributi comunitari e poi rientravano dalle somme erogate ai complici con l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti. L’attività investigativa ha interessato circa 1.181 ettari di pascoli demaniali, che hanno permesso agli indagati “l’accaparramento incondizionato di pascoli demaniali” e di potere così “percepire illecitamente elevati contributi comunitari”.
Nell’ordinanza si legge che: “è emerso che gli indagati risultano anche legati da rapporti di parentela o affinità con soggetti già condannati in via definitiva per associazione di stampo mafioso in quanto esponenti di rilievo di famiglie di cosa nostra operanti nelle zone di Centuripe, Regalbuto e Troina”.
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