La Marina americana ha un sistema per trovare la firma di navi avversarie. O per nascondere la propria?
Gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di offrire i loro più avanzati mezzi di lettura del suono subacqueo per analizzare le registrazioni audio del momento in cui i due gasdotti Nord Stream sono stati sabotati nel Mar Baltico. Secondo il portavoce di Gazprom, Sergei Kupriyanov, al momento dell’esplosione Nord Stream 1 e Nord Stream 2 contenevano circa 800 milioni di metri cubi di gas.
Si cercano le cosiddette “firme note”
Secondo fonti della Cnn, l’elaborazione da parte della Marina Usa delle firme del sonar fornite da Svezia e Danimarca, potrebbe potenziare le indagini fornendo un quadro più dettagliato di ciò che si trovava nell’area al momento delle esplosioni dei tubi e che cosa le ha causate. L’elaborazione del suono sottomarino, insieme ai rilevamenti degli investigatori subacquei, è un elemento chiave dell’indagine.
Un portavoce della Marina, contattato dalla Cnn, non ha confermato che gli Stati Uniti si stanno offrendo di analizzare le registrazioni del sonar, ma ha detto che la Marina è pronta a supportare le indagini.
“Quello che stanno cercando (gli investigatori) sono firme note di classi di navi avversarie o firme note associate a un atto come l’apertura di una porta siluro. L’obiettivo è determinare cosa ha causato le esplosioni. Saranno poi la qualità dei dati e il tipo di dati storici contenuti nel database a determinare la precisione con cui si potrà attribuire la paternità di questo evento utilizzando le firme sonar”, ha spiegato Mark Montgomery, direttore senior del Center on Cyber and Technology Innovation presso la Foundation for Defense of Democracies.
Biden, a febbraio, aveva detto che il Nord Stream 2 doveva essere fermato
Al momento, l’unica certezza sulle esplosioni ai gasdotti Nord Stream è che non si è trattato di un incidente. E l’unico indiziato sembra essere Putin.
Ma perché la Russia si sarebbe fatta da sola un danno così grave? Non sarebbe il caso di chiedere qualche chiarimento anche ai cosiddetti “alleati”?
Nelle settimane che hanno preceduto l’invasione dell’Ucraina, in effetti, al termine di un incontro con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Joe Biden ammoniva: “Se la Russia attraversa il confine ucraino, non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi metteremo fine”. E alla domanda di una giornalista su come gli Stati Uniti avrebbero potuto fermare un gasdotto sotto il controllo dell’alleato tedesco, Biden rispose: “Ve lo assicuro, saremo capaci di farlo”.
In che modo non lo ha detto.
“Ridicolo”, è stata la risposta della Casa Bianca una volta che il video con le dichiarazioni del Presidente americano ha fatto il giro del mondo. Le parole di Biden, hanno spiegato, si riferivano alla pressione esercitata su Berlino affinché fermasse l’avvio del Nord Stream 2, cosa poi effettivamente accaduta.
“Thank you, USA”
Eppure c’è un altro dato che non andrebbe sottovalutato: nei giorni in cui esplodevano le tubature del Nord Stream, la Polonia, da sempre tanto filo-americana quanto russofoba, inaugurava il Baltic Pipe, il nuovo gasdotto che la collegherà con Norvegia e Danimarca e renderà Varsavia l’unico hub europeo del gas. I servizi di sicurezza tedeschi, infatti, ritengono che entrambi i gasdotti Nord Stream potrebbero restare inutilizzabili per sempre. In questo modo si completerebbe il quadro che Washington insegue da almeno dieci anni: il distacco sul fronte energetico dell’Europa dalla Russia.
È davvero andata così? È per questo che Radek Sikorski, eurodeputato, presidente della delegazione parlamentare Europa-Usa ed ex ministro degli Esteri di Varsavia, in un tweet ormai cancellato ha scritto: “Thank you, USA” su una foto dei geyser nel Mar Baltico? O è solo una visione da complottisti?
Tutto può essere.
Di certo non si può dimenticare che nel 2014 la sottosegretaria agli esteri USA, Victoria Nuland, in una conversazione telefonica con l’ambasciatore americano a Kiev, si era lasciata sfuggire una frase illuminante su come l’alleato americano consideri l’Ue: “E per quel che riguarda l’Unione Europea… vada a farsi fottere”.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.