Colpiti anche da un’interdittiva antimafia, avevano costituito una società intestandola a un prestanome
Reggio Emilia – I carabinieri hanno sequestrato beni, per un valore di dieci milioni di euro, ai fratelli Antonio e Cesare Muto (il primo condannato definitivamente nel processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia’ per associazione mafiosa, appartenente alla cosca Grande Aracri).
La misura di prevenzione patrimoniale è scattata nell’ambito dell’operazione ‘Grimilde’ – coordinata dalla pm della procura distrettuale antimafia di Bologna, Beatrice Ronchi – eseguita dai carabinieri del Ros assieme ai militari del comando provinciale di Reggio Emilia.
I sequestri sono avvenuti tra le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone. Sigilli a cinque aziende dei settori autotrasporti e immobiliare, ma anche a sei immobili, 92 veicoli tra cui una Maserati e 28 trattori stradali. Dalle indagini emerge come i fratelli Muto gestissero attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, accumulando patrimoni personali illeciti. I Muto erano stati colpiti da un’interdittiva antimafia nel 2013, ma due mesi dopo, secondo gli inquirenti, hanno costituito la Cospar, società di trasporti e viaggi turistici, intestata al prestanome Salvatore Nicola Pangalli, ingegnere di origine crotonesi, accusato di transitare i proventi in una società cartiera, cioè un’azienda dedicata a fare fatture false.
Infine, nell’inchiesta vengono confermati i rapporti tra i fratelli Muto, Giuseppe Giglio e i fratelli Vertinelli, tutti condannati nel processo Aemilia.
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