Nella Relazione semestrale della Dia al Parlamento, uno spaccato dei clan che strozzano il Paese: dalla Società foggiana a Cosa Nostra, dalla ‘Ndrangheta alla Camorra
Roma – L’ultima Semestrale della Direzione Investigativa Antimafia punta i riflettori sulle mafie che hanno ormai invaso il territorio nazionale, mettono in ginocchio l’economia legale e fanno affari con la politica.
La Società foggiana, una mafia spregiudicata e violenta
Quella foggiana “è una mafia molto strutturata e compatta capace di fare rete e di creare interconnessioni oltre che con le mafie storiche, campane e calabresi anche con quelle transadriatiche”. E “a ciò si aggiunge la disponibilità di un vasto bacino di criminalità comune composto da giovani leve, il ricorso spregiudicato alla violenza e la pronta disponibilità di ingenti quantitativi di armi ed esplosivi che continuano ad essere i punti di forza su cui a fattore comune fanno leva i clan della provincia”. L’ultima Relazione semestrale della Dia definisce la Società foggiana come “la più pericolosa delle mafie pugliesi”, sottolineando che i clan, “coniugando tradizione e modernità”, hanno “manifestato una crescente propensione affaristica e una capacità di interagire nella cosiddetta zona grigia o ‘borghesia mafiosa’ in cui convergono gli interessi della criminalità e di alcuni esponenti infedeli dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione”.
Lo sfruttamento “si concretizza peraltro attraverso l’aggressione delle attività commerciali con estorsioni, furti, rapine ma anche infiltrandole. Il mantenimento del predominio sul territorio, inoltre, risulta di estrema importanza anche per la gestione dei traffici illeciti di sostanze stupefacenti un altro settore verso il quale la criminalità pugliese ha da sempre espresso il proprio interesse con particolare attitudine ai rapporti commerciali con soggetti e consorterie egemoni nelle altre regioni e anche Stati esteri, primo tra tutti quello albanese”.
Di più. Secondo la Dia i clan di Foggia sarebbero pronti a formare una cupola. “È noto – prosegue la relazione – come le formazioni mafiose operanti nel territorio di Foggia e provincia, riproducendo i canoni d’impostazione strutturale della ‘ndrangheta, siano capaci di stabilire interconnessioni al loro interno attraverso l’adozione di modelli tendenzialmente federali cogliendo e sfruttando le nuove ed innovative sfide della globalizzazione. La gestione di dinamiche e affari sempre più vasti, diversificati e complessi ha portato infatti la criminalità organizzata foggiana ad orientarsi sempre più verso un schema consortile che nel perseguimento degli illeciti obiettivi mette insieme le diverse articolazioni pur lasciando loro una significativa autonomia”. Per questo “le mafie foggiane, particolarmente violente e pervasive, vengono oggi definite da diverse ed autorevoli fonti istituzionali quale l’espressione più pericolosa delle mafie pugliesi”,
‘Ndrangheta: in silenzio dentro all’economia legale
Le inchieste concluse nel secondo semestre del 2021 restituiscono ancora una volta l’immagine di una ‘ndrangheta “silente ma più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonché costantemente leader nel narcotraffico”.
La definisce così la Dia, segnalando “la preoccupazione legata a un modello collaudato che vede la criminalità organizzata calabrese proporsi ad imprenditori in crisi di liquidita'”, con l’obiettivo “di subentrarne negli asset proprietari e nelle governance”.
I maggiori proventi restano quelli legati narcotraffico: i sodalizi calabresi si confermano “interlocutori privilegiati con le più qualificate organizzazioni sudamericane garantendo una sempre più solida affidabilità” e il settore non ha fatto registrare flessioni significative, neanche nell’ultimo periodo e nonostante le limitazioni alla mobilità per la pandemia. Non solo traffici, ma anche interessi nella produzione, con “il rinvenimento di numerose piantagioni di cannabis coltivate in varie aree della regione”: si tratta – secondo la Dia – di una circostanza che allo stato non permette di escludere “il coinvolgimento della criminalità organizzata nel fenomeno della produzione e lavorazione in loco di sostanza illecita destinata alla commercializzazione”.
Nota positiva il fatto che l’impermeabilità al fenomeno del pentitismo, dovuta dalla “forte connotazione familiare”, sta cominciando a incrinarsi e c’è un “numero sempre crescente” di ‘ndranghetisti che “decidono di collaborare con la giustizia”.
Camorra, sempre meno divisa e sempre più “sistema”
Non esiste più la camorra “parcellizzata in tanti piccoli gruppi in caotica contrapposizione”. Al suo posto, emerge sempre più nitido “un vero e proprio ‘sistema’ basato su stratificati e complessi livelli decisionali, nonché su una struttura criminale consolidata sul territorio e dotata di un direttorio per la gestione e il coordinamento dei gruppi subordinati”.
A disegnare la nuova immagine della criminalità organizzata campana è ancora la Dia, secondo cui “la scaltra capacità di generare ingenti profitti anche attraverso attività a basso rischio giudiziario ha trasformato da tempo i principali cartelli camorristici in vere e proprie holding imprenditoriali parti integranti dell’economia legale supportate da stratificati sistemi relazionali fondati su legami personali molto spesso parentali e connivenze in ampi settori dell’imprenditoria e nella pubblica amministrazione”.
A parlare di ‘sistema’ sono gli stessi affiliati: “Una struttura di coordinamento gestionale che le organizzazioni camorristiche si danno al fine di raggiungere gli obiettivi comuni finalizzati esclusivamente al perseguimento dell’illecito arricchimento”. Anche se,” al margine dei grandi cartelli criminali e di quel mondo in cui gli interessi mafiosi si congiungono con quelli dell’impresa, persiste la ‘camorra dei vicoli e delle stese’, dei conflitti tra bande che si disputano il controllo dei tradizionali mercati illeciti, del racket e della droga”.
Cosa Nostra resiliente: sforzo ostinato per riorganizzarsi dopo ogni arresto
Estorsioni, gestione del gaming e traffico di droga restano le “primarie fonti di guadagno” della mafia siciliana. Mentre “non mostra segni di cedimento la volontà di fare impresa penetrando la rete produttiva, commerciale e della distribuzione, nonché infiltrando le amministrazioni pubbliche”. È quanto sottolineano gli analisti della Dia.
“Nonostante la continua ed efficace azione investigativa delle forze di polizia – scrivono – che anche nel semestre in esame (il secondo del 2021, ndr) ha pesantemente indebolito alcune famiglie e condotto all’arresto di imprenditori e professionisti ritenuti intranei a Cosa nostra, le consorterie mafiose siciliane continuano a manifestare un’elevatissima resilienza e un’ostinata volontà di riorganizzarsi. Tale caratteristica si realizza sia sul versante occidentale dell’isola dove pur in assenza di un organismo decisionale di vertice, non ancora ricostituito, resiste una rigida struttura organizzativa, sia sull’assetto catanese ove le famiglie si confrontano con sodalizi meno strutturati ma non meno aggressivi stringendo all’occorrenza alleanze criminali finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi criminali”.
“Al fine di far chiara e definitiva luce sulle configurazioni anche storiche e stragiste della mafia – ricorda il documento – sta proseguendo l’azione investigativa della Dia nelle complesse e minuziose inchieste attinenti alle stragi di Capaci, via d’Amelio e quelle continentali del ’93 e ’94.
Matteo Messina Denaro resta la figura di riferimento
Le dinamiche di Cosa nostra “non possono prescindere dal ruolo di Matteo Messina Denaro”, conclude la Dia. “Egli nonostante la latitanza resterebbe la figura di riferimento per tutte le questioni di maggiore interesse, per la risoluzione di eventuali controversie e per la nomina dei vertici delle articolazioni mafiose anche non trapanesi”.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta